«Dalla scuola pubblica alle cellule staminali, Stato e Chiesa imbrigliano i “cervelli” per spartirsi l’Italia». L’impietosa analisi della nota astrofisica in un'intervista pubblicata su Left del 9 aprile 2010, ci aiuta anche a capire come siamo arrivati a ritrovarci alle prese con un governo guidato da Di Maio e Salvini.

Professoressa Hack, come mai in Italia la ricerca non funziona più?

Perché non è libera. Perché, fatte salve alcune oasi, le cosiddette riforme dell’università che hanno portato con sé continui tagli alla ricerca e ai posti dei ricercatori, hanno contribuito a imbrigliarla, ad affossarla.

Perché la scienza deve essere libera?

I motivi sono infiniti. Guardiamo per esempio all’importanza dell’innovazione. Questa si ottiene dalla ricerca applicata che a sua volta non può prescindere dalla ricerca pura, cioè da quella libera. Quella che si fa senza porsi scopi precisi di una resa immediata ma solo per la “curiosità” di conoscere le leggi che regolano il mondo. Magari seguendo una vaga intuizione. Ma poi, a ben vedere, chi più invoca la necessità d’innovare sono quegli stessi politici che producono leggi capaci solo di generare l’effetto contrario.

Una strana contraddizione…

E’ molto più che strana: è pericolosa. Le prime a non essere libere sono le nostre istituzioni. Succubi del Vaticano, stanno mettendo in pericolo la salute dei cittadini. Penso alla legge 40 sulla fecondazione assistita ma anche all’assurdo divieto di finanziare con fondi pubblici la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Eppure, secondo la convinzione unanime della biofisica mondiale permetterebbero di fare progressi straordinari in medicina. Senza contare l’importanza rappresentata dalla possibilità di metterle a confronto con i risultati degli studi sulle cellule adulte.

Lei scrive che la riforma deve partire dal basso.

L’università vive se ci sono gli studenti. E i giovani ricercatori sono la linfa dei laboratori. Sono loro che hanno più entusiasmo, più idee. Le grandi scoperte statisticamente vengono proprio dai giovani. Ma per avere buoni studenti ed eccellenti ricercatori bisogna partire dalle scuole elementari. Erano uno dei fiori all’occhiello dell’istruzione e invece si è cominciato a umiliarle. Mentre ai licei sono toccate riforme vere solo sulla carta. Ogni ministro che arriva fa la sua riforma. A questo si aggiunge il continuo taglio dei fondi all’istruzione pubblica. E il cerchio così è chiuso, specie se al contempo si favoriscono le scuole private. Che non a caso sono in maggioranza cattoliche.

E qui torna il discorso di Calamandrei…

Penalizzare il pubblico per favorire il privato è proprio quanto sta accadendo oggi. Per la scuola ma anche per la sanità, con gli ospedali e le cliniche private, stanno realizzando quello che poi era il programma della P2. Quando parlava Calamandrei le ferite causate dal fascismo erano più che vive. La situazione di oggi è peggiore. All’epoca la Democrazia cristiana era molto più laica. E abbiamo ministri che intervengono su questioni di cui il governo non ha competenze. Decidere su cosa fare ricerca spetta allo scienziato. Imporre cosa andare a ricercare – come nel caso del bando pubblico 2009 per i fondi alla ricerca sulle staminali – è un’invasione di campo che rivela l’esistenza di una forma di dittatura “morbida”.

Se dovesse passare anche il presidenzialismo…

L’opinione pubblica sta perdendo la capacità di indignarsi. Come dimostrano la tranquillità con cui stanno passando da un decennio le leggi ad personam, e pure gli scandali pedofili in cui è coinvolto il Vaticano. All’estero, ovunque si fanno dibattiti aperti tra istituzioni e cittadini. La gente chiede, vuol sapere. Qui invece si ordina di non dare retta ai «chiacchericci» e nessuno reagisce.

Veniamo alla scienza. C’è un’allarmante inerzia anche tra i ricercatori?

E’ vero. A eccezione di Elena Cattaneo e delle sue due colleghe che si sono esposte con i ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato di fronte al divieto imposto dal ministro Sacconi, pensavo che anche altri avrebbero fatto lo stesso la ricerca sulle cellule embrionali. Ci sono i fondi europei che lo permettono e la legge 40 lascia degli spiragli. E invece no. Non c’è stata alcuna rivolta contro questa assurdità.

Come se ne esce? Nel suo libro propone delle soluzioni…

Sono una cittadina con diritto di parola e finché sarà possibile lo esercito. Ma voci isolate servono a poco se anche gli altri cittadini non si ribellano. Se i partiti politici di sinistra non reagiscono. Più che scrivere e parlare per cercare di risvegliare le coscienze non saprei cosa fare. Meno male che il presidente Napolitano non ha firmato l’ultimo decreto. Il centrodestra avrebbe riportato i diritti dei lavoratori all’inizio dell’800. Ma poi la sinistra si è già dichiarata disposta a discutere sul presidenzialismo. Con dei paletti, è vero, ma sempre di presidenzialismo si tratta. Immaginiamo Berlusconi presidente italiano. Nemmeno nel Paese delle banane…

Intervista pubblicata su Left del 9 aprile 2010

Scrivevo già per Avvenimenti ma sono diventato giornalista nel momento in cui è nato Left e da allora non l'ho mai mollato. Ho avuto anche la fortuna di pubblicare articoli e inchieste su altri periodici tra cui "MicroMega", "Critica liberale", "Sette", il settimanale uruguaiano "Brecha" e "Latinoamerica", la rivista di Gianni Minà. Nel web sono stato condirettore di Cronache Laiche e firmo un blog su MicroMega. Ad oggi ho pubblicato tre libri con L'Asino d'oro edizioni: Chiesa e pedofilia. Non lasciate che i pargoli vadano a loro (2010), Chiesa e pedofilia, il caso italiano (2014) e Figli rubati. L'Italia, la Chiesa e i desaparecidos (2015); e uno con Chiarelettere, insieme a Emanuela Provera: Giustizia divina (2018).