Sabato 7 agosto 2010, a Milano, Oleg Fedchenko, un giovane ucraino, pugile dilettante, arrabbiato perché lasciato qualche giorno prima dalla fidanzata, esce di casa alle 8 della mattina con la ferma intenzione di uccidere qualcuno. A 200metri da casa incontra Emilu, una filippina di 41 anni. Scarica tutta la sua furia sulla povera donna. La donna muore per arresto cardiaco sotto i pugni di questo criminale. Lunedì 5 marzo 2018, a Firenze, Roberto Pirrone, un uomo italiano di 65 anni, dopo una lite con la moglie per questioni di soldi, esce di casa con l'intenzione di suicidarsi. Per strada cambia idea e pensa che forse è meglio la prigione: si mangia gratis. Decide allora di sparare al primo che gli capita a tiro: un pacifico senegalese di 54 anni, Idy Diene. Lo uccide con sei colpi di pistola. I media qualificano Idy Diene come immigrato regolare con il permesso di soggiorno. Che senso ha questa informazione sulla regolarità o meno di una persona assassinata? E se non fosse stato regolare, cosa sarebbe cambiato? La comunità senegalese di Firenze, le cui ferite sono ancora vive per i fatti del 13 dicembre 2011 quando il fascista Gianluca Casseri uccise, a colpi di pistola, Samb Modou e Diop Mor, interpreta sul momento questo assassinio come «un bianco che uccide dei neri». Molti allora decidono di manifestare spontaneamente la loro rabbia per strada. Qualcuno fa cadere qualche fioriera. Il sindaco di Firenze dichiara di «comprendere il dolore della comunità senegalese" ma "condanna la violenza della protesta». Ora parlare di violenza per un vaso rotto di fronte alla morte di un uomo è cosa molto discutibile, dire poi come ha aggiunto il sindaco che «i violenti, di qualsiasi provenienza, vanno affidati alla giustizia», equiparando la violenza dell'omicida a quella della rabbia per la morte di un uomo, è segno che c'è un malessere profondo nella società italiana e di un profondo malessere nella politica italiana. Oleg Fedchenko e Roberto Pirrone hanno scelto con cura le loro vittime. Il primo per punire la sua ex fidanzata si scaglia contro una donna asiatica, percepita come debole e da "punire" al posto della fidanzata italiana. Femminicidio per interposta persona. Il secondo, per punire la moglie, si scaglia contro un africano percepito come debole - effettivamente indebolito dalla narrazione corrente, che non è solo leghista, ma anche di una lunga scia di sindaci sceriffi che facevano la caccia ai neri ambulanti -, e da "punire" come responsabile della propria reale o presunta indigenza e come mezzo per andare in prigione per essere sfamato. 

Sabato 7 agosto 2010, a Milano, Oleg Fedchenko, un giovane ucraino, pugile dilettante, arrabbiato perché lasciato qualche giorno prima dalla fidanzata, esce di casa alle 8 della mattina con la ferma intenzione di uccidere qualcuno. A 200metri da casa incontra Emilu, una filippina di 41 anni. Scarica tutta la sua furia sulla povera donna. La donna muore per arresto cardiaco sotto i pugni di questo criminale.
Lunedì 5 marzo 2018, a Firenze, Roberto Pirrone, un uomo italiano di 65 anni, dopo una lite con la moglie per questioni di soldi, esce di casa con l’intenzione di suicidarsi. Per strada cambia idea e pensa che forse è meglio la prigione: si mangia gratis. Decide allora di sparare al primo che gli capita a tiro: un pacifico senegalese di 54 anni, Idy Diene. Lo uccide con sei colpi di pistola. I media qualificano Idy Diene come immigrato regolare con il permesso di soggiorno. Che senso ha questa informazione sulla regolarità o meno di una persona assassinata? E se non fosse stato regolare, cosa sarebbe cambiato?
La comunità senegalese di Firenze, le cui ferite sono ancora vive per i fatti del 13 dicembre 2011 quando il fascista Gianluca Casseri uccise, a colpi di pistola, Samb Modou e Diop Mor, interpreta sul momento questo assassinio come «un bianco che uccide dei neri». Molti allora decidono di manifestare spontaneamente la loro rabbia per strada. Qualcuno fa cadere qualche fioriera. Il sindaco di Firenze dichiara di «comprendere il dolore della comunità senegalese” ma “condanna la violenza della protesta». Ora parlare di violenza per un vaso rotto di fronte alla morte di un uomo è cosa molto discutibile, dire poi come ha aggiunto il sindaco che «i violenti, di qualsiasi provenienza, vanno affidati alla giustizia», equiparando la violenza dell’omicida a quella della rabbia per la morte di un uomo, è segno che c’è un malessere profondo nella società italiana e di un profondo malessere nella politica italiana.
Oleg Fedchenko e Roberto Pirrone hanno scelto con cura le loro vittime. Il primo per punire la sua ex fidanzata si scaglia contro una donna asiatica, percepita come debole e da “punire” al posto della fidanzata italiana. Femminicidio per interposta persona. Il secondo, per punire la moglie, si scaglia contro un africano percepito come debole – effettivamente indebolito dalla narrazione corrente, che non è solo leghista, ma anche di una lunga scia di sindaci sceriffi che facevano la caccia ai neri ambulanti -, e da “punire” come responsabile della propria reale o presunta indigenza e come mezzo per andare in prigione per essere sfamato.