Candidati giovani e preparati, in prevalenza donne, espressione delle lotte nei territori e non calati dall’alto. Potere al popolo si pone come un progetto inedito, in netta rottura col paradigma neoliberista: no al Fiscal compact, stop alle missioni militari all’estero, basta regali alle scuole private

Gli unici con candidati tutti nuovi, mai entrati in Parlamento prima. Gli unici senza pluricandidature, in tutta Italia: nessuno è candidato in più collegi, o contemporaneamente all’uninominale e al proporzionale. Gli unici che esprimono in prevalenza donne, tra i capilista nel proporzionale, ovvero nelle posizioni eleggibili (vedo molte ottime donne in altre liste: peccato spesso in posizioni non eleggibili, guarda caso). Gli unici con a capo politico una donna, precaria e del Sud, e soprattutto molto brava. Gli unici senza paracadutati: tutte le candidature sono state discusse nelle assemblee locali, senza eccezione. E i candidati sono tutti espressione delle lotte e del lavoro su quel territorio.

Non sono quindi candidature di persone mai viste, che magari poi si scopre avevano qualche condanna che nessuno sapeva: sono persone conosciute, esperte, che la politica con la P maiuscola l’hanno già fatta, ma nel sociale, nelle lotte, col mutualismo, con progetti come le mammografie gratuite alle donne povere o il lavoro di sindacalizzazione dei migranti sfruttati nel lavoro nero. Con lo spettacolo davvero deprimente che ci viene offerto da tutte le altre liste, basterebbero e avanzerebbero queste cose per votare Potere al popolo.

Anche per un militante, ex istituzionale, ex dirigente, schizzinoso e pignolo uomo di sinistra come me, che in altri tempi avrebbe voluto ben altro per contentarsi. E infatti stavo per non votare niente, annullare la scheda per la prima volta in vita mia, qualora Potere al popolo non si fosse presentato. Sì perché questa volta, ogni logica del meno peggio, ogni grigio pragmatismo, non è solo inutile, ma rischia persino di essere dannosa. E lo dice uno che il pragmatismo e il “meno peggio” lo ha teorizzato e praticato, in altri momenti.

Comprendo quanto il mio giudizio sia duro, e mi dispiace perché alcuni militanti e amici non lo comprendono e se ne sentono a volte personalmente colpiti, ma è un giudizio di cui sono profondamente convinto, e che non esprimo da oggi. Magari alcuni non lo avevano preso sul serio, però lo esprimo da molto tempo, e soprattutto, non lo esprimo da solo, ma in nutritissima compagnia.

Eh sì, io penso sul serio che, se non rinasce qualcosa che sia veramente…

L’articolo di Mauro Romanelli prosegue su Left in edicola


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