La denuncia della procura di Santiago dopo la pubblicazione di un rapporto segreto su casi di abusi su minori a partire dal 2000.

Secondo la Fiscalia nazionale, l’ufficio del pubblico ministero cileno, monsignor Ricardo Ezzati avrebbe coperto gli abusi sessuali compiuti da membri del clero o, comunque, legati alle istituzioni ecclesiastici. Ezzati, 75 anni, è stato il capo della Chiesa cattolica del Cile fino al 2016 ed è oggi l’arcivescovo di Santiago e la procura regionale di O’Higgins, nel centro del Paese, lo ha citato 24 ore dopo la pubblicazione di un rapporto segreto su casi di abusi su minori a partire dal 2000.

Secondo la procura della Repubblica, ci sono «cinque casi di occultamento o occultamento delle indagini contro i superiori di congregazioni o vescovi responsabili di una data diocesi». Consultato pochi giorni fa dalla stampa sulle accuse di insabbiamento, Ezzati ha indicato che ciò che lo preoccupava veramente era «il clima di calunnia che fa tanto danno alle persone, al Paese e alla verità». Poi un comunicato di rito: «Ribadisco il mio impegno e quello della Chiesa di Santiago con le vittime, con la ricerca della verità e nel rispetto della giustizia civile. Sono convinto che non ho mai nascosto la giustizia o ostruito, e come cittadino ho il dovere di fornire tutti i retroscena che contribuiscono a chiarire i fatti». Nella lettera si annuncia che la deposizione di Ezzati sarà il prossimo 21 agosto quando il porporato dovrà comparire davanti al procuratore Emiliano Arias, che nel giugno scorso ha ordinato una perquisizione nelle residenze delle archidiocesi di Santiago e Rancagua dopo l’autodenuncia di un altro religioso, Óscar Muñoz, per abusi di carattere sessuale contro bambini.

Le reazioni delle vittime sono state immediate. Juan Carlos Cruz, vittima dell’influente Fernando Karadima (a cui venne vietato di esercitare pubblicamente il ministero a vita, di dirigere spiritualmente, di confessare, di avere contatti con i membri o avere qualsiasi tipo di incarico nella Pía Unión Sacerdotal), probabilmente il caso più celebre di pedofilia ecclesiastica in America latina, ha scritto su Twitter: «Il cardinale Ezzati è chiamato a dichiarare da imputato! Avrà poco tempo come arcivescovo di Santiago, ma ha appena iniziato la sua nuova missione di rispondere sull’insabbiamento, la menzogna e altri crimini davanti alla giustizia. Che si prepari il resto dell’episcopato, Errázuriz e compagnia», ha detto, riferendosi a Francisco Javier Errázuriz, ex capo della Chiesa cilena tra il 1998 e il 2011.

La procura nazionale del Cile, citata dal sito Emol, ha reso noto che tra gennaio e il 5 maggio di quest’anno, 28.481 minori sono stati vittime di un crimine nel Paese, un dato che si traduce in 226 casi al giorno. Secondo le informazioni rese note dalle autorità cilene, la media annua del numero di minori vittime di crimini si è attestata negli ultimi anni intorno alla cifra di 89mila casi: 89.278 quelli registrati nel 2015, 88.610 nel 2016 e 89.064 nel 2017. La procura nazionale cilena ha poi specificato che i reati che riguardano quasi la metà dei minori vittime di crimini sono quelli di lesioni e di tipo sessuale. Tra il 2015 e il maggio di quest’anno, 67.747 sono stati vittime del primo, mentre 56.852 del secondo. L’incaricata della Tutela dei minori del Cile, Patricia Muñoz, ha detto che le aggressioni sessuali sono più frequenti e stabili a causa della «fenomenologia stessa di questo crimine, per l’agire in modo silenzioso e abusivo dell’aggressore che riesce a generare dinamiche che favoriscono la sua impunità». La funzionaria ed ex procuratrice ha sottolineato che il Cile «ha perso» su questo tema, in quanto «non ha uno Stato capace di prevenire con efficacia questi reati e non dà il peso sufficiente a soddisfare le necessità delle vittime nel processo che devono affrontare se il loro caso è oggetto di indagine», come il bisogno di assistenza psicologica di qualità.

