«Il retweet di qualcuno, che magari non sai neanche chi è, non è significativo di un’adesione incondizionata di quello che c’è scritto nel tweet. Ma solo che quel tweet ti è sembrato interessante».
Lo ha detto ieri il futuro presidente della Rai Marcello Foa rispondendo in audizione in Commissione Vigilanza a chi gli chiedeva di un suo retweet contro il Presidente della Repubblica riproposto direttamente dal profilo di Simone Di Stefano, leader di CasaPound.
È una frase breve ma significativa perché davvero Foa è l’ennesimo modello di quelli che sono come noi che vanno così forte sul mercato del consenso, della propaganda e della politica. La giornata sociale (che avvenga sui social, leggendo notizie in internet, cambiando stazione radio in auto o commentando ad alta voce il telegiornale della sera) è un incessante zapping alla ricerca di conferme di ciò che pensiamo. Sempre quello. Solo quello. La credibilità, l’autorevolezza o peggio ancora lo studio sono solo beghe da radical chic, sono freni alla frenesia del fare, roba da allontanare con disgusto.
Così accade che tutto si divida in due macro tifoserie: chi è d’accordo con me e chi discorda da me. Chi è d’accordo con me è un genio, gli altri sono tutti venduti o coglioni. E se il più putrido assassino o il più feroce mafioso o il peggiore corruttore dicono una frase, una frase sola, che fortifica la mia tesi allora io la capitalizzo e la diffondo. Gli altri non esistono come entità con una loro storia e con un loro profilo: gli altri mi servono solo se (e quando) sono utili a mostrare che ho ragione io.
Se il leader di CasaPound attacca Mattarella, il presidente della Rai Foa (del governo che aveva promesso di dare alla Rai una presidenza al di sopra di ogni sospetto di appartenenza politica) trova utile retwittarlo per una «scelta impulsiva» (ha detto così). Se poi gliene chiedono conto lui ci spiega che magari lui non sa nemmeno chi è, quello lì che ha piazzato sul suo profilo social. Il presidente della Rai.
Ma non vorrei correre lo stesso rischio e invischiarmi nello stesso pregiudizio. In Rai del resto abbiamo avuto pessimi dirigenti e sempre tanta politica, nulla di nuovo. A Foa (e ai suoi sostenitori, di governo e non) chiedo, poiché è al di sopra di ogni sospetto di scendere un secondo qui sotto a spiegarci (lui che sull’informazione asservita al potere ha scritto spesso) cosa abbia fatto cambiare idea a Silvio Berlusconi che ora appoggia la sua nomina. Se c’è stato uno scambio, un’illuminazione, una qualche promessa. Sarebbe un inizio di trasparenza con il botto. No?
Buon giovedì.