Nato dall’unione di varie formazioni, il Bloco de esquerda in Portogallo è uno dei laboratori politici più interessanti d’Europa. Nel 2015 ha sospeso le ostilità coi socialisti ed è andato al governo, puntando su politiche redistributive e diritti civili. Con una rinnovata leadership femminile

Il Bloco de esquerda (Be) è probabilmente una delle formazioni della sinistra continentale più interessanti e complesse da capire. Questo perché è difficile da catalogare negli schemi classici: post-materialista o materialista, sovranista o europeista, opposizione radicale o dialogante, elitista o dal basso. Max Weber, nel breve pamphlet che riporta la sua conferenza all’Università di Monaco del 1919 La politica come professione, distingue due modi di intendere l’azione e la strategia politica: etica della convinzione ed etica della responsabilità. Nel primo caso a contare sono solo le idee, una visione deontologica secondo la quale i principi non sono negoziabili, nel secondo caso invece contano sì i principi, ma anche la mediazione e gli obiettivi che è possibile raggiungere in un determinato contesto.

Un passo indietro. Il Bloco nasce nel 1999 dall’unione di vari partiti della costellazione della sinistra non legata al Partido comunista português (Pcp) e al Partido socialista (Ps). Nel corso di questi due decenni la convivenza tra le varie anime non sempre è stata facile, tuttavia l’idea che lo stare insieme fosse più importante della prevaricazione di un’identità sull’altra ha fatto sì che, almeno fino ad ora, i conflitti non portassero mai o a scissioni traumatiche e o definitive. Un corpo vitale, una sorta di spugna all’interno della quale si muovono molte cose: movimenti, associazioni, il partito ovviamente e – sia permesso di usare qui questa parola – i suoi dirigenti.

Già, perché una politica dal basso non sempre è…

L’articolo di Goffredo Adinolfi prosegue su Left in edicola


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