«Il 14 marzo si celebrerà la seconda edizione della Giornata nazionale del Paesaggio che il decreto ministeriale … del 7 ottobre 2016 ha istituito con l’obiettivo di richiamare il Paesaggio quale valore identitario del Paese e trasmettere alle giovani generazioni il messaggio che la tutela del paesaggio e lo studio della sua memoria costituiscono valori culturali ineludibili e premessa per un uso consapevole del territorio e uno sviluppo sostenibile». La circolare, inviata dal segretariato generale del Ministero per i Beni e le attività culturali e del turismo, alle direzioni generali, agli Istituti centrali nazionali e dotati di autonomia speciale, ai segretariati regionali, alle soprintendenze, agli Archivi di Stato e alle Biblioteche statali, non lascerebbe dubbi. Il Paesaggio sembra una priorità. D’altra parte per festeggiare il secondo compleanno ci sono eventi in molte città del Paese. Circa 200 tra incontri-presentazioni e mostre, seminari e convegni, visite guidate e contest fotografici. A Cosenza, Crotone, Reggio Calabria e Vibo Valentia, ma anche a Trento, passando per Chieti, L’Aquila e Pescara. Senza dimenticare tanti centri delle altre regioni, Sicilia e Sardegna comprese. Una festa in grande stile, insomma. Con la presentazione della «Carta nazionale del Paesaggio», presso il Salone Spadolini, in via del Collegio Romano, sede del Mibact. Il Gotha del ministero schierato per celebrare il Paesaggio. Per salutare il «coronamento di un lungo lavoro di affermazione di questa nuova cultura del Paesaggio e al contempo anche il punto di partenza per un nuovo paradigma su cosa rappresenti per la Nazione italiana il suo Paesaggio», come sostiene il sottosegretario Borletti Buitoni.
Una bella festa! Se non fosse che quei «valori culturali» ricordati nella circolare ministeriale non sempre appaiono «ineludibili» e ancora meno frequentemente «premessa per un uso consapevole del territorio e uno sviluppo sostenibile». Se non fosse che troppo spesso la «nuova cultura del Paesaggio», richiamato dalla Borletti Buitoni, appare inquinata da una visione utilititaristica del Patrimonio culturale. Se non fosse che il «nuovo paradigma su cosa rappresenti per la Nazione italiana il suo Paesaggio» non sia un necessario aggiornamento di quello proposto dall’articolo 9 della Costituzione, ma ne costituisca uno stravolgimento. Insensato e colpevole, allo stesso tempo.
Mentre al Ministero si presenta la Carta del paesaggio e nel territorio nazionale se ne parla attraverso i tanti eventi in programma, l’Italia nella «positiva interazione di uomo e natura» si presenterà per come l’ha guidata il ministro Franceschini dal febbraio 2014. Per come ha voluto che fosse, attraverso riforme e scelte, anche di persone. Per come ha voluto che fosse il Pd di governo, senza che il Pd di opposizione se ne curasse più di tanto. Per come hanno contribuito, in maniera diversa, tante amministrazioni comunali governate da altre forze politiche.
Così a Roma, prima Marino e poi Raggi non hanno contrastato lo scempio perpretato all’area centrale, tra Piazza Venezia e Colosseo, per la realizzazione della metro C. Uno scempio armato che ha stravolto la fisionomia storicizzata di un’area tutelata dall’Unesco, mettendo a repentaglio la stabilità di monumenti straordinari. Il tutto nell’indifferenza del governo in generale e del ministro Franceschini in particolare.
Quello di Roma, un caso macroscopico. Ma poi c’è la grande quantità di casi, forse minori, sparsi per l’Italia. Casi di minore impatto mediatico, ma esemplificativi del «nuovo paradigma». Dalle terme romane di Fordongianus, nelle quali si celebrano abitualmente matrimoni, al b&b con affaccio sul foro romano, a Brescia.
Dalle sala Romanelli e dalla sala Gloria della Reggia di Caserta, in affitto per sposi facoltosi, a Capodimonte e i Musei di Napoli, utilizzati per lo yoga, passando per la galleria dei Re del Museo Egizio, trasformata in una palestra dove fare zumba, stretching e pilates. Questo e il molto altro che penalizza sempre più il patrimonio culturale, il quale costituisce un elemento cospicuo del paesaggio, é da imputare a politiche culturali quanto meno distorte. Ma non é tutto. Non é solo questo a rendere il Paesaggio sempre più fragile. Più in pericolo. Continua a mancare una pianificazione del territorio nella quale le aree inedificate siano salvaguardate realmente. Continua a mancare una politica urbanistica nella quale l’inedificabilità non sia solo una possibilità, ma piuttosto l’unica soluzione possibile. Insomma continua a mancare una legge sul consumo di suolo. Al punto che ad elaborare un proprio originale testo normativo, in conformità con i dettami costituzionali, ha dovuto provvedere il Forum nazionale di Salviamo il Paesaggio. Una rete civica nazionale cui aderiscono oltre 1.000 organizzazioni e molte migliaia di cittadini a livello individuale, che recependo i dati allarmanti pubblicati annualmente dall’Ispra sul consumo di suolo, offre una possibilità al prossimo Governo. Quella di recepire la proposta, approvandola. Rendendola legge. Riuscendo cioè dove hanno fallito i Governi Renzi e Gentiloni e prima di loro, Letta e Monti.
Ma continua a mancare anche una seria politica contro l’abusivismo edilizio. Ogni anno vengono realizzate circa 20mila case abusive, che si vanno aggiungere a quelle già esistenti. Comprese quelle sulle quali gravano ordinanze di demolizione. Più di 46.700, secondo i dati fermi al 2011.
Con un patrimonio culturale messo a profitto oppure in abbandono, un territorio nel quale il consumo di suolo prosegue quasi ininterrottamente e un abusivismo in molti parti d’Italia «selvaggio», é possibile parlare di Paesaggio «quale valore identitario del Paese»? Il dubbio che non sia così rimane. Da festeggiare c’è veramente poco. Sia per Franceschini e il Pd, che hanno governato, che per le destre e il M5s, che si agitano per poterlo fare. L’unica certezza é che il Paesaggio che si festeggia é una metà, quella «buona» che il ministro celebra appena può. L’altra, quella «cattiva», rimane in ombra. Quasi nessuno ne parla.
Non rimane che sperare. Magari che il nuovo governo riunisca le due metà. Proprio come accade a Il visconte dimezzato di Italo Calvino. Solo allora il Paesaggio sarà realmente «un valore identitario del Paese».