Il numero è questo: 6.872. Ma è una cifra che sta già crescendo. Sono i migranti salvati mentre cercavano rifugio in Spagna in questi primi mesi del 2018, fino al 23 maggio, secondo quanto ha comunicato l’Oim, Organizzazione internazionale migrazione.
Il 27 maggio il Sasemar, Salvamento Maritimo, organizzazione di soccorso spagnola creata nel 1992,
ha messo in salvo altri 243 rifugiati, il giorno prima ne ha tirati su dall’acqua del Mediterraneo 293. Da 17 imbarcazioni di fortuna solo nell’ultimo fine settimana 536 migranti sono stati sottratti alla morte tra le onde spagnole. In 48 ore quasi 600 persone si sono salvate: in tre casi, i salvataggi sono arrivati mentre le carrette del mare stavano per affondare.
Hoy: 243 #personas rescatadas de 8 #pateras.
Ayer: 293 personas rescatadas de 9 pateras.
Fin de Semana: 536 rescatados de 17 pateras.
GRACIAS! a todos/muchos que han colaborado. pic.twitter.com/LuutyV3R7Q— SALVAMENTO MARÍTIMO (@salvamentogob) May 27, 2018
Da quando è chiusa la rotta meridionale in Libia, attraverso lo stretto di Gibilterra e il mare di Alboran, i migranti raggiungono la Spagna da ogni d’angolo d’Africa dal Paese-soglia di partenza ad ovest, il Marocco.
Secondo l’ultimo report dell’Oim, da quando la rotta mediterranea meridionale è diventata ormai impercorribile, il numero di arrivi in Spagna è triplicato nel 2017 rispetto al 2016: 21.468 migranti sono arrivati nell’ultimo anno, in quello precedente erano solo 6.046. In queste ore elicotteri ed aerei delle organizzazioni spagnole sorvolano il mare durante le operazioni di ricerca e soccorso, mentre da Nord Africa e Paesi del Sahara migliaia di migranti sono in marcia per raggiungere un futuro in Europa.
La Spagna è l’ultima speranza che rimane a chi fugge da guerre, persecuzione e fame in Africa, ma già in molti non sono riusciti a raggiungerla. Samuel Kabamba è morto un anno fa tentando di raggiungere il Vecchio Continente con sua madre. È diventato il simbolo della crisi dei migranti, l’Alan Kurdi di Spagna, quando il suo corpo è stato ritrovato a Capo Trafalgar, sulle coste di Cadiz, a pochi chilometri da Barbate.
Samuel era partito da Kinshasa nel marzo del 2016 con Veronique, sua madre. In Europa cercavano una doppia salvezza: un futuro migliore, ma anche la cura per un tumore al collo che minacciava la vita del bambino. Dopo aver raggiunto l’Algeria e dopo aver atteso in seguito 8 mesi in Marocco, madre e figlio erano saliti su una barca il 12 gennaio 2017. La barca però non è mai arrivata a destinazione ed è affondata. Il corpo di Veronique è stato ritrovato in Algeria, quello di suo figlio in Spagna. Il ritrovamento del piccolo cadavere aveva scosso la coscienza civile spagnola, ma da allora davvero poco è stato fatto.
«Non sappiamo quanti Alan e quanti Samuel, quanti uomini e donne giacciono sul fondo del Mediterraneo senza che le loro famiglie sappiano nulla. Tutti loro avevano una vita e una storia che l’Europa non può ignorare» aveva detto allora la Apdha, associazione per i diritti umani d’Andalucia.
«Abbiamo bisogno di un cambio nella politica della migrazione, il mare non può continuare a essere una fossa comune per chi scappa da fame, guerra, miseria» aveva richiesto allora Maribel Mora, senatore Podemos. Non solo numeri e cifre nelle statistiche. Ai migranti «dobbiamo dare un nome, così ci rendiamo conto che stiamo parlando di vite umane, dobbiamo mettere fine a tutto questo» ha detto in quei mesi Miguel Molina, sindaco di Barbate, il Paese frontiera dell’emergenza migrazione.
In totale, secondo le ultime stime delle Nazioni Unite, 636 migranti sono annegati nel tentativo di attraversare il Mediterraneo quest’anno. Dei 22.439 migranti che hanno raggiunto l’Europa da più punti, 4409 sono arrivati in Spagna nei primi quattro mesi del 2018. Più di duemila sono arrivati in queste ultime settimane di primavera.
Ma la situazione attuale richiede misure d’emergenza immediate “del governo centrale, che ha bisogno di coordinarsi con i ministri, la Guardia civile alla frontiera, il servizio di salvataggio, la polizia, le ong” ha detto Maria Jesus Vega, portavoce dell’Unhcr in Spagna. C’è un’altra cifra cerchiata in rosso: negli ultimi 5 mesi del 2018 in Spagna sono morti tanti migranti, quanti sono annegati nell’intero 2017: 218. Dalla morte del piccolo Samuel l’allarme continua inascoltato.
«Abbiamo bisogno di strutture di accoglienza, registrazione e identificazione per queste persone, tutte le organizzazioni che lavorano alla situazione sono in sovraccarico», ha ribadito il 26 maggio Vega, avvertendo che sul fronte migrazione questo per la Spagna sarà “un anno impegnativo”.