Mentre a Downing street si riunisce il war cabinet e Consiglio nazionale di sicurezza, il leader laburista richiama il governo a tentare vie diplomatiche, piuttosto che scendere in guerra

Dove il conflitto non è mai finito, ci si prepara ad una nuova escalation di violenze. Ma c’è chi vuole che rimanga fredda, la guerra tra Russia e America over the skies of Syria, nei cieli sopra la Siria, e ritiene che sia giusto attendere. Che servano indagini, inchieste, prove. Il leader labour Jeremy Corbyn chiede al suo Paese di non intervenire nel massacro siriano. La soluzione è nei tavoli e colloqui diplomatici, non nelle bombe.

Corbyn “il rosso” respinge l’idea degli attacchi aerei in preparazione nella capitale, tutte le controparti coinvolte nel conflitto regionale devono sedere around the table, allo stesso tavolo dei negoziati a Ginevra per trovare una soluzione politica, non militare, alla guerra di Damasco.

Mentre a Downing street si riunisce il war cabinet e Consiglio nazionale di sicurezza, – gabinetto britannico, al quale partecipano esperti dell’intelligence e vertici militari, richiamati per emergenza dalle vacanze pasquali -, Corbyn dichiara: «Aspettate le Nazioni unite, aspettate di sentire cosa ha da dire il segretario generale Onu, cominciate l’inchiesta sulla fonte e l’uso delle armi chimiche ma soprattutto, fate sedere ogni Paese coinvolto, compresi i confinanti, attorno al tavolo dei negoziati a Ginevra, per una soluzione politica. Non possiamo permettere che muoiano a centinaia di migliaia e altri milioni diventino rifugiati».

Per la May, l’attacco con armi chimiche a Douma – del cui utilizzo sono accusate le truppe di Assad -, non può rimanere unchallenged, incontrastato, e il Paese lavora «con i suoi più vicini alleati», con Trump e Macron, America e Francia. Come il presidente francese, la premier è ready to act, pronta ad gire, con l’Europa che entra in guerra. Alla May, Corbyn chiede che sia la maggioranza a decidere e non lei, che si metta ai voti l’azione militare, che il governo non scelga da solo sull’intervento: «Il Parlamento dovrebbe sempre dire la sua sulle azioni militari, c’è bisogno di un processo politico».

Sopra la terra e sotto. I sottomarini della Marina reale britannica, armati di missili da crociera, si stanno muovendo, come la Raf alla base di Cipro, ad Akrotiri, riferiscono fonti militari ai media britannici. Non solo Corbyn. Anche Julian Lewis, capo del Defence select committee, ha dichiarato che «quando si contemplano interventi militari in conflitti altrui, il Parlamento va consultato prima. In Siria nessuno merita il nostro supporto». Ma le parole non fermano il volo dei caccia.

«Quello che è accaduto è terribile, ma non vogliamo un bombardamento», ha detto ancora il leader labour contro questa escalation. Corbyn si era già opposto all’intervento in Siria nel 2015 contro lo Stato islamico. Oggi la bandiera del “rosso” rimane bianca: «Bombardamenti aerei non hanno fermato questi attacchi in precedenza, non daranno in futuro una soluzione a lungo termine per mettere fine alla guerra».