«Bombe italiane vengono usate in Yemen. Da anni denunciamo l’esportazione illegale di armi alla coalizione saudita impegnata nella guerra civile in Yemen». Da qui l’appello: «Fermiamo il massacro saudita» perché «i bambini continuano a morire, uno ogni dieci minuti». Era il 16 giugno 2017 quando l’europarlamentare M5s Fabio Massimo Castaldo denunciava, ancora una volta, la vendita di bombe dall’Italia all’Arabia, le stesse bombe che, come accertato dai commissari Onu, sono utilizzate in Yemen, in una guerra che ha prodotto una crisi umanitaria senza precedenti e migliaia di morti civili. Il Movimento 5 stelle, anche nel Parlamento italiano, nella passata legislatura non ha mai avuto dubbi da che parte stare: l’ex senatore Roberto Cotti (non ricandidato nel 2018) è stato uno dei più attivi nel denunciare con atti parlamentari ogni carico di armamenti che, dalla Rwm Italia con sede a Domusnovas in Sardegna, partiva alla volta di Ryad. Un altro sempre in prima linea è stato Manlio Di Stefano. «Europa e Italia fingono di non capire che le armi vendute all’Arabia Saudita vadano a finire nelle mani dei terroristi (e parliamo di uno tra i primi acquirenti al mondo nonché primo acquirente di armi italiane)», scriveva il 29 luglio 2016. «Italia ed Europa dovrebbero contenere in tutti i modi quei Paesi che forniscono soldi e armi ai terroristi e responsabili dello scempio in Yemen».
Oggi la linea all’interno del Movimento sembra diversa. La deputata Pd Lia Quartapelle ha presentato un’interrogazione in commissione esteri nella quale chiede «se il Governo […] non ritenga opportuno, assumere iniziative per rivedere […] i termini delle forniture di materiali di armamento ai Paesi» impegnati nella guerra in Yemen. La replica di Di Stefano, oggi sottosegretario agli Esteri, non è stata incisiva e diretta quanto le sue osservazioni del 2016. Dopo un lungo ex-cursus sul ruolo del Cipe-Comitato interministeriale per la programmazione economica e su quello del ministero degli Esteri, il sottosegretario ha assicurato che «il Governo presterà particolare attenzione affinché tutte le richieste autorizzative di esportazione di materiale d’armamento continuino ad essere valutate con estrema attenzione e particolare rigore». In pratica il governo M5s-Lega continuerà a valutare le richieste esattamente come è accaduto fino a prima del suo insediamento (quando era guidato dal partito della Quartapelle). Il rischio che il commercio di bombe verso l’Arabia non venga fermato è concreto. Insomma, ancora una volta l’Italia pare non voglia prendere decisioni forti. «Le valutazioni avvengono in un quadro di concertazione fra Paesi Alleati ed UE, tenendo anche conto dei rapporti bilaterali e della cooperazione internazionale nella lotta al terrorismo», si legge ancora nella risposta di Di Stefano. Una risposta che, appunto, ricalca esattamente la linea del Governo Gentiloni, a suo tempo tanto osteggiata dal Movimento 5 stelle.
Sul punto è molto chiaro Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (Opal) di Brescia: «La posizione espressa dal sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano ripropone sostanzialmente quelle manifestate dai precedenti governi Renzi e Gentiloni», dice. «Si tratta di posizioni che nella precedente legislatura il M5S aveva duramente criticato dai banchi di Montecitorio chiedendo che venisse bloccata “l’esportazione di armi e articoli correlati prodotti in Italia o che transitino per l’Italia, destinati all’Arabia Saudita e a tutti i Paesi coinvolti nel conflitto armato in Yemen”, ed invitando il governo ad “assumere questa posizione anche in assenza di una formale dichiarazione di embargo sulle armi da parte delle organizzazioni internazionali». Insomma, un gioco delle parti, come lo definisce Maurizio Simoncelli, dell’Archivio per il Disarmo: «La risposta è talmente generica che lascia stupiti, considerando le battaglie che a suo tempo il Movimento ha sposato. Come del resto lascia stupiti che l’interrogazione sia stata presentata dalla Quartapelle che fino a poco tempo fa era in maggioranza».
Di «minuetto politico» parla anche il coordinatore della Rete italiana per il Disarmo, Francesco Vignarca, perché «se Di Stefano è passato da una posizione decisa sulla vendita di armi all’Arabia a una più morbida, è anche vero che quando noi nella scorsa legislatura chiedevamo lo stop al commercio armato, la Quartapelle e il Pd non ci hanno dato retta, hanno neutralizzato le nostre mozioni, spostandole sulla posizione che oggi Di Stefano ha riconfermato e cioè: “ragioniamo con l’Europa”. Il tanto agognato “cambiamento”, insomma, su questo fronte pare non esserci. O, meglio, c’è solo nello scambio di ruoli tra Pd e 5 stelle, come riflette ancora Beretta. «Nel novembre del 2016 – ricorda l’analista dell’Opal – i parlamentari del M5S membri delle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato hanno depositato un esposto in Procura a Roma per chiedere alla magistratura di indagare sulle esportazioni di bombe dell’Italia all’Arabia Saudita, ipotizzando reati ministeriali da parte dei ministri Pinotti e Gentiloni. La recente risposta del sottosegretario è perciò quanto mai rilevante perché manifesta una radicale differenza rispetto alle posizioni sostenute dal M5S quando era all’opposizione: differenza di cui non posso non prendere atto, ma che il M5S dovrebbe spiegare ai suoi elettori e a tutti coloro che sono in attesa di vedere le novità del Governo del Cambiamento».
Non è detto, però, che una soluzione non possa arrivare, come spiega Vignarca. «Noi vorremmo lo stop immediato, ma la posizione di Di Stefano ricalca quella espressa in una mozione approvata dal Pd nell’ottobre 2017, ovvero impegnarsi a livello internazionale per risolvere la questione. Bene, ora fatelo». Il Pd a suo tempo non è mai andato al di là delle parole. Adesso, però, il governo giallo-verde potrebbe avere un’importante sponda a livello europeo considerando, sottolinea ancora Vignarca, che «nel contratto della Große Koalition, si parla chiaramente di stop alla vendita di armi all’Arabia Saudita». Insomma, tutto dipenderà dalla volontà politica di chi governa. Ieri come oggi. Intanto continuano a piovere bombe sui cittadini yemeniti. E la guerra va avanti.