A duecento anni di distanza dalla sua nascita cosa resta di Marx in Russia, il primo Paese al mondo che fu governato in nome delle sue idee? Non molto, ma neppure pochissimo.
Come è noto, solo fino a trent’anni fa, prima che fosse ammainata la bandiera rossa dal pennone del Cremlino, in Urss il marxismo-leninismo fu materia scolastica, università comprese. Un marxismo, ridotto a catechesi, espunto della sua matrice rivoluzionaria, stuprato storicamente anche nella versione soft in salsa chrusceviana, una noiosa corvè per tutti i cittadini sovietici quella di essere costretti ad avere dei rudimenti dell’opera del Moro di Treviri. Questo fu, sicuramente e in buona parte, Marx nell’Urss. Negli anni del breznevismo, egli divenne persino protagonista anche di divertenti e salaci barzellette su un sistema che ormai mostrava più di una crepa.
Alcuni segni del suo passaggio sono rimasti qua e là nell’arredo urbano. Malgrado una certa “decomunistizzazione” sia avanzata anche a Mosca, davanti al teatro Bol’šoj, sulla Piazza Teatral’naja, fa ancora bella mostra di sé, una statua del fondatore del socialismo scientifico. E benché architetti e artisti abbiano sempre storto il naso di fronte all’opera, a me non è mai dispiaciuta. È un grande busto del filosofo con una mano sul risvolto della giacca e l’altra nella tasca dei pantaloni, mentre i capelli al vento gli danno quel minimo di trepidezza. Naturalmente i piccioni fanno in modo di togliergli ancora un po’ più austerità, ma del resto è il destino di tutti i personaggi che adornano le piazze.
Non lontano da Saratov esiste una cittadina intitolata a Marx, 30mila abitanti. Prese tale nome nella versione di Marxstadt nel 1919, parte integrante della regione di Saratov, dove viveva sin dai tempi di Caterina la comunità dei Tedeschi del Volga. Quando nel 1942 Stalin fece deportare in Siberia l’intera comunità tedesca per timore che in caso di occupazione collaborasse con i nazisti, la città oltre a perdere molti dei suoi cittadini perse anche il suffisso di Stadt restando semplicemente Marx. Un po’ laconicamente c’è solo un piccolo e malconcio busto dedicato al rivoluzionario tedesco, ma all’ingresso della cittadina i visitatori vengono accolti da una bella insegna in muratura, dal sapore vagamente situazionistico, su cui è scritto «I love Marx», con tanto di cuore rosa.
Sempre in zona c’è una città dedicata al sodale e amico di Marx, Friedrich Engels. Il «Generale», così veniva chiamato per le sue profonde conoscenze dell’arte militare, però è stato, se così si può dire, più fortunato essendo oggi la città a lui titolata una realtà di ben 230mila abitanti. A Engels fu dedicata nel 1931 la città che fino allora aveva portato il nome Pokrovsk, e che si stende sulla riva opposta del Volga di fronte a Saratov. Oggi collegate da due grandi ponti, Saratov e Engels si possono definire una sola grande città anche se amministrativamente ma pure architettonicamente restano due città diverse. Vie strette e ancora case di legno stile isba a Saratov; grandi vialoni e solidi edifici di epoca staliniana a Engels.
Qualcosa di Marx è rimasto però in Russia non solo nella toponomastica se si vuole far fede all’Istituto di sondaggi moscovita Vziom, che ha pubblicato la scorsa settimana proprio in occasione del bicentenario della nascita, i risultati di una ricerca sulla popolarità del rivoluzionario tedesco in Russia. Risultati interessanti, anche se non sorprendenti. Il 98% degli intervistati ha dichiarato di conoscere Marx in linea di massima, il 30% circa di apprezzarne le idee e di averne letto letto almeno un’opera. I russi restano un popolo che pone al vertice dei suoi valori l’uguaglianza (spravledivost’) e questo lo dicono oltre che i sondaggi il sentire comune. Non sarà forse un caso che lo stesso il Marx, nella maturità, giunse a ipotizzare nella celebre corrispondenza con i populisti russi che quel Paese potesse giungere al socialismo senza passare per il capitalismo, grazie alle sue istituzioni comunistiche contadine. Marx nella semplice percezione di molti cittadini comuni russi è anche questo: il campione dell’uguaglianza. Per questo la sinistra del futuro porterà anche in Russia inciso il suo nome e la sua opera.
Buongiorno Mosca,
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