Ci sarà tutto il tempo per fare l’analisi della sconfitta a sinistra su cui, a sinistra, si è maestri da decenni, ma il risultato elettorale, letto di primo acchito, dice chiaro e tondo che Movimento 5 stelle e Lega sono i veri vincitori di queste elezioni. Il 31% dei primi e il 18% dei secondi dice chiaramente che la maggioranza degli italiani vuole un governo che non abbia nulla a che vedere con quelli degli ultimi anni e che un’intera classe dirigente ha definitivamente fallito. Il “que se ne vayan todos” risuona forte e chiaro e snobbarlo come “populismo” o ironizzarlo con gli “espatriamo!” di queste ore non aiuterà certo a riconnettersi con i cittadini.
Il Partito democratico crolla (ed è una storia già scritta) tra le macerie di un risibile appello al “voto utile” che non è apparso utile a nessuno. Renzi e i suoi dimezzano i consensi di pochi anni fa grazie a uno scostamento dalla realtà concimato dai salotti televisivi concentrati a parlare più dei politicismi piuttosto che di bisogni. Le “real issues” dei cittadini non hanno niente a che vedere con gli argomenti trattati. Peggio ancora ha fatto Liberi e uguali che, chissà perché, non è riuscito (o non ha voluto) segnare una netta discontinuità da un Pd moribondo e non ha avuto nessuna spinta propulsiva. Anche Potere al popolo segna un risultato appiattito sulle percentuali della Rifondazione comunista che ha vinto.
La sinistra non ha perso: ha straperso. Probabilmente il peggior risultato della sinistra italiana. E non saranno certo i pochi eletti (su liste costruite più “a misura di segretario” che per merito) ad avere la forza di ricostruire.
Il primo passo, ad esempio, sarebbe quello di rispettare la democrazia e prendere atto del voto. Se non si vuole cadere nell’errore di immaginare gli italiani come un branco di coglioni forse vale la pena prendere atto del voto e rilanciare con un’opposizione dura sui temi e sulle proposte. Parlarsi addosso è deleterio. Hanno vinto quegli altri: partire da qui.
Buon lunedì.