Le donne argentine vogliono la libertà di abortire. E per questo tengono strette tra i pugni alzati delle bandane verdi, che sono diventate il simbolo della riforma legale che stanno attendendo da troppo tempo. Aborto legal, para no morir. Che l'aborto sia legale, per non morire. È la prima volta che il governo di centro destra sta considerando di tenere un referendum sulla legalizzazione dell'aborto nel Paese, dove si può mettere fine a una gravidanza solo in tre casi: dopo una violenza, se la vita della madre è a rischio, se il feto non è sano. Anche se il presidente conservatore Mauricio Macri non è d'accordo e non vuole che le leggi contro l'aborto vengano cancellate o ammorbidite, il suo Congresso voterà con libertà di coscienza. Il dibattito sulla legalizzazione dell'aborto in Argentina comincia ufficialmente proprio l'8 marzo, la Giornata internazionale della donna. Una proposta di legge è già stata presentata: si tratta di una riforma che permetterebbe alle donne argentine di mettere fine alla gravidanza nelle prime 14 settimane. Finora le ragazze usavano anche una sostanza chiamata misoprostol, che provocava aborti spontanei. Se una scatola di misoprostol prima del governo Macri costava 40 dollari nel 2015, due anni dopo è diventata introvabile a meno di 170 dollari. Le donne e le ragazze che vogliono rinunciare alla maternità, allo stato attuale, nel 2018, devono attendere la decisione della Corte, l'approvazione del giudice, che può rallentare la procedura a suo piacimento. Accade anche nel caso in cui l'aborto risulti terapeutico per salvare la vita della madre: è dovuta intervenire la Corte suprema per impedire ai giudici di poter porre perfino questa restrizione contro l'aborto, ma è servito a ben poco. Se questa nuova proposta di 70 legislatori, di diversi partiti, dovesse diventare le legge, le cose comincerebbero a cambiare. «È una questione di eguaglianza e inuguaglianza, perché quelli che non hanno soldi pagano con la loro salute», ha detto Aracelia Ferreyra, membro dell'opposizione, mentre presentava e spiegava a cosa fosse davvero necessaria la riforma. Ogni anno 522 mila donne argentine compiono aborti clandestini. Le attiviste per il diritto all'aborto nel Paese hanno stimato che almeno 49mila di loro finiscono in ospedale per i metodi poco sicuri utilizzati durante l'operazione. Nel mondo, oggi, ricordano le Nazioni unite, l'8 per cento delle donne muore per aborti clandestini ogni anno. In molti paesi latinoamericani l'aborto è illegale in ogni circostanza: oggi è vietato mettere fine alla gravidanza in Honduras, El Salvador, Nicaragua, Repubblica Domenicana, Brasile, ma non in Uruguay. Il piano per indire il referendum invece, nella cattolicissima Argentina, adesso è finalmente sul tavolo. Dopo 13 anni di battaglie e tentativi falliti, la Campagna nazionale per la legalizzazione dell'aborto crede che la società, da Buenos Aires a Rosario, sia pronta a cambiare proprio adesso.

Le donne argentine vogliono la libertà di abortire. E per questo tengono strette tra i pugni alzati delle bandane verdi, che sono diventate il simbolo della riforma legale che stanno attendendo da troppo tempo. Aborto legal, para no morir. Che l’aborto sia legale, per non morire.

È la prima volta che il governo di centro destra sta considerando di tenere un referendum sulla legalizzazione dell’aborto nel Paese, dove si può mettere fine a una gravidanza solo in tre casi: dopo una violenza, se la vita della madre è a rischio, se il feto non è sano. Anche se il presidente conservatore Mauricio Macri non è d’accordo e non vuole che le leggi contro l’aborto vengano cancellate o ammorbidite, il suo Congresso voterà con libertà di coscienza.

Il dibattito sulla legalizzazione dell’aborto in Argentina comincia ufficialmente proprio l’8 marzo, la Giornata internazionale della donna. Una proposta di legge è già stata presentata: si tratta di una riforma che permetterebbe alle donne argentine di mettere fine alla gravidanza nelle prime 14 settimane. Finora le ragazze usavano anche una sostanza chiamata misoprostol, che provocava aborti spontanei. Se una scatola di misoprostol prima del governo Macri costava 40 dollari nel 2015, due anni dopo è diventata introvabile a meno di 170 dollari.

Le donne e le ragazze che vogliono rinunciare alla maternità, allo stato attuale, nel 2018, devono attendere la decisione della Corte, l’approvazione del giudice, che può rallentare la procedura a suo piacimento. Accade anche nel caso in cui l’aborto risulti terapeutico per salvare la vita della madre: è dovuta intervenire la Corte suprema per impedire ai giudici di poter porre perfino questa restrizione contro l’aborto, ma è servito a ben poco.

Se questa nuova proposta di 70 legislatori, di diversi partiti, dovesse diventare le legge, le cose comincerebbero a cambiare. «È una questione di eguaglianza e inuguaglianza, perché quelli che non hanno soldi pagano con la loro salute», ha detto Aracelia Ferreyra, membro dell’opposizione, mentre presentava e spiegava a cosa fosse davvero necessaria la riforma.

Ogni anno 522 mila donne argentine compiono aborti clandestini. Le attiviste per il diritto all’aborto nel Paese hanno stimato che almeno 49mila di loro finiscono in ospedale per i metodi poco sicuri utilizzati durante l’operazione. Nel mondo, oggi, ricordano le Nazioni unite, l’8 per cento delle donne muore per aborti clandestini ogni anno.

In molti paesi latinoamericani l’aborto è illegale in ogni circostanza: oggi è vietato mettere fine alla gravidanza in Honduras, El Salvador, Nicaragua, Repubblica Domenicana, Brasile, ma non in Uruguay. Il piano per indire il referendum invece, nella cattolicissima Argentina, adesso è finalmente sul tavolo. Dopo 13 anni di battaglie e tentativi falliti, la Campagna nazionale per la legalizzazione dell’aborto crede che la società, da Buenos Aires a Rosario, sia pronta a cambiare proprio adesso.