Il meme, una forma di comunicazione spesso ironica, è diventato di massa con i social network. Non c'è voluto molto perchè cominciassero a fioccare i meme sulla politica.

Il fenomeno dei meme è vecchio quanto internet stesso, ma la diffusione dei social network li ha resi molto più popolari e li ha fatti uscire dalla cultura di nicchia degli appassionati del web entro cui erano relegati. Secondo la definizione di Treccani, un meme è un «singolo elemento di una cultura o di un sistema di comportamento, replicabile e trasmissibile per imitazione da un individuo a un altro». Nell’accezione con cui il termine viene usato su internet, un meme è un’immagine, un video, un qualunque contenuto multimediale, trasmesso da utente ad utente e che a volte richiede una conoscenza pregressa del sistema o evento a cui fa riferimento per essere apprezzato. Secondo il sito knowyourmeme.com, l’enciclopedia di questa forma espressiva 2.0, la qualità che rende un meme tale è che sia in grado di «auto-replicarsi», vale a dire che ogni utente deve poterlo facilmente rielaborare. Ad esempio, il video di un uomo a cavallo che salta un fossato non potrebbe mai diventare un meme, in quanto la sua replica richiederebbe una serie di mezzi e capacità che non tutti hanno. La cinnamon challenge, persone che si filmavano mentre cercavano di mangiare un intero cucchiaio di cannella in polvere, era un meme in quanto chiunque può riprendersi con un semplice cellulare e quindi chiunque può dare il suo contributo al fenomeno e diffonderlo. È comunque molto difficile definire con precisione cosa si intenda per meme su internet. Anche una semplice frase o un’espressione, possono diventare un meme. Il concetto italiano che più vi si avvicina è, probabilmente, quello di “tormentone”. Con la differenza però che, laddove il tormentone si ripete sempre uguale, il meme viene modificato nel passaggio da un utente ad un altro.

E siccome tutto è politica, anche i meme diventano politici. Andando di pari passo con la diffusione di Facebook, si sono moltiplicate le pagine che ironizzano sulla politica italiana. La più nota è sicuramente Socialisti gaudenti, con i suoi quasi 120mila like. Per capire la cultura di riferimento della pagina, basta guardare la foto di copertina: Craxi con in mano un negroni. Ma non bisogna pensare che sia una pagina di parte, l’ironia è trasversale e prende di mira tutti gli schieramenti politici. Ma c’è spazio anche per tutto quello che è nazionalpopolare, dal calcio a Sanremo, strizzando l’occhio anche al mondo della musica indie: non mancano citazioni de I cani, Thegiornalisti, Cosmo e compagnia cantante.

Altra pagina ben nota è Logo comune, che non si limita a creare e diffondere immagini divertenti. Il marchio di fabbrica della pagina sono le storie: “Logo comune” crea intere saghe con protagonisti i politici nostrani, opportunamente modificati. Spulciando tra le foto della pagina si può incontrare Deep Mayo che disquisice di Wittgenstein con Giovanni Floris, o Mad Theo Raenzee che propone l’alternanza meme-lavoro. Ma la storia che più di tutte ha fatto guadagnare popolarità alla pagina è sicuramente quella dell’improbabile storia d’amore tra Alessandro Di Battista e Maria Elena Boschi, opportunamente rinominati Deebosky.

Questa non è però l’unica pagina a creare realtà alternative. Dopo che lo scorso aprile Andrea Orlando ha rivelato di essere single è nata la pagina Il virile ministro Orlando. Nei meme di questa pagina l’ex ministro della Giustizia è sempre impegnato a sedurre colleghe di partito e non.

Ma internet, si sa, non fa sconti a nessuno, ed ecco che nasce Luigi Di Maio che facesse cose, pagina che come si può intuire ironizza sulle scarse capacità di coniugare congiuntivi del leader del M5s. Anche qui si sprecano i fotomontaggi, e Di Maio diventa Luigino Paoli sulla copertina di Sapore di Salirebbe.

Anche alcuni particolari momenti o eventi, come Berlusconi che restituisce cose, nata ovviamente per prendere in giro le promesse elettorali del capo di Fi. La più popolare e recente di questo genere è però sicuramente Aggiornamenti quotidiani sul reddito di cittadinanza, che va ben oltre il concetto di auto-replicabilità del meme per limitarsi a scrivere ogni giorno sulla propria bacheca «Anche oggi niente», e chissà se mai vedremo un post diverso.

Molte di queste pagine collaborano anche tra di loro ma c’è una causa in particolare che li unisce. Dopo aver dato tanto alla politica, ora le pagine di meme chiedono qualcosa indietro: il reddito per i memers, i creatori di meme