Alla legge di iniziativa popolare per uno ius soli “puro”, supportata da 100mila firme, il centro sinistra ne preferì una di mediazione. Che si è arenata in Senato a fine 2017 nel silenzio assordante del M5s. Palazzotto, Leu, l’ha ripresentata nella nuova legislatura

Chiamiamolo Marko – suggerisce Eleonora Forenza, eurodeputata Prc nel Gue – nome di fantasia ma bosniaco come lui. Anzi no. Marko non è bosniaco, lo sono solo i suoi genitori. Eppure sta sbattuto in un Cpr, a Bari, per essere rimpatriato in una patria che non è la sua, non l’ha mai vista. Parla italiano perfettamente perché qui è nato e cresciuto, ma ha i documenti scaduti». La sua storia si inserisce in quello che Forenza spiega come «il contesto europeo di follia e di criminalità sulle politiche migratorie con una specificità tutta italiana: l’assenza del riconoscimento dello ius soli».

Era l’inizio dell’autunno del 2017 quando il Parlamento italiano ha rinunciato a terminare l’iter di una legge attesa da centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi. Celeste Costantino, ex deputata di Sinistra italiana, ora in stand-by, ha seguito quella vicenda: «Il risultato era un passo indietro al testo de L’Italia sono anch’io (legge di iniziativa popolare supportata da centomila firme raccolte da Arci e altri, ndr), noi volevamo intervenire sui tempi, ora lunghissimi, per la cittadinanza degli adulti. Va detto che in Parlamento lo ius soli “puro” non è mai stato preso in considerazione – ricorda Costantino – gli emendamenti degli alfaniani spinsero per una mediazione tra ius soli e ius culturae e tutto si arenò in Senato dopo essere stato approvato alla Camera nel silenzio assordante del M5s, nemmeno un emendamento e l’astensione finale. Preferirono mantenere la stessa ambiguità mostrata verso la legge per una Giornata della memoria delle vittime del Mediterraneo. Anche noi non eravamo convinti ma ritenemmo che valesse la pena andare avanti. Per il Pd, nonostante lo ius soli figurasse nel programma di governo esisteva un problema di tenuta generale dell’alleanza con Alfano, piovevano già sondaggi molto negativi, l’arretramento era frutto di quelle pressioni esterne, fu un vero cambio di priorità».

«E ora dentro questo Parlamento non ci sono più margini – interviene Erasmo Palazzotto, deputato per Sinistra italiana nel gruppo di Leu – perché la regressione culturale che ha attraversato il dibattito pubblico ha dato vita a questo quadro politico. C’era una maggioranza ostile già nella passata legislatura quando una possibilità c’era. Sarebbe stato un piccolo avanzamento seppure…

L’articolo di Checchino Antonini prosegue su Left in edicola dal 17 agosto 2018


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