Io non lo so se sono anormale o se mi si è bollito il cuore e non me ne sono accorto ma mi commuovo in modo indegno ogni volta che al supermercato incontro le coppie di anziani. Non tutti: mi fanno volare via quelli che si avvicinano al banco dell'ortofrutta e quasi vergognandosi, di soppiatto, rigirano la verdura sporgendo appena il naso per riconoscere qualche profumo di qualche altro tempo. Poi succede che se ne meraviglino, se scovano un goccio distillato della loro nostalgia, e se la scambiano con gli occhi felici di averci ritrovato dentro un momento che li fa arrossire. Poi li incontri nella corsia della carne ed è tutto un bisbigliarsi del prezzo, delle porzioni troppo grosse e del colore che non gli sembra per niente naturale. Discutono, a volte, di qualcosa che è "di troppo", con lei che ripete che no, non le serve niente, e lui che sceglie una guarnizione nuova per la moka come se fosse il quotidiano anello del loro quotidiano fidanzamento. Oppure mi commuove la loro intelligenza collettiva alla cassa, con quel meccanismo oliato per anni mentre si muovono nel passaggio carrello-cassa-sacchetto con l'armonia di uno stormo pur essendo solo in due. La loro moltitudine è la quotidianità che è diventata un metronomo da cui non riescono ad andare fuori tempo. Oggi mi è capitato di vederli anche all'auto. Un'auto piccola, dei tempi andati ma con una vivacità e perfezioni che scommetteresti l'abbiano restaurata prima di uscire. Lui come prima cosa la accende per farla trovare fresca alla moglie appena se ne torna dall'operazione di recupero della moneta del carrello. E poi partono. E chissà che si dicono. Chissà che vanno a fare. Gli anziani innamorati li incontri per caso e sono sempre il primo capitolo di un romanzo che immagini bellissimo. E ho pensato, ieri, che forse in mezzo alla melma e alla disumanizzazione di questi giorni dovremo ripeterci tutti i giorni che c'è in giro tanta bellezza: bellezza fragile, che non ha niente a che vedere con gli urli e con l'odio, e che forse varrebbe la pena ripartire da qui, da quello che riusciamo a essere (e che continuiamo ad essere) al di fuori del digrignar di denti che qualcuno vorrebbe imporci. C'è una gentilezza rivoluzionaria in giro, se hai occhi per vederla. E forse abbiamo il compito di raccontarla, preservarla, respirarla. Buon venerdì.

Io non lo so se sono anormale o se mi si è bollito il cuore e non me ne sono accorto ma mi commuovo in modo indegno ogni volta che al supermercato incontro le coppie di anziani. Non tutti: mi fanno volare via quelli che si avvicinano al banco dell’ortofrutta e quasi vergognandosi, di soppiatto, rigirano la verdura sporgendo appena il naso per riconoscere qualche profumo di qualche altro tempo. Poi succede che se ne meraviglino, se scovano un goccio distillato della loro nostalgia, e se la scambiano con gli occhi felici di averci ritrovato dentro un momento che li fa arrossire.

Poi li incontri nella corsia della carne ed è tutto un bisbigliarsi del prezzo, delle porzioni troppo grosse e del colore che non gli sembra per niente naturale. Discutono, a volte, di qualcosa che è “di troppo”, con lei che ripete che no, non le serve niente, e lui che sceglie una guarnizione nuova per la moka come se fosse il quotidiano anello del loro quotidiano fidanzamento.

Oppure mi commuove la loro intelligenza collettiva alla cassa, con quel meccanismo oliato per anni mentre si muovono nel passaggio carrello-cassa-sacchetto con l’armonia di uno stormo pur essendo solo in due. La loro moltitudine è la quotidianità che è diventata un metronomo da cui non riescono ad andare fuori tempo.

Oggi mi è capitato di vederli anche all’auto. Un’auto piccola, dei tempi andati ma con una vivacità e perfezioni che scommetteresti l’abbiano restaurata prima di uscire. Lui come prima cosa la accende per farla trovare fresca alla moglie appena se ne torna dall’operazione di recupero della moneta del carrello. E poi partono. E chissà che si dicono. Chissà che vanno a fare.

Gli anziani innamorati li incontri per caso e sono sempre il primo capitolo di un romanzo che immagini bellissimo. E ho pensato, ieri, che forse in mezzo alla melma e alla disumanizzazione di questi giorni dovremo ripeterci tutti i giorni che c’è in giro tanta bellezza: bellezza fragile, che non ha niente a che vedere con gli urli e con l’odio, e che forse varrebbe la pena ripartire da qui, da quello che riusciamo a essere (e che continuiamo ad essere) al di fuori del digrignar di denti che qualcuno vorrebbe imporci. C’è una gentilezza rivoluzionaria in giro, se hai occhi per vederla. E forse abbiamo il compito di raccontarla, preservarla, respirarla.

Buon venerdì.