Celebre anche negli Usa, Elena Ferrante è protagonista nelle librerie del Paese lusofono. Ad affascinare è il suo modo di raccontare personaggi delle classi più subalterne. Nei romanzi della misteriosa scrittrice partenopea perdono i loro contorni, ma recuperano “presenza”. Fino a parlare un’unica voce, quella del ghetto

Il successo dei romanzi di Elena Ferrante in Brasile continua a sorprendere: decine di migliaia di copie vendute a ogni nuova traduzione proposta. A ciò vanno aggiunti gli articoli di giornale, le interviste ai traduttori, i dibattiti. Se l’espressione Ferrante fever, titolo del documentario diretto lo scorso anno da Giacomo Durzi, rinvia al boom editoriale nordamericano, nei tropici lusofoni si parla di febbre Ferrante, a indicare il susseguirsi di discussioni sui media, tesi di laurea, studi accademici sulla produzione della scrittrice italiana.

Non è un caso che nella città di Fortaleza, in Brasile, si terrà il prossimo novembre un congresso internazionale sull’autrice de L’amica geniale. (Tutta la sua opera è pubblicata da Edizioni e/o ndr) Fin dal titolo Elena Ferrante, um olhar subalterno -“uno sguardo subalterno” – risulta evidente la dimensione politica dell’operazione, che intende analizzare i libri della Ferrante dalla specola della subalternità, geografica e culturale. A promuovere l’evento è il programma Pgp-letras dell’Universidade federal do Ceará, una delle maggiori università pubbliche del Paese sudamericano. L’iniziativa riunirà ricercatori locali, così come studiosi italiani, quali Andrea Mazzucchi e Matteo Palumbo dell’Università di Napoli Federico II, tutti interessati a mettere a fuoco di opere come L’amore molesto o I giorni dell’abbandono la dimensione meridionale. L’aggettivo richiede una precisazione. Il convegno, infatti, sposterà il baricentro critico a occidente del Mediterraneo. E meridione, sotto la linea dell’Equatore, non significa Sud d’Italia, ma Sud del mondo.

È proprio sulla base di tale concezione “globale” del meridione che i testi della Ferrante vengono letti e interpretati nel Brasile attuale delle rivendicazioni femministe, dell’impennata dei conflitti di genere, delle nuove modalità di lotta di classe. È facile, insomma, immedesimarsi in personaggi relegati alla subalternità in un Paese nel quale violenza e ingiustizia sono una piaga costante. Anche perché si tratta di punti di vista – quello, ad esempio, di Delia ne L’amore molesto o quello di Olga de I giorni dell’abbandono – che…

L’articolo di Yuri Brunello prosegue su Left in edicola


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