Pronti per il nuovo giro? Finito il tour promozionale sul crocifisso (finito male, bisogna riconoscere, se è riuscito a fare incazzare Famiglia Cristiana e Avvenire nel giro di qualche ora) ora è il turno del ministro Fontana (uno di quelli che le crociate in confronto sono avanguardia) che esce dalla coltre dell'anonimato e dell'inerzia per dirci che difenderà le famiglie normali composte da una mamma e un papà (esattamente sarebbe da capire da chi: chi mette in pericolo le famiglie con una mamma e un papà?) e annuncia uno stop ai riconoscimenti dei figli delle coppie gay. Chiariamoci subito: la dichiarazione del ministro Fontana zampilla di ignoranza legislativa da ogni poro. Non è una novità, del resto. Il governo non può annullare gli atti di nascita con due mamme e due papà. Nemmeno questo governo di bulli che credono di essere protagonisti in un gioco di ruolo di sovrani, sudditi, elfi e favole. Il governo non ha nessun potere sugli atti di stato civile: per quelli esiste il tribunale ordinario su richiesta degli interessati o per intervento della Procura (che risponde alle legge, mica alla politica). Già una volta il Consiglio di Stato è intervenuto sul punto chiarendo le funzioni e le responsabilità. Oltre a questo la giurisprudenza (dettata da Corte di Cassazione e Corti d'Appello) ha già chiarito da tempo che al di là di come un bambino nasca è l'interesse del minore a dover essere preservato e quello non dipende certo dall'orientamento sessuale dei genitori. Intanto una domanda: dov'è tutto questo nel contratto di governo? Però l'ennesima sparata del governo propone un tema su cui riflettere: da sempre chi non è in grado di elaborare nuovi diritti o reali evoluzioni dei diritti in vigore si rifugia nella cancellazione di diritti già assodati per fingere una certa laboriosità. È patetico ma evidentemente funziona: sgomberare un campo rom, dare addosso ai gay (come prima ai terroni o ai negri) rilascia una subitanea sensazione di essersi liberati di un peso che nel tempo si rivelerà falsa. Un governo viene giudicato per i diritti che riesce a immaginare o a declinare in leggi e non per il suo aspetto repressivo. Può funzionare per la propaganda, certo, ma è un entusiasmo che alla lunga non incide nell'innalzamento della qualità delle vite dei cittadini. Potranno continuare a demolire, martellare, sputare ma verrà il giorno che le famiglie normali di una mamma e un papà (oppure i non rom, oppure i bianchi disoccupati, oppure i cattolici in cassa integrazione) andranno a bussare alla porta del governo chiedendo cosa ci sia davvero di nuovo per loro. E lì non serviranno a niente le barche alla deriva in mezzo al Mediterraneo, non basteranno i crocifissi appesi dappertutto, non funzioneranno i bastoni messi tra le ruote alle scelte degli altri. Non ci si sfama così. No. Buon venerdì.

Pronti per il nuovo giro? Finito il tour promozionale sul crocifisso (finito male, bisogna riconoscere, se è riuscito a fare incazzare Famiglia Cristiana e Avvenire nel giro di qualche ora) ora è il turno del ministro Fontana (uno di quelli che le crociate in confronto sono avanguardia) che esce dalla coltre dell’anonimato e dell’inerzia per dirci che difenderà le famiglie normali composte da una mamma e un papà (esattamente sarebbe da capire da chi: chi mette in pericolo le famiglie con una mamma e un papà?) e annuncia uno stop ai riconoscimenti dei figli delle coppie gay.

Chiariamoci subito: la dichiarazione del ministro Fontana zampilla di ignoranza legislativa da ogni poro. Non è una novità, del resto. Il governo non può annullare gli atti di nascita con due mamme e due papà. Nemmeno questo governo di bulli che credono di essere protagonisti in un gioco di ruolo di sovrani, sudditi, elfi e favole. Il governo non ha nessun potere sugli atti di stato civile: per quelli esiste il tribunale ordinario su richiesta degli interessati o per intervento della Procura (che risponde alle legge, mica alla politica). Già una volta il Consiglio di Stato è intervenuto sul punto chiarendo le funzioni e le responsabilità. Oltre a questo la giurisprudenza (dettata da Corte di Cassazione e Corti d’Appello) ha già chiarito da tempo che al di là di come un bambino nasca è l’interesse del minore a dover essere preservato e quello non dipende certo dall’orientamento sessuale dei genitori.

Intanto una domanda: dov’è tutto questo nel contratto di governo? Però l’ennesima sparata del governo propone un tema su cui riflettere: da sempre chi non è in grado di elaborare nuovi diritti o reali evoluzioni dei diritti in vigore si rifugia nella cancellazione di diritti già assodati per fingere una certa laboriosità. È patetico ma evidentemente funziona: sgomberare un campo rom, dare addosso ai gay (come prima ai terroni o ai negri) rilascia una subitanea sensazione di essersi liberati di un peso che nel tempo si rivelerà falsa. Un governo viene giudicato per i diritti che riesce a immaginare o a declinare in leggi e non per il suo aspetto repressivo. Può funzionare per la propaganda, certo, ma è un entusiasmo che alla lunga non incide nell’innalzamento della qualità delle vite dei cittadini. Potranno continuare a demolire, martellare, sputare ma verrà il giorno che le famiglie normali di una mamma e un papà (oppure i non rom, oppure i bianchi disoccupati, oppure i cattolici in cassa integrazione) andranno a bussare alla porta del governo chiedendo cosa ci sia davvero di nuovo per loro. E lì non serviranno a niente le barche alla deriva in mezzo al Mediterraneo, non basteranno i crocifissi appesi dappertutto, non funzioneranno i bastoni messi tra le ruote alle scelte degli altri. Non ci si sfama così. No.

Buon venerdì.