Oppresse da una società patriarcale e parte di una minoranza, le palestinesi subiscono ogni sorta di discriminazione, racconta Khulud Khamis, autrice di Frammenti di Haifa. Una storia che parla di un Paese dalle mille identità unito nella lotta contro l’occupazione di Israele

Quanti volti ha una donna, quanti ne ha una città? Da quanti angoli è possibile guardarle e quanti di questi si contraddicono a vicenda, si negano al punto da saper convivere? Innumerevoli, come i frammenti di una storia. Quella palestinese è un mosaico apparentemente indistricabile, ma allo stesso tempo cristallino: una lotta di liberazione nazionale, ma fatta di individui con aspirazioni diverse, storie, sogni diversi.

Khulud Khamis, giovane scrittrice palestinese, ha provato a farli rientrare tutti in un romanzo. A fine luglio è volata a Roma, ospite della libreria delle donne Tuba al Pigneto, nelle stesse ore in cui, a Trastevere, altre donne – quelle della Casa internazionale – ricevevano dal Comune la notifica di revoca della convenzione.

Abbiamo raggiunto Khulud per parlare del suo libro, Frammenti di Haifa, edito in Italia da Fila37. Una storia composta appunto di tanti frammenti di una storia collettiva, quella palestinese, e di tante vite individuali che non narrano la natura di un singolo, ma quella di un intero popolo. Il tutto tenuto insieme da Maisoon, giovane palestinese cristiana e cittadina israeliana (tre “identità” in una da gestire), e dal suo appartamento ad Haifa, dove vive sola e dove coltiva la passione per l’arte.

Tra le pagine scorrono i tanti temi che fanno della questione palestinese una questione unica, ma anche universale: la necessità di mantenere un’identità politica e culturale, l’occupazione militare israeliana, la disillusione, l’amore, il rapporto con i genitori, l’indipendenza della donna. Centrale è la figura femminile, impegnata in una doppia resistenza e che l’autrice dipana attraverso le donne del romanzo.

Frammenti di Haifa è un un mosaico: ogni tassello – la relazione tra un musulmano e una cristiana, l’amore omosessuale, il rapporto con il padre, l’occupazione israeliana – è parte di un quadro più ampio. Chi è Maisoon e come la sua vita, fatta di tanti frammenti, è simile alle vite di ogni altro palestinese?

Come scrittrice, non è compito mio definire l’identità dei personaggi che creo. Sono i lettori che portano la loro esperienza di vita nel processo di lettura. Spero che possano avvicinarsi a Maisoon su piani diversi e attraverso diversi elementi della sua identità. Le persone sono esseri complessi: siamo fatti di tanti pezzi di identità e io mi sono battuta per rendere i miei personaggi il più reali possibile. Sicuramente l’identità di Maisoon…

L’intervista di Chiara Cruciati a Kulud Khamis prosegue su Left in edicola dal 31 agosto 2018


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