Si chiamano Pettirossi, sono studenti e giovani appassionati di politica. In dialogo con coetanei di varie forze di sinistra lanciano una scuola di formazione. In chiave nuova

«Se i tempi non chiedono la tua parte migliore, inventa altri tempi», così in Baol di Stefano Benni, così chi vive in tempi che chiedono costantemente di competere, tutti contro tutti, con l’ossessione del successo e allo stesso tempo la colpevolezza di non poterci arrivare.

Il tempo presente chiede la parte peggiore di ciascuno perché fra democrazia e capitalismo, fra sfruttati e sfruttatori, fra la giustizia e il sopruso hanno vinto i secondi. E, come diceva Bernie Sanders rivolgendosi al Partito democratico Usa: «Non è Trump che ha vinto, siamo noi che abbiamo perso»; sono le forze progressiste che hanno abdicato alla funzione di governo dell’economia e della tecnologia e si sono fatte governare. Di più, son diventate subalterne ideologicamente e nell’espressione delle classi dirigenti, o forse peggio, irrilevanti. L’Italia, una volta patria del Pci, risulta oggi il fanalino di coda in termini non solo di organizzazione del fronte del lavoro e del precariato, ma anche sul piano della qualità del dibattito e della sperimentazione di forme di mobilitazione e aggregazione.

È venuto a mancare, a sinistra, il pensiero strategico e di prospettiva, quello che consente di fare politica rappresentando una parte ma avendo a cuore anche gli interessi generali. Non c’è traccia qui del dibattito sulle forme alternative di proprietà, delle idee sulla riconfigurazione della forma partito ai fini dell’egemonia culturale, della problematizzazione del nesso nazionale-sovranazionale per come emergono nel Labour, in Podemos e nella sinistra europea. Per questo è oggi più urgente che mai riconciliare i luoghi di pensiero e i cervelli che li abitano con i luoghi decisionali della politica che ne sono poveri. Solo così si può spezzare la catena dei politicismi e dell’autoreferenzialità, e rendere nuovamente utile la politica istituzionale. Non è più possibile ignorare il patrimonio di conoscenze e competenze che servono, e già esistono, per creare e mantenere il consenso.

Tanto più in un momento nel quale l’Europa sembra intrappolata nella…

L’articolo del collettivo Ragione in rivolta prosegue su Left in edicola


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