Parlare di temi complessi con codici semplici ed universali. È questa la missione del Festival di fumetti “Bande de femmes”, organizzato da Tuba, la Libreria delle Donne di Roma, che fino al prossimo 16 giugno, riempirà le strade e i locali del Pigneto, con presentazioni di fumetti, riviste di genere e graphic novel. Una celebrazione del rovescio, del sottosopra, del controcorrente, di tutto ciò che esiste e che rappresenta materia pulsante della nostra società, negata e violata di continuo dalla politica, dagli stereotipi e dall'intolleranza. «Riuscire a far passare dei concetti profondi in modo elementare è una dote che non tutti hanno e invece i fumetti che presentiamo hanno proprio questo pregio» - commenta Sara del bar Tuba, impegnato da dieci anni circa a portare nel quartiere di Roma est temi di cui non si sente parlare spesso, accogliendo la comunità del posto tra le sue maioliche colorate, rendendolo un luogo accogliente e vivace. «A volte in questa città il centro è svuotato di senso, che invece si diffonde in tanti piccoli altri luoghi e noi proviamo a far sì che il Pigneto sia uno di questi, ogni giorno». Altro che periferia! Un'altra parola chiave del Festival, a cui è dedicata una mostra itinerante “Periferie plurali”, distribuita in 15 spazi - tra locali e librerie - del Pigneto. Sguardi diversi ritraggono il concetto di periferia in modo metaforico e molteplice, dall'isolamento che attanaglia coloro che vivono fuori dal centro città alle “soggettività periferiche", narrate poco e male nel dibattito pubblico. È al racconto di queer, trans, gay e lesbiche, che la fumettista francese Julie Maroh, nota per la graphic novel Il blu è un colore caldo, da cui Abdellatif Kechiche ha tratto il film vincitore della Palma d'oro a Cannes nel 2013, La vita di Adele, ha dedicato il suo ultimo lavoro Corpi sonori (Panini 9L), che sarà presentato durante il Festival. «Le domande che mi pongo ogni volta che mi accingo a realizzare un lavoro sono: perché ho voglia di raccontare questa storia, perché è importante, come faccio ad arrivare al cuore della gente», dichiara Maroh, che nella sua ultima opera mette al centro tutto ciò che normalmente al centro non è, con un intento politico, di riflessione e di denuncia. Il rapporto tra la singola soggettività e la società vive di tormenti e rifiuti, ma anche di incomprensioni e paura, a cui si reagisce solo con la presa di coscienza e la lotta. Io sono Una (Add editore) dell'autrice inglese Una - un nomen omen scelto per innescare un processo di immedesimazione nel pubblico - racconta con una rara delicatezza il tema della violenza sulle donne. «Tra i vari motivi che mi hanno spinto a scegliere questo pseudonimo, c'è sicuramente l'idea di rendere la storia che racconto universale. Questa storia è successa a me, ma in realtà potrebbe essere la storia di tutte». Un'opera dove prevalgono i toni del grigio e del bianco, con qualche sporadica punta di rosso, ad innalzare la tensione del racconto, che ha al centro una giovane donna di 12 anni, che dopo un abuso, finisce per perdere la vitalità che un tempo le era propria e inizia a sentirsi sola e colpevole. La storia della fanciulla, che vive nella regione inglese dello Yorkshire, dove le viene fatta questa violenza, procede parallelamente alle indagini e alla ricerca di Peter Sutcliffe, serial killer realmente esistito, noto con il nome di “Lo Squartatore dello Yorkshire”. Negli anni 80, fu accusato di aver ucciso 13 donne e di aver provato ad ucciderne altre 7. «Per lottare contro la cultura patriarcale serve sorellanza e serve diventare protagoniste del dibattito pubblico, proprio come è successo in Argentina e in Irlanda, dove le donne hanno vinto la lotta per ottenere la legalizzazione dell'aborto. E occorre credere alle donne - continua Una - Quando ho iniziato a scrivere la graphic novel, come prima cosa mi sono chiesta perché le donne non denunciassero le molestie sessuali che subiscono ogni giorno». Anche la provincia che ci racconta Silvia Rocchi in Brucia (Rizzoli Lizard), ispirata a quella pisana che le ha dato i natali, ha i tratti sospesi e al contempo assordanti dello Yorkshire di Una. Le protagoniste di questa graphic novel sono due donne, Tamara e Maria, legate da un profondo senso di amicizia, nonostante l'una sia un'operaia e l'altra sia la figlia del dirigente della fabbrica. Sullo sfondo di questo legame, l'acciaieria e il lavoro operaio, che detta i tempi e i modi di vita di tutti i personaggi che gravitano nel testo. Gesti ripetitivi e automatici, dietro i quali si celano slanci di lotta e speranze per il futuro, proprio come quelli a cui assisteva in famiglia Silvia, quando era piccola. L'opera - in cui prevale il colore nero, mentre il rosso preannuncia la tragedia - trae linfa dalla storia familiare di Rocchi ed è infatti ambientata negli anni 80. «Ho una certa fascinazione per quegli anni, poi era il periodo in cui anche mio padre lavorava alla Piaggio - racconta l'autrice -. Le storie che ho sentito di più erano le sue, principalmente legate a momenti di sciopero. Io era piccola e sentivo questi racconti, quasi mitologici e ho cercato di restituirli a mio modo». C'è anche una sensibilità di genere in Brucia, dove la donna operaia è e “può” essere solo inserviente, mentre l'uomo è e “deve” essere alla colata di acciaio. Tre giorni di “Bande des femmes”, scanditi dalla presenza di altre note firme del fumetto: Rita Petruccioli, Laura Scarpa, Assia Petricelli, Alice Milani, Tuono Pettinato, Niccolò Pellizzon, Unavite. Un festival dei mondi, dei corpi e delle visioni possibili, organizzato in collaborazione con Biblioteche di Roma, con il sostegno del Mibact e di Siae nell'ambito dell'iniziativa “S'illumina, copia privata per i giovani, per la cultura”. Un'occasione importante per disintossicarsi dalle narrazioni ordinarie.

