Una nuova ondata di proteste scuote l'Iran. È donna la folla che chiede libertà a Teheran. La polizia della capitale ha arrestato 29 ragazze, che si sono tolte il velo in pubblico contro l'obbligo di indossarlo, come vuole la legge in vigore dalla rivoluzione islamica del 1979. Per le forze dell'ordine disturbavano “l'ordine sociale e sono state consegnate alla giustizia”. Questa protesta, stando alla propaganda istituzionale, sarebbe istigata dall'estero con canali visibili da satelliti illegali: “Rispondono alla chiamata satellitare di quelli che chiamano i “mercoledì bianchi”, 29 donne sono state “ingannate” e hanno deciso di togliersi l'hijab in pubblico, sono state arrestate dalla polizia”, scrivono le agenzie iraniane affiliate alle Guardie della Rivoluzione. Di quel velo che copre i capelli, le donne di Teheran e altre città, in tutto il Paese, ne hanno fatto una bandiera, legandolo ad un bastone da sventolare in pubblico. È una lotta che va avanti da quattro decadi, ma questa volta l'attenzione dell'opinione pubblica è massima. Soheila Jolodarzadeh, membro femminile del Parlamento, racconta che le proteste “avvengono per il nostro approccio sbagliato, abbiamo imposto restrizioni alle donne, le abbiamo poste sotto costrizioni non necessarie, ecco perché le ragazze di via Enghelab legano le loro sciarpe a un bastone”. Adesso le chiamano così, le ragazze di via Enghelab, le ragazze della strada della Rivoluzione. Non solo chi si svela, ma anche chi le fotografa o le filma finisce in manette. Narges Hosseini è stata arrestata dieci minuti dopo essersi tolta il velo, insieme a due amici che registravano il suo capo scoperto. Tra di loro c’era Nasrin Sotoudeh, un avvocato dei diritti umani attivo nel paese. “Il suo messaggio è chiaro, le ragazze sono stanche di indossare l’hijab, lasciate che le donne decidano del loro corpo”. Hosseini rischia di rimanere in carcere per due mesi e una multa di 500mila riyal. Eppure altre come lei hanno seguito l'esempio e, proprio come lei, sono state arrestate dalla polizia religiosa. Una dopo l'altra, finiscono in carcere, ma questo non frena molte altre, ogni giorno, dal replicare quel coraggio. Una delle più potenti immagini sui social network postate nelle ultime ore arriva dalla città di Mashhad, è quella di una donna che indossa un chador, che a capo coperto, sventola un hijab in solidarietà di chi – a differenza sua - non vuole più indossarlo.

Una nuova ondata di proteste scuote l’Iran. È donna la folla che chiede libertà a Teheran. La polizia della capitale ha arrestato 29 ragazze, che si sono tolte il velo in pubblico contro l’obbligo di indossarlo, come vuole la legge in vigore dalla rivoluzione islamica del 1979.

Per le forze dell’ordine disturbavano “l’ordine sociale e sono state consegnate alla giustizia”. Questa protesta, stando alla propaganda istituzionale, sarebbe istigata dall’estero con canali visibili da satelliti illegali: “Rispondono alla chiamata satellitare di quelli che chiamano i “mercoledì bianchi”, 29 donne sono state “ingannate” e hanno deciso di togliersi l’hijab in pubblico, sono state arrestate dalla polizia”, scrivono le agenzie iraniane affiliate alle Guardie della Rivoluzione.

Di quel velo che copre i capelli, le donne di Teheran e altre città, in tutto il Paese, ne hanno fatto una bandiera, legandolo ad un bastone da sventolare in pubblico. È una lotta che va avanti da quattro decadi, ma questa volta l’attenzione dell’opinione pubblica è massima. Soheila Jolodarzadeh, membro femminile del Parlamento, racconta che le proteste “avvengono per il nostro approccio sbagliato, abbiamo imposto restrizioni alle donne, le abbiamo poste sotto costrizioni non necessarie, ecco perché le ragazze di via Enghelab legano le loro sciarpe a un bastone”.

Adesso le chiamano così, le ragazze di via Enghelab, le ragazze della strada della Rivoluzione. Non solo chi si svela, ma anche chi le fotografa o le filma finisce in manette. Narges Hosseini è stata arrestata dieci minuti dopo essersi tolta il velo, insieme a due amici che registravano il suo capo scoperto. Tra di loro c’era Nasrin Sotoudeh, un avvocato dei diritti umani attivo nel paese. “Il suo messaggio è chiaro, le ragazze sono stanche di indossare l’hijab, lasciate che le donne decidano del loro corpo”. Hosseini rischia di rimanere in carcere per due mesi e una multa di 500mila riyal. Eppure altre come lei hanno seguito l’esempio e, proprio come lei, sono state arrestate dalla polizia religiosa. Una dopo l’altra, finiscono in carcere, ma questo non frena molte altre, ogni giorno, dal replicare quel coraggio.

Una delle più potenti immagini sui social network postate nelle ultime ore arriva dalla città di Mashhad, è quella di una donna che indossa un chador, che a capo coperto, sventola un hijab in solidarietà di chi – a differenza sua – non vuole più indossarlo.