Mi chiamo Rita De Petra e sono candidata alla Camera da Potere al popolo nel collegio plurinominale Chieti-Pescara. La prima candidatura è stata nel 1970, alle regionali. Vent’anni, donna, studentessa, impegnata nei movimenti e il Pci mi candidò. Ingenua ma caparbia, qualche anno dopo opposi un drastico rifiuto all’impegno politico anteponendogli i miei piccoli figli e il grande partito, paladino della maternità, mi cancellò e mi insegnò come bruci sulla pelle l’annullamento: ferite profonde, curate approdando, insieme a tanti, nella più bella e più geniale ricerca sulla natura umana, l’Analisi collettiva. La seconda un mese fa: ero a Bologna per la nascita del mio primo nipotino, squilla il telefono: «Rita, l’assemblea di Potere al popolo propone la tua candidatura perché sei antifascista». La voce della mia giovane amica tradisce emozione ed affetto, non posso rifiutare io, che con pochi altri, a novembre a San Salvo volevo sapere dell’assemblea di Roma di “Je so’ pazzo”. Ci vuole una bella dose di follia per sfidare un mondo politico ben corazzato, ci vuole l’entusiasmo dei vent’anni e la sicurezza dei grandi ideali. Ora la sfida l’abbiamo vinta. Abbiamo detto no alla rassegnazione, quella del “tanto non ce la potete fare”: le assemblee per eleggere i candidati? Ma non c’è tempo! Se fate le liste non raccogliete le firme! Se raccogliete le firme non superate il quorum e se superate il 3% con 10 rappresentanti in Parlamento chi vi si fila? Sapete che vi dico? Mi sento “promossa sul campo”, eletta da due assemblee, come tutti noi, raccolte 50mila firme, il doppio, abbiamo già vinto: esistiamo. Possiamo portare sulle piazze, nelle assemblee, anche piccole, in tv quando ci chiamano, la voce di quelli che non hanno più voce, di quelli che sono senza lavoro o che, con qualche ora al mese fanno salire le statistiche degli occupati, che vorrebbero una casa, una famiglia, essere curati decentemente, una scuola che non ti faccia morire di alternanza ma che ti aiuti a crescere e ti dia la conoscenza, l’uguaglianza e la dignità. La voce delle donne che non tollerano più di vedere il proprio corpo ridotto a campo di battaglia da chi è contro l’aborto, la fecondazione assistita, la pillola del giorno dopo, l’eterologa e l’eutanasia. Da chi è contro le donne. Cosa vogliamo? Vivere in uno Stato democratico e pacifico, che la Costituzione la attua, e in cui il potere appartiene al popolo. Vogliamo un lavoro e una vita dignitosi, senza la paura una mattina di trovare i cancelli inchiavardati e la fabbrica chiusa, che i padroni, dopo aver depredato e sfruttato tutto quel che c’era da depredare e da sfruttare, “delocalizzano”. Una vita piena di affetti e interessi e per favore non fateci lavorare tutte le domeniche e le feste comandate, perché anche se non ci crediamo, la cena con i figli e le amiche e gli amici vogliamo continuare a farla: ci piace stare con le persone che amiamo. Vogliamo un lavoro che non ci renda poveri. Scalfari ha detto che i poveri sono come gli animali, non hanno desideri, solo bisogni primari. Così oltre ad essere sfigati, a non poter pagare le bollette, a non avere una casa, a non andare in vacanza, o a teatro, i poveri non sarebbero umani, solo animali da aggiogare, buoni a tirare la carretta. No. Questo pensiero è aberrante e fascista e lo rifiutiamo. Perché Potere al popolo? Perché mi commuovo quando incontro vecchi amici che mi dicono: sei candidata? Ti voto, se ci sei tu allora è sinistra! Si è la sinistra, nuova, democratica, antiliberista, che lotta con le persone e non fa ingoiare rospi a nessuno, ma parte dal basso, dai territori e li difende dalle multinazionali ingorde dell’acqua, quelle che sacrificano gli ulivi centenari delle Puglie per il gasdotto, che attaccano le bellezze di Sulmona per la centrale del gas, che trivellano il mare, che condannano Taranto a morire per cancro o per fame. Sono antifascista e per questo mi candido per Potere al popolo. [su_divider style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