Parlare di temi complessi con codici semplici ed universali. È questa la missione del Festival di fumetti “Bande de femmes”, organizzato da Tuba, la Libreria delle Donne di Roma, che fino al prossimo 16 giugno, riempirà le strade e i locali del Pigneto, con presentazioni di fumetti, riviste di genere e graphic novel. Una celebrazione del rovescio, del sottosopra, del controcorrente, di tutto ciò che esiste e che rappresenta materia pulsante della nostra società, negata e violata di continuo dalla politica, dagli stereotipi e dall’intolleranza.

«Riuscire a far passare dei concetti profondi in modo elementare è una dote che non tutti hanno e invece i fumetti che presentiamo hanno proprio questo pregio» – commenta Sara del bar Tuba, impegnato da dieci anni circa a portare nel quartiere di Roma est temi di cui non si sente parlare spesso, accogliendo la comunità del posto tra le sue maioliche colorate, rendendolo un luogo accogliente e vivace.

«A volte in questa città il centro è svuotato di senso, che invece si diffonde in tanti piccoli altri luoghi e noi proviamo a far sì che il Pigneto sia uno di questi, ogni giorno». Altro che periferia! Un’altra parola chiave del Festival, a cui è dedicata una mostra itinerante “Periferie plurali”, distribuita in 15 spazi – tra locali e librerie – del Pigneto.

Sguardi diversi ritraggono il concetto di periferia in modo metaforico e molteplice, dall’isolamento che attanaglia coloro che vivono fuori dal centro città alle “soggettività periferiche”, narrate poco e male nel dibattito pubblico. È al racconto di queer, trans, gay e lesbiche, che la fumettista francese Julie Maroh, nota per la graphic novel Il blu è un colore caldo, da cui Abdellatif Kechiche ha tratto il film vincitore della Palma d’oro a Cannes nel 2013, La vita di Adele, ha dedicato il suo ultimo lavoro Corpi sonori (Panini 9L), che sarà presentato durante il Festival. «Le domande che mi pongo ogni volta che mi accingo a realizzare un lavoro sono: perché ho voglia di raccontare questa storia, perché è importante, come faccio ad arrivare al cuore della gente», dichiara Maroh, che nella sua ultima opera mette al centro tutto ciò che normalmente al centro non è, con un intento politico, di riflessione e di denuncia.

