Di fronte al dilagare del razzismo la sinistra appare incapace di reagire. Questo perché le matrici culturali delle idee a cui si ispira o hanno un fondo religioso oppure non tengono conto del fatto che, dopo Marx, Gramsci ha seppellito definitivamente il materialismo storico

Non è il populismo che sta vincendo in Italia e in Europa. Sta vincendo la destra, quella di sempre, fascista o che ammicca al fascismo. E sta vincendo con l’arma di sempre, il razzismo, quello di Hitler e di Mussolini. Di fronte a tale immane deriva culturale, che ci riporta agli anni più bui e tragici del Novecento, nella componente laica della sinistra, ammesso che tale qualificazione abbia ancora qualche senso, si biascicano poche e confuse formulazioni, ripescate in qualche buio anfratto della storia del pensiero occidentale. Le matrici culturali delle idee che circolano a sinistra sul razzismo sono infatti principalmente due. Da una parte, si dice che il dilagare del razzismo dipenderebbe dall’austerity, dalla crisi economica, dalle nuove povertà e diseguaglianze che ne conseguono. Una sorta di inconsapevole reminiscenza di materialismo storico, quella indigesta visione secondo la quale ogni manifestazione del pensiero umano sarebbe il riflesso delle «condizioni materiali di produzione». Qualcosa in cui Marx, pur portandone qualche responsabilità, non ha, in fondo, mai creduto, riconoscendo a più riprese l’autonomia delle manifestazioni artistiche e il ruolo della soggettività. Di quella soggettività politica e di pensiero, della quale del resto egli era, come teorico della classe operaia, un’espressione vivente. Dopo Marx, è stato Gramsci a seppellire definitivamente il materialismo storico, con una personale elaborazione teorica che poggia sul pieno riconoscimento del ruolo della cultura. Eppure, sotto traccia, per quanto generalmente ripudiato, il materialismo storico sembra continui a fare i suoi danni. La seconda matrice del “pensiero” della sinistra sul razzismo è quella, cha va da Tucidide a Freud, passando per Agostino, Kant, Hobbes, e tanti altri, secondo cui gli esseri umani sono per natura egoisti, gli uni agli altri antagonisti, antisociali, sostanzialmente cattivi. Il razzismo sarebbe una delle tante emersioni di questa natura umana originariamente distorta e perversa. Tale seconda impronta culturale sta anche saldamente alle spalle della così detta componente cattolica della sinistra, per la quale gli esseri umani risultano marchiati dal peccato originale. I cattolici vengono, peraltro, volenti o nolenti, da una tradizione millenaria, nella quale, dai crociati ai conquistadores, coloro che, in ogni luogo del mondo, non si riconoscevano in Cristo, erano meno di animali e potevano essere trucidati. Si dirà che tutto questo è lontano, che di questo i cattolici si sono ampiamente scusati. Ma nel loro…

L’articolo dell’economista Ernesto Longobardi prosegue su Left in edicola


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