«Nonostante gli sforzi profusi da tutte le componenti del sistema, alla luce delle evidenze emerse in questo primo periodo di applicazione del decreto legge n.14/2017, la gestione del tema dell’occupazione arbitraria degli immobili non ha compiuto significativi passi avanti, se non rispetto alle misure di natura preventiva rivolte a evitare nuove occupazioni. (…) Tale risultato deve indurre a tenere sempre alto il livello di attenzione e a promuovere ogni utile iniziativa, anche sul piano info-investigativo, che consente di prevenire possibili invasioni di edifici o di altri immobili». Stando a questo, cioè a quanto si legge nella seconda pagina dell’ultima fatica (in materia di sgomberi) del ministero dell’Interno, la circolare numero 11.001, recante a oggetto "Occupazione arbitraria di immobili. Indirizzi" e diffusa il primo settembre scorso, la prevenzione volta a scoraggiare ogni forma di “indebita intrusione” negli edifici avrebbe funzionato. Quello che resta da fare, dunque, e con la «massima tempestività» è fornire «precisazioni ai fini dell’esecuzione degli sgomberi» delle occupazioni antecedenti. Per contravvenire alle «procedure sovente farraginose, non compatibili con l’esigenza di impedire il perpetuarsi» del fenomeno e per intervenire a ripristinare la sicurezza e la legalità indispensabili per l’ordine pubblico. Al prefetto, l’onere di individuare una scala di priorità che tenga conto della tutela delle famiglie in situazioni di disagio economico e sociale. Detta (letta) così sembrerebbe un accorgimento meritevole se non fosse che per stilarla si rende necessaria «l’acquisizione di notizie riguardanti le persone presenti all’interno dello stabile». E l’unica soluzione percorribile è «ogni possibile censimento degli occupanti, verificandone la situazione reddituale e la condizione di regolarità di accesso e permanenza sul territorio nazionale, che deve essere condotto anche in forma speditiva, sotto la regìa dei Servizi sociali dei Comuni». I quali esprimono sconcerto e perplessità (anche per il merito e il metodo con cui è stata resa nota la circolare): «La più evidente fra tutte le criticità - sostiene il presidente del Consiglio nazionale degli assistenti sociali, Gian Mario Gazzi - è quella che, di fatto, assegna ai Servizi sociali dei Comuni e quindi alla figura professionale dell’assistente sociale, un ruolo che molto si avvicina a quello dell’agente di pubblica sicurezza, elemento, questo, del tutto incompatibile con i principi della professione disegnati dalla legge che la regola oltre che dal discendente codice deontologico». Fermo restando che «non si comprende - prosegue - quali siano le risorse messe a disposizione delle comunità locali per rispondere alle esigenze delle persone vulnerabili e dei minorenni coinvolti in queste situazioni». In effetti, nella circolare si fa riferimento all’attivazione di «specifici interventi (…) o all’assunzione di forme più generali di assistenza» e, nella fase successiva allo sgombero a «complessive strategie di intervento condivise con le Regioni» per sostenere percorsi di inclusione sociale. Ma se le premesse per la presa in carico dei soggetti fragili sono che: il diritto di proprietà «precede limitatamente ed esclusivamente a fronte di quelle situazioni che possono pregiudicare l’esercizio da parte degli occupanti degli impellenti e irrinunciabili bisogni primari per la loro esistenza», e la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica hanno un profilo di rilievo determinante tale da rinviare alla fase successiva (agli sgomberi) ogni valutazione in merito alla tutela delle altre istanze, va da sé che l’epilogo a cui portano le suddette indicazioni non possa che essere di stampo meramente securitario. «Ribadiamo, infine, che la soluzione del problema - che va contemplato, da un lato, con il dovere di pensare interventi pubblici a favore dei soggetti più fragili e in condizioni di disagio e, dall’altro, con il rispetto del principio del diritto di proprietà - non può passare tramite la sola e mera stesura di una circolare che, a nostro avviso, sposta solo il problema. Non si affronterà nulla senza un piano credibile e forme di sviluppo di politiche abitative e di contrasto dell’esclusione sociale dei soggetti fragili», chiosa Gazzi. E nemmeno con riferimenti che non sono puramente casuali.

