L’Europa ridisegnata dalla crisi finanziaria del 2008 è centrata sui vincoli senza che ci sia una visione precisa di cosa potrà seguire al loro rispetto. Per chi si ispira ai valori della democrazia sociale e inclusiva, è urgente pensare a una soluzione diversa sia da quella dell’austerità che da quella dei nazionalismi

L’Europa manca di leadership. E manca di volontà politica. Eppure è sempre più necessaria, non solo per la pace – secondo l’idea dei suoi costruttori – ma anche per la possibilità di dare ossigeno alla democrazia, alle promesse di giustizia sociale che la cittadinanza democratica fa. Per comprendere appieno la contraddizione tra la debolezza della volontà politica dei leader europei e il bisogno di una politica europea dobbiamo tornare ai fondamenti, e mettere a confronto questa Unione europea con le ambizioni dei suoi fondatori.

L’Europa ridisegnata dalla crisi finanziaria iniziata nel 2008 è a metà strada tra un trattato e un’unione; centrata soprattutto sui vincoli per i singoli Paesi senza che ci sia uno scopo preciso riguardo quel che potrà seguire al rispetto di quei vincoli. Se il prezzo è restare in Europa, questa prospettiva deve essere arricchita di un orizzonte che non può essere fatto solo di vincoli. Se i vincoli sono fini a se stessi, la loro legittimità decade e i governi degli Stati-membri non hanno tutti i torti a essere critici. Salvare l’euro deve essere allo scopo di dare ossigeno a una politica progettuale, non può essere solo un mezzo per consentire gli scambi economici e la libera circolazione delle merci. L’Unione europea non può essere solo un centro commerciale, uno spazio unico per diversi venditori e compratori, facile da usare anche se non necessariamente conveniente.

Nessuno sa oggi come sarà l’Europa di domani e che peso avranno le reazioni nazionalpopuliste crescenti da Est (Ungheria e Polonia) a Ovest (l’Austria e l’Italia). L’allargamento dell’Europa che Romano Prodi ha guidato era inspirato dall’idea di facilitare la transizione democratica dei Paesi dell’ex Patto di Varsavia, di portare il modello occidentale a oriente. Oggi assistiamo al processo contrario, poiché è l’Est – il modello populista e nazionalista – che sta conquistando l’Ovest. Dunque, è opportuno chiedersi (ora che anche l’Italia si appresta a varare un governo che si volge con più favore verso Est) se i Paesi europei vogliono un’Europa politica, e soprattutto come la vogliono, poiché è chiaro che anche i nazionalisti xenofobi sanno che è nel loro interesse stare nell’Unione: il problema è che essi hanno un’idea di Europa che deve preoccupare i democratici.

La battaglia ideologica si svolgerà quindi proprio…

L’articolo di Nadia Urbinati prosegue su Left in edicola


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