“Dal diritto di conoscere per deliberare alla volontà di condizionare”, con questo titolo nella sede dei Radicali si è tenuta la conferenza in cui sono stati diffusi e confrontati i dati raccolti dall'Agenzia per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) e dall'Osservatorio di Pavia relativi allo spazio televisivo dato ai partiti politici. A presentare i dati c'erano il radicale  Maurizio Turco che ha segnalato la mancanza di  veri dibattiti e  Marco Beltrandi, esponente radicale e membro della Commissione di Vigilanza della Rai. Beltrandi che ha innanzitutto fatto notare che, con la chiusura del Centro d'Ascolto dell'Informazione Radiotelevisiva, la raccolta dei dati sul pluralismo televisivo ora si limita a contare i minuti durante i quali viene dato spazio ad un partito politico nel corso di una trasmissione d'informazione sulla Rai, piuttosto che gli ascolti consentiti, equiparando così cinque minuti di presenza in una trasmissione che va in onda a notte fonda, con altrettanti minuti di una trasmissione in fascia oraria da prima serata, con ovvie distorsioni in termini di esposizione. Ulteriore stranezza, ha continuato Beltrandi, è la decisione dell'Agcom di monitorare soltanto le liste elettorali, escludendo tutte le altre forze politiche, impossibilitate così a far valere i propri diritti in materia di corretta ripartizione di spazi di tempo nelle trasmissioni televisive. Sono molto diversi i dati raccolti dall'Osservatorio di Pavia e dall'Agcom, di cui però si possono confrontare solo i dati raccolti a partite da gennaio 2018, in quanto l'Agcom non ha reso noti i dati del dicembre 2017. Andando a guardare i dati raccolti dall'Osservatorio di Pavia, consultando il report che prende in esame l'intervallo di tempo più lungo, ovvero dal 29 dicembre al 4 febbraio, e quello immediatamente successivo, dal 5 all'11 febbraio, ne emerge infatti che a dominare gli schermi dei telegiornali Rai sono i partiti maggiori, nell'ordine: Pd, M5S, FI, con la Lega che si ferma a metà della percentuale del partito di Silvio Berlusconi. A tutti gli altri partiti spettano le briciole dello spazio d'informazione pubblico, con LeU, FdI e UdC che, anche se sommati, non raggiungono la doppia cifra. "C'è una recrudescenza di quell'analisi sul regime che è partita negli anni Sessanta. Siamo davanti a  un vero e proprio esproprio della volontà popolare", ha denunciato Maurizio Turco.  "La gestione monitorata è quella di un Paese a democrazia reale, nei decenni l'abbiamo denunciato la censura dell'informazione e il nostro oscuramento, attraverso scioperi del voto e negli anni Duemila con Luca Coscioni al Pantheon bruciammo i certificati elettorali . Oggi abbiamo  la conferma di tutto questo. Il regime ha sempre scelto quale era il soggetto politico prescelto a fare opposizione. Dovremmo riprendere il capitolo della Peste gialla sulla campagna elettorale dove mettemmo nero su bianco  tutta questa storia".

“Dal diritto di conoscere per deliberare alla volontà di condizionare”, con questo titolo nella sede dei Radicali si è tenuta la conferenza in cui sono stati diffusi e confrontati i dati raccolti dall’Agenzia per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) e dall’Osservatorio di Pavia relativi allo spazio televisivo dato ai partiti politici.
A presentare i dati c’erano il radicale  Maurizio Turco che ha segnalato la mancanza di  veri dibattiti e  Marco Beltrandi, esponente radicale e membro della Commissione di Vigilanza della Rai. Beltrandi che ha innanzitutto fatto notare che, con la chiusura del Centro d’Ascolto dell’Informazione Radiotelevisiva, la raccolta dei dati sul pluralismo televisivo ora si limita a contare i minuti durante i quali viene dato spazio ad un partito politico nel corso di una trasmissione d’informazione sulla Rai, piuttosto che gli ascolti consentiti, equiparando così cinque minuti di presenza in una trasmissione che va in onda a notte fonda, con altrettanti minuti di una trasmissione in fascia oraria da prima serata, con ovvie distorsioni in termini di esposizione.
Ulteriore stranezza, ha continuato Beltrandi, è la decisione dell’Agcom di monitorare soltanto le liste elettorali, escludendo tutte le altre forze politiche, impossibilitate così a far valere i propri diritti in materia di corretta ripartizione di spazi di tempo nelle trasmissioni televisive.
Sono molto diversi i dati raccolti dall’Osservatorio di Pavia e dall’Agcom, di cui però si possono confrontare solo i dati raccolti a partite da gennaio 2018, in quanto l’Agcom non ha reso noti i dati del dicembre 2017.
Andando a guardare i dati raccolti dall’Osservatorio di Pavia, consultando il report che prende in esame l’intervallo di tempo più lungo, ovvero dal 29 dicembre al 4 febbraio, e quello immediatamente successivo, dal 5 all’11 febbraio, ne emerge infatti che a dominare gli schermi dei telegiornali Rai sono i partiti maggiori, nell’ordine: Pd, M5S, FI, con la Lega che si ferma a metà della percentuale del partito di Silvio Berlusconi. A tutti gli altri partiti spettano le briciole dello spazio d’informazione pubblico, con LeU, FdI e UdC che, anche se sommati, non raggiungono la doppia cifra.

“C’è una recrudescenza di quell’analisi sul regime che è partita negli anni Sessanta. Siamo davanti a  un vero e proprio esproprio della volontà popolare”, ha denunciato Maurizio Turco.  “La gestione monitorata è quella di un Paese a democrazia reale, nei decenni l’abbiamo denunciato la censura dell’informazione e il nostro oscuramento, attraverso scioperi del voto e negli anni Duemila con Luca Coscioni al Pantheon bruciammo i certificati elettorali . Oggi abbiamo  la conferma di tutto questo. Il regime ha sempre scelto quale era il soggetto politico prescelto a fare opposizione. Dovremmo riprendere il capitolo della Peste gialla sulla campagna elettorale dove mettemmo nero su bianco  tutta questa storia”.