Il governo Tsipras ha avuto poco coraggio rispetto ai diktat europei. Lo dice lo scrittore Petros Markaris che lancia l’idea di unire il mondo culturale: «Perché non deve contare solo l’economia dei burocrati di Bruxelles che in questi anni hanno affamato le persone»

Petros Markaris è il Tonino Guerra ellenico. Anche se ogni volta che si sente definire così allarga il viso in un sorriso di quelli sinceri e, schiarendosi la voce, dice, senza autocompiacimento, ma con autentico divertimento: «E se fosse stato lui il Markaris italiano?». Originario di Istanbul, dove ancora trascorre una parte dell’anno, Markaris vive ad Atene e, ad 81 anni, non ha smesso di fare la cosa che gli viene meglio, osservare il reale, per raccontarlo. In autunno il suo nuovo romanzo sarà tradotto e pubblicato in Italia dalla Nave di Teseo. «Non conosco ancora il titolo italiano – sottolinea – quello greco significa Laboratorio sulla morte, e sto scrivendo un nuovo romanzo, ma è presto per parlarne».  Grande autore di Theo Angelopoulos, con il quale ha firmato diverse sceneggiature, tra cui L’eternità e un giorno, Palma d’Oro a Cannes nel 1998, Markaris ha regalato alla letteratura mondiale il suo commissario Kostas Charitos, forse il più bell’esempio di serie letteraria, dopo Simenon.

Dove si trova Markaris in questo momento?
Sono ad Atene, fa un freddo cane, c’è il vento, ma il sole è ancora alto.

Come vanno le cose ad Atene? Ha poi fatto pace con Alexis Tsipras?
(Sorride) Le cose vanno meglio di due anni fa, ma la popolazione soffre ancora tanto. Io non ho mai litigato con il presidente Tsipras, anche perché personalmente non lo conosco. Sa, non credo che occorra essere a favore o contro Tsipras, sono solo stato critico con lui, come con tutti i governi precedenti. Contro le imposizioni dell’Europa occorreva avere ancora più forza. E invece perfino Tsipras, che pure, all’inizio, con Varoufakis, sembrava avere voce in capitolo, ha dovuto cedere.

È interessante questa idea di valutare le politiche dei governi, più che il singolo uomo politico. In Italia negli ultimi vent’anni la politica è diventata molto personalizzata.
Mi pare l’unico modo serio di parlare di politica. Torno a dire, il punto non è che io sia a favore o contrario di Tsipras, ma che possa aderire alla sua politica di governo o meno. E le volte che sono stato in disappunto con lui, anche critico, è perché vedevo la situazione della gente greca. Sa che cosa è mancato davvero in tutti questi anni? Un piano dei governi che disegnasse la nuova Grecia e che potesse essere preso in seria considerazione da tutti, anche dall’Europa.

È quindi mancata la governance?
Credo proprio di sì.

Conosce la situazione italiana, non siamo messi molto bene nemmeno noi. Lei, che è sempre così attento, che idea si è fatto?
Vedo un’Europa più attenta all’economia, alla finanza che alle persone e le devo dire la verità: anche io sono abbastanza preoccupato per l’Italia, perché osservo, anche nel vostro Paese, una deriva a destra. Mi posso permettere il lusso di essere quanto mai onesto, ho 81 anni, sono abituato ad esserlo e voglio esserlo. Viviamo in un momento così difficile… La destra estrema che sta crescendo in Germania, in Austria, un po’ ovunque in Europa, a me preoccupa molto.

Ne ha paura?
Non proprio. Non ancora. Però mi sento molto a disagio. Ho imparato ad accettare il reale, lo osservo, lo descrivo. A volte, spesso, ne prendo le distanze, ma non mi piace provare disagio e rispetto all’avanzata delle destre estreme io sono fortemente a disagio.

Riconosce a Tsipras il tentativo di cambiare l’agenda europea, con temi di sinistra e il tentativo di unire i paesi del Mediterraneo in un progetto comune? Tentativo fallito, ad onor del vero, anche perché l’Italia non ha creduto in questa opzione.
Questo è il problema. Assieme, i Paesi del Mediterraneo avrebbero potuto avere maggior forza, ma non ci sono riusciti e da soli rischiano di soccombere. Le posso dire un’altra cosa? L’Ungheria e la Polonia, quelli sono i Paesi che mi preoccupano, perché sono antidemocratici, governati da un’ideologia di destra, pericolosa e con un progetto che è contrario all’Europa. Guardi come trattano i migranti. Sa, io credo che all’Europa faccia comodo che Grecia e Italia diventino dei grandi campi di migranti. Solo la grande solidarietà greca e italiana ha affrontato con serietà il tema dei rifugiati. Gli altri cosa fanno?

La solidarietà greca e italiana prima di tutto, poi gli accordi con la Turchia e con la Libia.
Crede che gli sbarchi in Italia riprenderanno in primavera?

In effetti non si sono mai arrestati del tutto e certo l’inverno non incoraggia a partire. Mi dica, invece, come vede la Turchia in questo momento?
Come sempre. Mi fa sempre un po’ sorridere questa domanda, perché la Turchia in effetti non è mai stata una democrazia e oggi non è peggio di un tempo. Mi fa sempre specie il perbenismo europeo, la Turchia non ha proprio niente di europeo e, a parte le dichiarazioni di qualche tempo fa, non ambisce nemmeno a diventare europea. Quindi non vedo niente di nuovo. O almeno niente che possa turbarmi.

Lei conosce Erdogan? Intendo personalmente?
No, non l’ho mai incontrato.

Parliamo di un’altra questione, la Brexit: che cosa ne pensa?
Tutto il male possibile. Accetto quasi sempre le cose che avvengono, così come avvengono, ma la Brexit è una cosa inaccettabile. Quello che vedo, in questo caso, non mi piace per niente. Non sono mai stato un euroscettico, ho sempre creduto nell’Europa, ma ora, come si fa a crederci? Sono una persona che guarda le cose che accadono, come osservatore, ma ci sono così tanti episodi che non mi piacciono.

Passeggiando per Atene, si ha l’impressione, a dispetto della crisi e perfino di Bruxelles, che esista una cultura comune europea. Inoltre il nuovo centro Stavros Niarchos, inaugurato proprio ad Atene, firmato da Renzo Piano, è un po’ un inno di speranza, come un “inno alla gioia” in architettura per tutti, non crede?
Credo che questo suo pensiero sia molto bello e confortante e che se l’Europa esiste è grazie alla nostra cultura comune e alla civilizzazione, eppure i burocrati di Bruxelles pensano solo all’economia. Quando parliamo e scriviamo di Europa sembra che non esista altro che l’economia. Quella che in questi anni ha affamato le persone, in Grecia, ma anche in Spagna, in Portogallo, in Italia. Dovremo fare un movimento europeista della cultura. Avremo davvero bisogno di questo e sarebbe forse una cosa nuova, diversa, positiva, bella.

Lei è un faro di questa cultura, crede che gli intellettuali possano ancora avere un ruolo significativo?
Dovremo fare un piano assieme e provare a contrastare con il nostro piano culturale la gerarchia dei burocrati in grado solo di parlare di economia. Sarebbe così bello se ci fosse un movimento di intellettuali europei, che ricordano a tutti il motivo reale per il quale ci siamo messi assieme.

L’autore ha presentato il suo ultimo romanzo giallo, “L’università del crimine” (La Nave di Teseo), all’edizione 2018 del Salone internazionale del libro di Torino

L’intervista di Letizia Magnani allo scrittore greco Petros Markaris è tratta da Left n.7 del 16 febbraio 2018


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