Il rapporto tra la singola soggettività e la società vive di tormenti e rifiuti, ma anche di incomprensioni e paura, a cui si reagisce solo con la presa di coscienza e la lotta. Io sono Una (Add editore) dell’autrice inglese Una – un nomen omen scelto per innescare un processo di immedesimazione nel pubblico – racconta con una rara delicatezza il tema della violenza sulle donne. «Tra i vari motivi che mi hanno spinto a scegliere questo pseudonimo, c’è sicuramente l’idea di rendere la storia che racconto universale. Questa storia è successa a me, ma in realtà potrebbe essere la storia di tutte». Un’opera dove prevalgono i toni del grigio e del bianco, con qualche sporadica punta di rosso, ad innalzare la tensione del racconto, che ha al centro una giovane donna di 12 anni, che dopo un abuso, finisce per perdere la vitalità che un tempo le era propria e inizia a sentirsi sola e colpevole. La storia della fanciulla, che vive nella regione inglese dello Yorkshire, dove le viene fatta questa violenza, procede parallelamente alle indagini e alla ricerca di Peter Sutcliffe, serial killer realmente esistito, noto con il nome di “Lo Squartatore dello Yorkshire”. Negli anni 80, fu accusato di aver ucciso 13 donne e di aver provato ad ucciderne altre 7. «Per lottare contro la cultura patriarcale serve sorellanza e serve diventare protagoniste del dibattito pubblico, proprio come è successo in Argentina e in Irlanda, dove le donne hanno vinto la lotta per ottenere la legalizzazione dell’aborto. E occorre credere alle donne – continua Una – Quando ho iniziato a scrivere la graphic novel, come prima cosa mi sono chiesta perché le donne non denunciassero le molestie sessuali che subiscono ogni giorno».

Anche la provincia che ci racconta Silvia Rocchi in Brucia (Rizzoli Lizard), ispirata a quella pisana che le ha dato i natali, ha i tratti sospesi e al contempo assordanti dello Yorkshire di Una. Le protagoniste di questa graphic novel sono due donne, Tamara e Maria, legate da un profondo senso di amicizia, nonostante l’una sia un’operaia e l’altra sia la figlia del dirigente della fabbrica. Sullo sfondo di questo legame, l’acciaieria e il lavoro operaio, che detta i tempi e i modi di vita di tutti i personaggi che gravitano nel testo. Gesti ripetitivi e automatici, dietro i quali si celano slanci di lotta e speranze per il futuro, proprio come quelli a cui assisteva in famiglia Silvia, quando era piccola. L’opera – in cui prevale il colore nero, mentre il rosso preannuncia la tragedia – trae linfa dalla storia familiare di Rocchi ed è infatti ambientata negli anni 80. «Ho una certa fascinazione per quegli anni, poi era il periodo in cui anche mio padre lavorava alla Piaggio – racconta l’autrice -. Le storie che ho sentito di più erano le sue, principalmente legate a momenti di sciopero. Io era piccola e sentivo questi racconti, quasi mitologici e ho cercato di restituirli a mio modo». C’è anche una sensibilità di genere in Brucia, dove la donna operaia è e “può” essere solo inserviente, mentre l’uomo è e “deve” essere alla colata di acciaio.

Tre giorni di “Bande des femmes”, scanditi dalla presenza di altre note firme del fumetto: Rita Petruccioli, Laura Scarpa, Assia Petricelli, Alice Milani, Tuono Pettinato, Niccolò Pellizzon, Unavite. Un festival dei mondi, dei corpi e delle visioni possibili, organizzato in collaborazione con Biblioteche di Roma, con il sostegno del Mibact e di Siae nell’ambito dell’iniziativa “S’illumina, copia privata per i giovani, per la cultura”. Un’occasione importante per disintossicarsi dalle narrazioni ordinarie.