Uno degli scotti da pagare nello spararle grosse in campagna elettorale è che poi, soprattutto in caso di vittoria, arriva la resa dei conti e diventa tutto terribilmente difficile. Provate a ripensare ai politici che si sono avviati spediti a governare sull'onda di un'immagine convincente per poi schiantarsi miseramente. Solo Berlusconi, forse, è riuscito a durare abbastanza a lungo da essere considerato un'anomalia. Lui e Andreotti. Sulle affinità elettorali (più che elettive) tra i due ci sono due belle pubblicazioni da leggere: la sentenza Andreotti (non il bigino di Vespa) e quella Dell'Utri. Così succede che ora che Giuseppe Conte si prepara a essere presidente del consiglio sono bastate quattro parole quattro (tre più un articolo determinativo) per spegnere gli intestini che Matteo Salvini si è divertito a stuzzicare famelicamente in campagna elettorale in cambio di un pugno di voti: Conte ha esordito sottolineando la "necessità di confermare la collocazione europea". Il turbosovranismo leghista in salsa elettorale è già svanito. Pluff. In Europa si va a chiedere di cambiare le regole d'ingaggio (e sarebbe ora) ma la politica internazionale è qualcosa di più complesso di un cliccatissimo post su Facebook. Il governo deve ancora partire ma l'uscita dall'Euro e il tripudio degli aspiranti Farage è già spento prima di iniziare. E i prossimi mesi saranno così: un equilibrio difficile tra ciò che si è promesso e ciò che si riuscirà davvero a mantenere. Con una differenza che però è sostanziale: se è vero che con Di Maio il Movimento 5 Stelle già da tempo ha limato le proprie posizioni cercando una quadratura del cerchio dall'altra parte Salvini ha giocato a fare l'incendiario senza mai pensare al piano b. E ogni volta che dovrà scendere a compromessi ritirerà fuori il democristianesimo di Di Maio accendendo senza remore il conflitto interno. Ha appena sciolto la coalizione con cui si è presentato alle elezioni. Ricordate? Buon giovedì. (A proposito, consiglio non richiesto all'opposizione che vuole costituirsi parte civile: augurare a Conte di fallire significa augurare al Paese di fallire. Non è una grande idea. Così, per dire. Proposte, piuttosto. Proposte.)

Uno degli scotti da pagare nello spararle grosse in campagna elettorale è che poi, soprattutto in caso di vittoria, arriva la resa dei conti e diventa tutto terribilmente difficile. Provate a ripensare ai politici che si sono avviati spediti a governare sull’onda di un’immagine convincente per poi schiantarsi miseramente. Solo Berlusconi, forse, è riuscito a durare abbastanza a lungo da essere considerato un’anomalia. Lui e Andreotti. Sulle affinità elettorali (più che elettive) tra i due ci sono due belle pubblicazioni da leggere: la sentenza Andreotti (non il bigino di Vespa) e quella Dell’Utri.

Così succede che ora che Giuseppe Conte si prepara a essere presidente del consiglio sono bastate quattro parole quattro (tre più un articolo determinativo) per spegnere gli intestini che Matteo Salvini si è divertito a stuzzicare famelicamente in campagna elettorale in cambio di un pugno di voti: Conte ha esordito sottolineando la “necessità di confermare la collocazione europea“. Il turbosovranismo leghista in salsa elettorale è già svanito. Pluff.

In Europa si va a chiedere di cambiare le regole d’ingaggio (e sarebbe ora) ma la politica internazionale è qualcosa di più complesso di un cliccatissimo post su Facebook. Il governo deve ancora partire ma l’uscita dall’Euro e il tripudio degli aspiranti Farage è già spento prima di iniziare.

E i prossimi mesi saranno così: un equilibrio difficile tra ciò che si è promesso e ciò che si riuscirà davvero a mantenere. Con una differenza che però è sostanziale: se è vero che con Di Maio il Movimento 5 Stelle già da tempo ha limato le proprie posizioni cercando una quadratura del cerchio dall’altra parte Salvini ha giocato a fare l’incendiario senza mai pensare al piano b. E ogni volta che dovrà scendere a compromessi ritirerà fuori il democristianesimo di Di Maio accendendo senza remore il conflitto interno. Ha appena sciolto la coalizione con cui si è presentato alle elezioni. Ricordate?

Buon giovedì.

(A proposito, consiglio non richiesto all’opposizione che vuole costituirsi parte civile: augurare a Conte di fallire significa augurare al Paese di fallire. Non è una grande idea. Così, per dire. Proposte, piuttosto. Proposte.)