Il racconto degli incontri alla Fondazione Basso: storie, analisi e libri per conoscere il fenomeno dell'immigrazione. Uno strumento in più per contrastare la xenofobia

È un doloroso leitmotiv il susseguirsi di tragiche notizie trasmesse dai media sulla sorte di migliaia di migranti.
Sul planisfero fisico, si vede l’Italia immersa nel blu di un unico grande mare, il Mediterraneo, carico di storia millenaria di antiche civiltà il cui ricordo, a volte, sembra quasi scomparire di fronte a terribili tragedie. Bagnata dallo stesso mare per un grande tratto, l’immagine dell’Africa appare sin da subito potente e anche misteriosa. Il verde intenso di alcune regioni vicine al mare, agli oceani e dell’entroterra, sfuma lentamente in un giallo, a volte chiaro, a volta ocra, che annuncia il deserto. Linee di colore blu intenso segnano il percorso di grandi fiumi, e chiazze dello stesso colore indicano laghi distanti tra loro come miraggi. Oceani immensi collegano ad altri continenti.

“Migranti: da dove vengono, cosa li spinge a partire, come viaggiano”. Gli incontri alla Fondazione Basso

È  l’argomento di un ciclo di seminari di approfondimento, realizzati da gennaio a giugno 2018, dalla Fondazione Basso di Roma, per gli studenti della Scuola di giornalismo e aperti al pubblico. Gli esperti presenti, insieme ai testimoni delle migrazioni, ci hanno aiutato a riflettere non solo sugli ultimi anni e sul grande flusso di migranti che attraversa il Mediterraneo, e che viene presentato con le proporzioni di una profondissima crisi ma, anche, a sfatare miti come la corrente distinzione tra ‘rifugiati’ e ‘migranti economici’, per guardare al retroterra e all’intreccio di cause che costringono sempre più persone e gruppi in difficoltà a migrare fuori dal proprio Paese.

La Nigeria e Benin City

Durante l’incontro approfondiamo la storia di questo grande Stato sin dal colonialismo, riflettendo anche sul fatto che i flussi, dal 2011/’12, sono raddoppiati, a causa anche delle violenze di Boko Haram che destano grande preoccupazione. Meta principale delle migliaia di migranti è il Nord-Europa dove ci sono intere comunità già insediate e dove possono ritrovare parenti ed amici. Sulla carta geografica della Nigeria abbiamo focalizzato la città di Benin City, a Nord del fiume Benin e a trecento km. dalla strada a Est di Lagos. Questa città ha attratto molti abitanti del Delta scappati da un mortale inquinamento e da zone di guerriglia, motivi gravissimi per i quali ha raggiunto un tasso enorme di urbanizzazione. Le case sono basse, le periferie molto disagiate e il livello di disoccupazione è elevatissimo. L’agricoltura resiste ancora, ma non riesce ad assorbire e sostenere i flussi continui di migrazione. Anche Lagos ha avuto uno sviluppo notevole, ma lì sono presenti altri migranti. È difficile avere un quadro completo della popolazione. In Nigeria, infatti, il sistema dell’anagrafe copre solo una piccola parte della popolazione. Si usa il concetto di ‘stima’ ma è un concetto labile e discutibile, che arreca non pochi problemi ai richiedenti asilo perché non possono essere identificati. Si parte con un nome e, all’arrivo, se ne ha un altro ma, se vogliamo produrre dei processi di accoglienza, dobbiamo partire da questo, da come possiamo fare per individuare queste persone in modo da facilitarne l’integrazione. Da Benin City emigra tantissima gente che poi arriva in Italia; ma perché questo luogo è così importante? Molti giovani arrivati sulle coste italiane dicono, spesso, di venire da lì ma, in realtà, parecchi di loro sono emigrati ancora da altri Paesi, o dalla Libia. Questa città è conosciuta, purtroppo, anche per la tratta delle ragazze nigeriane destinate alla prostituzione. Ci sono centinaia di giovani donne che sono state costrette a rimpatriare dopo aver vissuto anni di sfruttamento in Italia; senza soldi, e con il peso di una società che, per il loro passato, le punisce e le relega ai piani più bassi della scala sociale.
C’è però un grande lavorio da parte delle Ong e dell’Agenzia antitraffico nigeriana (Naptip) che sensibilizzano la popolazione per aiutare a reinserire le ex prostitute, appena libere dai trafficanti, da forze dell’ordine corrotte, spesso conniventi con le loro famiglie di origine.

Un’economia allo sbando

La Nigeria è sempre stato un Paese di immigrazione per molti africani ma, dopo Gheddafi, i mercenari in cerca di nuovi ingaggi, si sono innestati nella la popolazione causando numerosi conflitti. Molte persone sono ritornate nei loro Paesi per poi riemigrare. In tutta la Nigeria la rete del welfare e dei servizi civili è molto debole; il prelievo che si ottiene dalle compagnie petrolifere presenti nel territorio non è sufficiente a coprire le spese della la società nigeriana che quindi è paralizzata, perché non riesce a portare avanti riforme e modernizzazione. La conseguenza è che rimangono sacche di miseria e povertà che la indeboliscono sempre di più, pur essendo una terra molto ricca.
Sono presenti, nel territorio, anche piccole industrie ma, agli abitanti, per salvarsi da questa situazione, non resta che emigrare per cui, i flussi col tempo potrebbero aumentare ancora di più. Rimane però sconosciuta la realtà di moltissimi emigrati. Cosa è accaduto in questi ultimi quattro/cinque anni? Forse una parte di loro è rimasta irregolare e un’altra parte invece è riemigrata verso i Paesi anglofoni ma, per chi studia questa realtà, i dati sono sempre volatili; soprattutto, non è detto che quelli che mancano alla ‘conta’ siano ‘cattivi’ o vengano per farci del male. Ci vuole buon senso. Magari hanno trovato, o ritrovato, amici che li hanno ospitati, oppure sono ritornati nel loro Paese.

