Vi ricordate le dichiarazioni dell’ex ministro del Lavoro Giuliano Poletti? «Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi». Poletti parlava dei giovani italiani che erano emigrati all’estero. Era il dicembre del 2016. E ora? Il nuovo governo gialloverde che fa? Nulla. Tranne riempirsi la bocca di slogan. E dichiarare la guerra ai migranti che arrivano nel nostro Paese. La solita vecchia tattica: trovare un nemico comune su cui scaricare le responsabilità di un fallimento collettivo, per distogliere l’attenzione. Vediamo però nel dettaglio quella che è una ferita lacerante che ci riguarda tutti, sia chi, come me, dall’Italia se n’è andato, sia chi ha deciso di rimanerci. Secondo l’Istat e la Fondazione Migrantes, nel 2016 sono stati 124mila gli italiani che sono emigrati, la maggior parte under 35. Un dato in aumento rispetto agli anni precedenti: nel 2013 erano 94mila. Ma confrontando le cancellazioni anagrafiche nei Comuni italiani e le registrazioni nei Paesi di destinazione, il centro studi Idos sostiene che i dati dell’Istat dovrebbero essere aumentati di almeno 2,5 volte: nel 2016 sarebbero dunque 285mila i trasferimenti all’estero, dati comparabili a quelli del dopoguerra. Secondo l’Ocse, l’Italia è l’ottavo tra i Paesi di nuova emigrazione e solo un terzo di chi lascia il nostro Paese ci ritorna. Tutto questo mentre i migranti sbarcati in Italia sono stati molti meno: 181mila nel 2016, 119mila nel 2017. Altro che l’invasione di cui parlano Salvini e soci. Se ne va, in sintesi, più gente di quella che arriva via mare: l’Istat prevede che nel 2065 l’Italia avrà solo 54,1 milioni di abitanti. I numeri sono allarmanti. L’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire)…
Ogni anno un numero sempre più alto di italiani decide di emigrare per mancanza di opportunità. Sono stati quasi 300mila nel 2016, solo un terzo sceglierà di tornare e i migranti che arrivano nel nostro Paese da tempo non bastano più a colmare il gap. Altro che invasione