L'articolo di Rita De Petra è tratto da Left in edicola

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Mi chiamo Rita De Petra e sono candidata alla Camera da Potere al popolo nel collegio plurinominale Chieti-Pescara. La prima candidatura è stata nel 1970, alle regionali. Vent’anni, donna, studentessa, impegnata nei movimenti e il Pci mi candidò. Ingenua ma caparbia, qualche anno dopo opposi un drastico rifiuto all’impegno politico anteponendogli i miei piccoli figli e il grande partito, paladino della maternità, mi cancellò e mi insegnò come bruci sulla pelle l’annullamento: ferite profonde, curate approdando, insieme a tanti, nella più bella e più geniale ricerca sulla natura umana, l’Analisi collettiva. La seconda un mese fa: ero a Bologna per la nascita del mio primo nipotino, squilla il telefono: «Rita, l’assemblea di Potere al popolo propone la tua candidatura perché sei antifascista».

La voce della mia giovane amica tradisce emozione ed affetto, non posso rifiutare io, che con pochi altri, a novembre a San Salvo volevo sapere dell’assemblea di Roma di “Je so’ pazzo”. Ci vuole una bella dose di follia per sfidare un mondo politico ben corazzato, ci vuole l’entusiasmo dei vent’anni e la sicurezza dei grandi ideali. Ora la sfida l’abbiamo vinta. Abbiamo detto no alla rassegnazione, quella del “tanto non ce la potete fare”: le assemblee per eleggere i candidati? Ma non c’è tempo! Se fate le liste non raccogliete le firme! Se raccogliete le firme non superate il quorum e se superate il 3% con 10 rappresentanti in Parlamento chi vi si fila?

Sapete che vi dico? Mi sento “promossa sul campo”, eletta da due assemblee, come tutti noi, raccolte 50mila firme, il doppio, abbiamo già vinto: esistiamo. Possiamo portare sulle piazze, nelle assemblee, anche piccole, in tv quando ci chiamano, la voce di quelli che non hanno più voce, di quelli che sono senza lavoro o che, con qualche ora al mese fanno salire le statistiche degli occupati, che vorrebbero una casa, una famiglia, essere curati decentemente, una scuola che non ti faccia morire di alternanza ma che ti aiuti a crescere e ti dia la conoscenza, l’uguaglianza e la dignità. La voce delle donne che non tollerano più di vedere il proprio corpo ridotto a campo di battaglia da chi è contro l’aborto, la fecondazione assistita, la pillola del giorno dopo, l’eterologa e l’eutanasia. Da chi è contro le donne.

Cosa vogliamo? Vivere in uno Stato democratico e pacifico, che la Costituzione la attua, e in cui il potere appartiene al popolo. Vogliamo un lavoro e una vita dignitosi, senza la paura una mattina di trovare i cancelli inchiavardati e la fabbrica chiusa, che i padroni, dopo aver depredato e sfruttato tutto quel che c’era da depredare e da sfruttare, “delocalizzano”. Una vita piena di affetti e interessi e per favore non fateci lavorare tutte le domeniche e le feste comandate, perché anche se non ci crediamo, la cena con i figli e le amiche e gli amici vogliamo continuare a farla: ci piace stare con le persone che amiamo. Vogliamo un lavoro che non ci renda poveri. Scalfari ha detto che i poveri sono come gli animali, non hanno desideri, solo bisogni primari. Così oltre ad essere sfigati, a non poter pagare le bollette, a non avere una casa, a non andare in vacanza, o a teatro, i poveri non sarebbero umani, solo animali da aggiogare, buoni a tirare la carretta. No. Questo pensiero è aberrante e fascista e lo rifiutiamo.

Perché Potere al popolo? Perché mi commuovo quando incontro vecchi amici che mi dicono: sei candidata? Ti voto, se ci sei tu allora è sinistra! Si è la sinistra, nuova, democratica, antiliberista, che lotta con le persone e non fa ingoiare rospi a nessuno, ma parte dal basso, dai territori e li difende dalle multinazionali ingorde dell’acqua, quelle che sacrificano gli ulivi centenari delle Puglie per il gasdotto, che attaccano le bellezze di Sulmona per la centrale del gas, che trivellano il mare, che condannano Taranto a morire per cancro o per fame. Sono antifascista e per questo mi candido per Potere al popolo.

L’articolo di Rita De Petra è tratto da Left in edicola


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