Al fianco dei militanti di Potere al popolo, su cui sta realizzando un documentario, ha girato il Paese incontrando lotte e movimenti sociali. Abbiamo incontrato Sabina Guzzanti all’ex Opg di Napoli. «Se il razzismo fosse raccontato diversamente si spegnerebbe»

Dal palco di piazza Dante a Napoli, in chiusura della campagna elettorale di Potere al popolo, Sabina Guzzanti aveva espresso, più che un augurio, una certezza: la lotta della nuova formazione di sinistra proseguirà a prescindere dal risultato elettorale. «Mi convince il fatto che in loro ci sia quella determinazione, quella sete di giustizia che c’è solo quando sono i giovani a muoversi», aveva poi aggiunto. Da qui, l’endorsement senza se e senza ma: «Penso che votare Potere al popolo, poggiando una pietra sulla quale si possa ricostruire una sinistra, sia un gesto molto utile, significa riaprire per milioni di persone la possibilità di essere rappresentate». I risultati elettorali avrebbero poi collocato il partito al di sotto delle aspettative (poco sopra l’l%) in elezioni dove a cantar vittoria sono stati Cinque stelle (32%) e Lega (quasi 18%). Abbiamo incontrato Guzzanti la sera dello spoglio dei voti all’ex Opg occupato Je so’pazzo di Napoli, dove Potere al popolo è nato e dove l’attrice e regista è impegnata a filmare un documentario. Con lei abbiamo discusso della sinistra, del suo nuovo progetto cinematografico e del risultato delle elezioni.

Sabina, in questa campagna elettorale hai seguito l’esperienza di Potere al popolo. Per quale motivo?
Innanzitutto perché sono stati gli unici a fare una campagna elettorale con grande entusiasmo, con autenticità. Poi ho incominciato a girare un documentario e li ho potuti conoscere meglio. Ho deciso quindi anche di votarli, perché mi sembrano una sinistra seria, finalmente, che ha trovato un modello per interpretare il marxismo in modo contemporaneo, liberandosi di tanti dogmi e modi di fare antichi che non attraggono più nessuno. E risultano noiosi, perché impediscono di ragionare liberamente. Mi sembrano molto liberi, invece, i militanti di Pap, molto sinceri, pieni di dedizione e, al di là delle teorie, si dedicano ai diritti, agli immigrati in modo commovente.

Come è nata l’idea del tuo documentario?
È nata in modo molto estemporaneo. Sentivo parlare di loro (degli attivisti di Napoli dell’ex Opg Je so’pazzo, nda), avevo deciso di andarli a trovare e, per una coincidenza incredibile, un’ora dopo che avevo preso questa decisione, ho scoperto che..

L’intervista di Roberto Prinzi a Sabina Guzzanti prosegue su Left in edicola


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