La disoccupazione va intesa come un problema che riguarda tutta l’Unione e non i singoli Stati. L’unificazione del mercato deve portare all’estensione dei diritti sociali. Questo è l’obiettivo che si devono dare partiti, sindacati, movimenti, associazioni

A mente fredda, passate le elezioni, occorre interrogarsi sul sentimento anti-europeista che aleggia anche in una parte della sinistra. Non viene messa in discussione solo la politica delle istituzioni continentali, ma l’intera architettura europea. L’Europa sconterebbe un peccato originale irredimibile, essendo stata generata da interessi economici. L’Europa sarebbe un ostacolo insuperabile alle auspicate politiche di welfare. Taluni sognano, quindi, un ritorno alle frontiere ed agli Stati nazionali, in una corsa all’inseguimento delle destre su un terreno congeniale a queste, ma molto sdrucciolevole per le sinistre. Ci si deve allora chiedere se abbia senso contrastare il processo di integrazione europeo, proprio in un’ottica di estensione dei diritti sociali.

È senz’altro vero che il motore dell’integrazione europea, oggi, è principalmente economico. Dobbiamo però confidare nella eterogenesi dei fini. Storicamente, l’unità politica è quasi sempre finalizzata alla creazione di un mercato comune. La storia ci insegna che al formarsi di aggregati economici più ampi, segue un’aggregazione politica. Una volta però creato il mercato comune, la storia non si arresta al comando di nessuno. Questo abbiamo imparato, e ha imparato chi credeva di poterla portare nella propria direzione.

Se l’unione…

 

Gli avvocati Pietro Adami e Cesare Antetomaso fanno parte dei Giuristi democratici 

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