Dopo una campagna elettorale giocata sulla pelle degli stranieri, la reazione di associazioni e comitati è semplice: preoccupazione e delusione per il centrosinistra che non ha toccato il tema immigrazione, tradendo anche la propria identità

Si chiedono, e chiedono, il perché di tanto carico d’odio. E se è tutto reale ciò che dicono la Lega e altri partiti. Per esempio, se corrispondono al vero affermazioni di politici (di varia natura) secondo le quali quello che l’Italia fa per gli immigrati, lo pagano gli italiani. Sanno, gli immigrati, ma non sanno bene. Di sicuro, sentono di essere figure scomode. E la campagna elettorale appena finita, che sull’immigrazione ha fatto la conta dei voti, non ne ha dato, certamente, smentita.
«Sono molto preoccupati per questo risultato elettorale e, soprattutto, che le intenzioni siano confermate e assumano forma concreta», dichiara a Left, il presidente dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi), nonché delle Comunità del mondo arabo in Italia (Co-mai), Foad Aodi. A fronte di una campagna elettorale, spinta a colpi di strumentalizzazioni politiche sulla pelle degli immigrati, la risposta di trecentocinquanta gruppi di comunità internazionali, in un’indagine del Co-mai che ne ha rilevato le intenzioni di voto, è di protesta contro i partiti di sinistra che «non hanno toccato, in maniera adeguata, il tema dell’immigrazione, tradendo finanche la loro storica identità», precisa Aodi. Cosicché, aggiunge, «il 60 per cento circa degli immigrati si è detto deluso dalle scelte del centro-sinistra che, per non perdere voti, non ha candidato, per esempio, nessun cittadino straniero».
Che si tratti di strumentalizzazione ne è convinto anche il presidente di Baobab Experience, Roberto Viviani, «perché una settimana dopo il voto, quella che sembrava un’emergenza esplosiva è, invece, sparita dai radar politici». Rimane, quella sì, l’eco xenofoba della campagna elettorale, con i suoi episodi, più o meno evidenti, di profondo razzismo, «che preoccupano i nostri ragazzi». Sebbene per molti di loro, appena arrivati e nel pieno di una vulnerabilità estrema, «il coinvolgimento politico e sociale sia impensabile, considerato che le loro più grandi preoccupazioni sono legate a questioni inerenti la sopravvivenza, vivono, comunque, stati di frustrazione e incredulità davanti alla negazione di fondamentali diritti umani», spiega Viviani. Invece, «fra coloro che sono in Italia da più tempo e che hanno superato la scala dei bisogni, e dunque già orientati alle esigenze – continua il presidente di Baobab Experience – sta cominciando ad aumentare la consapevolezza dei loro diritti. E a capire che non si tratta di pretese, più o meno ottenibili a discrezione del buon vento (e del buon cuore) dei politici di turno».
«Quelli più integrati, più sensibili e di più antica emigrazione, che si basano sull’esperienza e su un vissuto ‘italiano’, manifestano un dissenso, che prescinde dal risultato elettorale, dopo il quale, in effetti, non abbiamo riscontrato preoccupazioni esplicite e da riferirsi al dato. Non possiamo, però, escluderle: anche non parlarne potrebbe essere sintomo di paura», racconta Virginia Valente di Progetto Diritti, associazione apolitica e apartitica, impegnata, da oltre vent’anni, nella tutela dei diritti delle fasce più deboli e contro ogni discriminazione. D’altronde, «la situazione non è, poi, così nuova: dalla grande sanatoria del 2002 a opera della Lega fino al decreto Minniti che ha annacquato il problema, lontano dalle coste italiane, la storia politica italiana dell’immigrazione è una retorica ipocrita di minacce irrealizzabili», conclude Valente.
E se fosse un modo per dichiarare, nella maniera più istituzionale (e subdola) possibile, l’odio per il diverso?