«Nonostante gli sforzi profusi da tutte le componenti del sistema, alla luce delle evidenze emerse in questo primo periodo di applicazione del decreto legge n.14/2017, la gestione del tema dell’occupazione arbitraria degli immobili non ha compiuto significativi passi avanti, se non rispetto alle misure di natura preventiva rivolte a evitare nuove occupazioni. (…) Tale risultato deve indurre a tenere sempre alto il livello di attenzione e a promuovere ogni utile iniziativa, anche sul piano info-investigativo, che consente di prevenire possibili invasioni di edifici o di altri immobili». Stando a questo, cioè a quanto si legge nella seconda pagina dell’ultima fatica (in materia di sgomberi) del ministero dell’Interno, la circolare numero 11.001, recante a oggetto “Occupazione arbitraria di immobili. Indirizzi” e diffusa il primo settembre scorso, la prevenzione volta a scoraggiare ogni forma di “indebita intrusione” negli edifici avrebbe funzionato. Quello che resta da fare, dunque, e con la «massima tempestività» è fornire «precisazioni ai fini dell’esecuzione degli sgomberi» delle occupazioni antecedenti. Per contravvenire alle «procedure sovente farraginose, non compatibili con l’esigenza di impedire il perpetuarsi» del fenomeno e per intervenire a ripristinare la sicurezza e la legalità indispensabili per l’ordine pubblico.

Al prefetto, l’onere di individuare una scala di priorità che tenga conto della tutela delle famiglie in situazioni di disagio economico e sociale. Detta (letta) così sembrerebbe un accorgimento meritevole se non fosse che per stilarla si rende necessaria «l’acquisizione di notizie riguardanti le persone presenti all’interno dello stabile». E l’unica soluzione percorribile è «ogni possibile censimento degli occupanti, verificandone la situazione reddituale e la condizione di regolarità di accesso e permanenza sul territorio nazionale, che deve essere condotto anche in forma speditiva, sotto la regìa dei Servizi sociali dei Comuni».

I quali esprimono sconcerto e perplessità (anche per il merito e il metodo con cui è stata resa nota la circolare): «La più evidente fra tutte le criticità – sostiene il presidente del Consiglio nazionale degli assistenti sociali, Gian Mario Gazzi – è quella che, di fatto, assegna ai Servizi sociali dei Comuni e quindi alla figura professionale dell’assistente sociale, un ruolo che molto si avvicina a quello dell’agente di pubblica sicurezza, elemento, questo, del tutto incompatibile con i principi della professione disegnati dalla legge che la regola oltre che dal discendente codice deontologico».

Fermo restando che «non si comprende – prosegue – quali siano le risorse messe a disposizione delle comunità locali per rispondere alle esigenze delle persone vulnerabili e dei minorenni coinvolti in queste situazioni». In effetti, nella circolare si fa riferimento all’attivazione di «specifici interventi (…) o all’assunzione di forme più generali di assistenza» e, nella fase successiva allo sgombero a «complessive strategie di intervento condivise con le Regioni» per sostenere percorsi di inclusione sociale.

Ma se le premesse per la presa in carico dei soggetti fragili sono che: il diritto di proprietà «precede limitatamente ed esclusivamente a fronte di quelle situazioni che possono pregiudicare l’esercizio da parte degli occupanti degli impellenti e irrinunciabili bisogni primari per la loro esistenza», e la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica hanno un profilo di rilievo determinante tale da rinviare alla fase successiva (agli sgomberi) ogni valutazione in merito alla tutela delle altre istanze, va da sé che l’epilogo a cui portano le suddette indicazioni non possa che essere di stampo meramente securitario.

«Ribadiamo, infine, che la soluzione del problema – che va contemplato, da un lato, con il dovere di pensare interventi pubblici a favore dei soggetti più fragili e in condizioni di disagio e, dall’altro, con il rispetto del principio del diritto di proprietà – non può passare tramite la sola e mera stesura di una circolare che, a nostro avviso, sposta solo il problema. Non si affronterà nulla senza un piano credibile e forme di sviluppo di politiche abitative e di contrasto dell’esclusione sociale dei soggetti fragili», chiosa Gazzi. E nemmeno con riferimenti che non sono puramente casuali.