Gli omicidi a Londra spingono Trump a twittare. Il funerale di Pamela Mastropietro scatena certa destra sui dettagli più peccaminosi e sul “negro” come pericolo del secolo. La percentuale diminuita degli sbarchi invogliano Gentiloni a cantare vittoria.
Sempre di più la politica (e il giornalismo, lo possiamo scrivere? Il giornalismo) quando sono incapaci di costruire un ragionamento cercano affannosamente spunti nella cronaca nera per illudersi (e illuderci) di leggere il presente e di essere davvero sulla cresta dell’onda. Fateci caso: sono completamente andate fuori moda le domande, è scomparso il valore di un dubbio, sono introvabili delle proposte di chiavi di lettura collettive. Il problema non sono i social dentro i social: il problema è la comunicazione social fuori dai social, nel mondo reale, lì dove come classe dirigente bisognerebbe dirigere (appunto) un pensiero, una visione, un progetto, addirittura un Paese.
Se il dibattito politico ha bisogno di strafogarsi di sfondoni lessicali compiuti dagli avversari o aspetta impazientemente di poter azzannare un tweet sbagliato allora significa che quello è il perimetro generale del pensiero. Stretto. Strettissimo.
Cosa c’è di strano quindi che inevitabilmente poi sia tutto così terribilmente ininfluente nella vita reale delle persone? Ma davvero voi andreste a votare qualcuno perché è stato brillante nel commentare il sommario dei tigì? Ma davvero voi comprereste un giornale che cerca notizie per sostenere la propria tesi con cui vi ammorba da anni piuttosto che fare il contrario ovvero costruire pensieri partendo dai fatti?
Mi raccomando, poi stupiamoci tutti.
Buon lunedì.