Il renzianissimo primo cittadino di Firenze vuole alzare il numero di anni di residenza come requisito per ottenere un alloggio. Un atto discriminatorio, secondo l'assessore regionale alla casa. Accuse da Potere al popolo mentre Lega e Fratelli d'Italia esultano

L’ultima delle uscite di Dario Nardella è quella sulle case popolari, che secondo il sindaco di Firenze dovrebbero essere concesse in via preliminare ai fiorentini o comunque a chi vive da almeno 10 anni nel territorio comunale.
«Il nostro obiettivo – ha dichiarato il primo cittadino – è aiutare chi è in graduatoria da troppo tempo ed è sempre in fondo alla lista. Vogliamo dare una mano a quelle famiglie che hanno sempre rispettato le regole e che vivono da molti anni nella nostra città, per riequilibrare una concentrazione eccessiva di famiglie straniere».
La dichiarazione, che ha scatenato un prevedibile putiferio di polemiche, è stata rilasciata alla vigilia della audizione in Commissione Politiche Sociali della Regione Toscana che nelle prossime settimane si occuperà di riformare l’attuale legge regionale sull’accesso all’edilizia residenziale pubblica. La competenza sull’edilizia è infatti regionale ma al tavolo preliminare siedono, come previsto, tutti gli attori sociali e istituzionali interessati, fra i quali il Comune di Firenze. La legge attuale, firmata da un’altra renzianissima esponente, Stefania Saccardi, è del 2015 e già prevede un requisito temporale minimo per la richiesta di un alloggio pubblico, fissato nel termine dei 5 anni.
Già al tempo i sindacati degli inquilini avevano storto il naso di fronte al requisito temporale minimo, dato che avrebbe potuto penalizzare ingiustamente le categorie più deboli e i pendolari del lavoro, spesso costretti a spostarsi da un luogo all’altro per cercare un’occupazione.
«La revisione della legge del 2015 si è resa necessaria perché non fotografa in maniera realistica il tessuto sociale – spiega Laura Grandi, segretario generale del Sunia Firenze – costituito non solo da casi di estrema marginalità, ma anche da chi lavora e ha un reddito troppo basso per sostenere affitti sempre più alti». Da qui l’esigenza di una revisione, dalla quale è scaturita la proposta della nuova legge firmata dall’assessore regionale alla Casa, Vincenzo Ceccarelli.
Ma anche questa volta i sindacati degli inquilini sono tutt’altro che soddisfatti: «Se è possibile questa legge è ancora peggiore della precedente – commenta ancora Grandi -. Abbiamo infatti proposto 42 emendamenti alla proposta, non certo perché siamo incontentabili ma perché crediamo di conoscere bene il destinatario finale della legge che non può essere tutelato con queste disposizioni».
In questo clima già sufficientemente arroventato è poi arrivata la dichiarazione del sindaco. Nella sua newsletter il primo cittadino ha cercato di argomentare meglio la propria idea: «Da Firenze parte una nuova proposta per non creare ghetti come nelle periferie francesi, bisogna evitare di inserire troppe famiglie straniere negli stessi condomini e anzi aiutare le famiglie in ‘fascia grigia’ e dai un punteggio maggiore a chi risiede da più anni in Toscana. La cosa più importante è creare dei luoghi di convivenza».
L’intento social-filantropico della motivazione non ha comunque fermato le polemiche, e le prese di distanza. Tra le prime, quelle dello stesso assessore regionale Ceccarelli che ha ricordato che «esistono già sentenze della Corte Costituzionale, una relativa alla Regione Friuli-Venezia Giulia che, laddove la Regione ha messo delle norme troppo stringenti per quanto riguarda l’accesso a servizi ritenuti essenziali per il cittadino, non ammette soluzioni che possano risultare discriminatorie». Contrario anche il Movimento 5 Stelle che ha parlato di “demagogia” e di “guerra tra poveri” e Potere al Popolo, ancora più duro, che afferma: «In una città dove le case del centro sono sottratte alla residenza e i grandi edifici pubblici trasformati in alberghi di lusso, il sindaco di Firenze imputa alle famiglie straniere l’emergenza casa. Dichiarazioni degne del peggior repertorio programmatico destrorso».
Nella giornata di venerdì 4 maggio è infine arrivato anche il commento del presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, su quella che è stata ribattezzata la “scala mobile della toscanità”: «Possiamo discutere su come evitare l’effetto banlieu, magari dando ai sindaci il potere di ‘mischiare’ le etnie in modo da evitare il rischio della formazione di ghetti. Quello che non possiamo fare, perché è già stato ritenuto incostituzionale in base all’articolo 3 della Costituzione, è aumentare ulteriormente il numero degli anni di residenza necessaria per ottenere il diritto ad iscriversi nelle graduatorie per l’assegnazione di un alloggio popolare. La Toscana – precisa ancora Rossi – chiede già 5 anni di residenza ed è tra le Regioni italiane con i paletti più rigidi su questo tema, ma in linea con altre Regioni come la Lombardia e il Veneto».
La scala mobile della toscanità ha creato insomma molta confusione e quasi nessun consenso. Fatto salvo per Lega e Fratelli d’Italia, il cui rappresentante in Consiglio Regionale fa sapere: «È interessante vedere che il sindaco è arrivato a sposare proposte di legge che noi portiamo avanti da sempre – precisa il capogruppo Paolo Marcheschi – al Nardella ‘convertito’ regalerò una tessera di Fratelli d’Italia».
Da segnalare, che tra un anno, a Firenze, ci sono le elezioni comunali.