Pubblicato il nuovo Rapporto annuale sulla pena di morte nel mondo redatto da Amnesty international

Iran, Arabia saudita, Iraq e Pakistan. In questi quattro Paesi nel 2017 sono state eseguite l’84% delle condanne a morte sommarie nel mondo. Nel complesso, a livello planetario lo scorso anno sia le condanne che le esecuzioni per mano dello Stato sono diminuite. Sono questi i due dati principali che emergono dal nuovo Rapporto di Amnesty international sulla pena di morte nel mondo. Entrando nel dettaglio, le esecuzioni sono state almeno 993 in 23 Paesi, in calo del 4% rispetto alle 1032 del 2016. Il risultato del 2017 diventa ancora più significativo se paragonato a quello del 2015, l’anno che ha fatto registrare il maggior numero di esecuzioni dal 1989. Lo scorso anno sono state il 40% in meno rispetto a due anni prima (1634).

Per quanto riguarda le sentenze di condanna alla pena capitale nel 2017 sono state 2591 in 53 Paesi diversi, vale a dire 526 in meno rispetto alle 3117 del 2016. Per il secondo anno consecutivo diminuisce dunque anche il numero dei Paesi in cui si condanna a morte: erano 61 nel 2015 e 55 nel 2016.

I dati sin qui elencati sono però parziali e i numeri reali sono sicuramente più grandi. Amnesty infatti sottolinea l’impossibilità di riportare cifre esatte rispetto a quei Paesi in cui la stampa e questo tipo di informazioni sono sottoposte a censura oppure che si trovano in guerra, come Corea del Nord, Laos, Siria, Libia, Malesia, Vietnam, Bielorussia, Yemen e Cina. In particolare «dalle informazioni disponibili, emerge chiaramente che ogni anno in Cina avvengono migliaia di condanne a morte ed esecuzioni». Dal 2009, Amnesty international invita ogni anno il governo di Pechino a rendere pubblici i dati sull’applicazione della pena di morte, ma non ha mai ricevuto una risposta ufficiale perché sono soggetti a segreto di Stato.

I numeri in diminuzione delle condanne e delle esecuzioni note sono inversamente proporzionali a quelli relativi agli Stati in cui la pena capitale non è più presente. A fine 2017 agli Stati abolizionisti si sono aggiunte Guinea e Mongolia, così dai 104 del 2016 si è passati a 106. Se si prendono invece in considerazione anche i Paesi dove la pena di morte è prevista dal codice penale ma non viene applicata da diversi anni, il numero degli Stati in cui non è più presente sale a 142.

«Questi dati confermano l’andamento globale verso l’abolizione della pena capitale» sottolinea l’organizzazione umanitaria. Amnesty osserva inoltre che sono rimasti solo quattro Paesi nel mondo ad applicare sistematicamente la pena di morte. Il problema è che «sono responsabili dell’84% di tutte le esecuzioni registrate nel 2017». Si tratta di Iran, con almeno 507 esecuzioni confermate, Arabia saudita (146), Iraq (125) e Pakistan con 60 esecuzioni confermate. In questa classifica dell’orrore il primo Paese occidentale sono gli Stati Uniti al nono posto, con 23. Insieme al Giappone, gli Usa di Trump sono stati gli unici due Paesi del G8 a eseguire sentenze capitali nel 2017.