Il difficile percorso dell’integrazione in Italia

In Italia non esistono percorsi che facilitano l’integrazione ma, stare vicino a ragazzi che sono riusciti ad aprire da noi piccole attività, è importante per non farli sentire soli. Chi opera in questo settore dice che ci vuole una pazienza infinita, ma racconta anche della forza che ha in sé questo grande movimento umano che, oltre ad essere soggettivo, è fortemente collettivo, anche se lo spaesamento di chi arriva impegna molto tempo per essere superato. Bisogna aprire allora lo sguardo e ritrovare la storia dell’immigrazione in Italia, iniziata negli anni Settanta, per comprendere quella di oggi, molto più complessa. Molti migranti vogliono stare qui per avere il passaporto, per poi ripartire per il mondo insieme ad altre persone, tra le quali troviamo anche molti italiani in cerca di lavoro. Durante l’incontro alla Fondazione Basso sono stati riportati gli ultimi dati dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil che documentano il fatto che l’Inps individua solo il 20/25 % di una parte di lavoratori, chiamati ’fragili’ perché, pur lavorando, non riescono a raggiungere il numero preciso di giornate o settimane che li farebbe accedere alla disoccupazione. Tra loro ci sono moltissimi stranieri, considerati precari molto vulnerabili. Nei campi poi si conta ancora la presenza media di due/tremila persone (a Rosarno, in Basilicata, a Foggia, a Mantova, Forlì, Cesena, Ravenna/Alfonsine). Mettendo insieme tutte queste realtà, alla fine si calcolano centomila persone, si pensa, irregolari, che – con quelle individuate dall’Inps arrivano a centottantamila – e che lavorano in condizioni difficilissime e, molto spesso, disumane.

Il Mali, il Niger e il Ciad

Tra studi, racconti e testimonianze si passa, poi, dalla Nigeria al Mali, Niger, Ciad, affrontando il problema dei cambiamenti climatici, delle diminuzioni delle piogge e delle desertificazioni in atto. Riprendendo le principali rotte, si scopre che, l’ottantacinque per cento delle migrazioni sono intro-africane e le mete sono il Nord-Africa e, l’area del Sahel, come transito.
La fascia del Sahel dell’Africa sub-sahariana – il cui nome tradotto vuol dire “Bordo del deserto”- è estesa e comprende molti Stati, tra cui il Niger. Alle porte del Sahara c’è sempre stata un’attività commerciale e un’economia che affonda le radici nei secoli. Le rotte dei migranti però, sono le stesse della cocaina e questo crea un forte impatto nella popolazione. Queste strade infatti sono utilizzate anche dai vari gruppi legati ad Al-Qaeda e dalle bande di guerriglieri locali.
Il Niger ha assunto il controllo del territorio; sono presenti basi militari che appoggiano la Francia e le sue iniziative di controterrorismo e controllo del traffico dei migranti, esteso lungo cinque Paesi. Il Ciad, incastonato tra sei Stati e senza sbocco sul mare, è un’ex colonia francese. Il clima, nel Sud, è simile a quello di una foresta equatoriale, mentre il territorio del Nord è fortemente interessato da un processo di desertificazione anche se rimane sempre molto importante per l’esportazione del bestiame. Quindi il Paese è diviso in due: il Nord, poco popolato, con la presenza di popolazioni Tuareg e arabe e, il Sud più popolato. Il Centro-Sud ormai da anni è attraversato da un grave carenza alimentare, come attesta anche Medici senza frontiere.

Povertà, desertificazione e violazione dei diritti umani

Il Ciad, come già detto, in passato è stato amministrato dai francesi che hanno avuto poco interesse per questo Paese, ma che hanno sfruttato per la coltivazione del cotone, e per prelevare mano d’opera da schiavizzare e utilizzare in altri territori. Pochissime le infrastrutture costruite nel Paese,  l’amministrazione si occupò
attivamente solo del Sud. Si sa ancora che questo Paese detiene il tremendo record per i crimini contro l’umanità, e per l’estesa corruzione. Il Nord e il Sud, poi, sono in conflitto tra loro e, da anni, c’è in atto un processo di militarizzazione. Chi ha avuto il coraggio di arrivarci per girare un film e scattare foto, racconta che ha ottenuto l’autorizzazione per farlo in brevissimo tempo, appena ventiquattro ore, dopo aver consegnato una piccola somma alla persona giusta. La politica ha funzionato un po’ da supporto per lo sviluppo dei campi petroliferi ancora a Sud, e che rendono il Paese, già pieno di risorse naturali, sempre più ricco. Preoccupa molto inoltre il fatto che il grande lago del Ciad, una volta profondissimo, si sia quasi del tutto prosciugato a partire dagli anni Sessanta: un motivo in più per riflettere sulla desertificazione, dal momento che nel Paese non lo fa più quasi nessuno. Nel Ciad è in corso una crisi umanitaria senza precedenti; una realtà grave che delinea sempre di più i veri motivi che portano a migrazioni infinite.

1-continua