Dopo la visita pastorale in Cile che Bergoglio ha effettuato a gennaio, nel maggio scorso la Conferenza episcopale in blocco (17 vescovi e sette ausiliari) ha rassegnato le dimissioni. Da allora la Fiscalia ha perquisito gli uffici della Chiesa locale e ha chiesto (senza successo) alla Santa Sede gli atti dell’inchiesta che gli inviati speciali del papa hanno condotto alcuni mesi fa in Cile, infine ha insediato investigatori speciali in ciascuna regione del Paese. Due settimane fa, grazie ai documenti sequestrati, l’arresto dell’influente Óscar Muñoz che, fino allo scorso gennaio, è stato cancelliere dell’arcivescovado di Santiago e, quindi, parte della gerarchia e braccio destro dei principali leader della Curia, da qui è partita la pista dell’insabbiamento. Nell’esercizio della sua posizione, Muñoz ha dovuto conoscere di prima mano i casi di abusi. Pochi giorni fa, il procuratore Arias, ha dichiarato che, contro Muñoz « potrebbe essere configurato il crimine di occultamento».

Una storia ulteriore: tra i documenti trovati nei registri di Rancagua una lettera del vescovo Alejandro Goic, uno dei cinque di cui fino a oggi il papa ha “accettato” le dimissioni, in cui è messo in discussione il ruolo di Ezzati nell’insabbiamento. Ad oggi, secondo il dossier, sono 37 le cause in piedi a livello nazionale e 68 gli indagati: 36 sacerdoti (tre vescovi, 31 preti e due diaconi), 22 appartengono a ordini o congregazioni religiose, otto sono laici (insegnanti o dirigenti di un gruppo spirituale) e «in due casi non è ancora in grado di determinare il loro legame con l’istituzione», ha detto l’avvocato Luis Torres, direttore dell’Unità specializzata diritti umani, violenza di genere e reati sessuali della Fiscalia Nazionale cilena.

Sono, in totale, 158 le persone legate alla Chiesa cattolica in Cile accusate di abusi sessuali dal 2001: in 74 casi si tratta di vescovi o sacerdoti diocesani, in 65 di appartenenti a ordini o congregazioni religiose; ci sono anche 10 laici e 5 persone indagate per copertura o per aver ostacolato la giustizia. Le vittime di abusi sono 267, tra cui 178 tra bambini e adolescenti e 31 adulti. I dati raccapriccianti sono stati diffusi 48 ore fa dal portavoce della Conferenza episcopale cilena, il diacono Jaime Coiro e dalla componente del Consiglio nazionale per la prevenzione degli abusi ed esperta in diritto canonico, Ana Maria Celis. In 58 casi, relativi a denunce precedenti alla riforma, non è stato possibile precisare l’età della vittima al momento dei fatti. Mentre 104 indagini sono ormai chiuse, ne restano ancora aperte 34. Tra le 104 chiuse, 23 sono terminate con una condanna. In un caso si è registrata un’assoluzione. In 4 casi si è deciso una sospensione condizionale del procedimento. In 43 la causa è stata archiviata.

«Questi dati ci chiamano a una riflessione mettendo in relazione i dati alle vittime. Abbiamo compreso che, al di là dei numeri, ciascuna di queste persone ha dovuto vivere un processo che è dolorosissimo. La tentazione sarebbe quella di restare alle cifre relative agli imputati, però la Chiesa ci chiede oggi di guardare in primo luogo alle vittime. Questa cifra ci scuote ed è quella che più ci preoccupa», ha detto Jaime Coiro annunciando che, dal 30 luglio al 3 agosto, si terrà un’assemblea plenaria straordinaria della Conferenza episcopale cilena, per riflettere sull’attuale situazione della Chiesa cilena, alla luce del recente incontro dei vescovi con papa Francesco.