«Non vi sono le condizioni per proseguire l’impegno politico diretto del nostro partito in quello che si ostinano a chiamare Potere al popolo». «Non abbiamo quindi alcun bisogno di un Congresso in cui tentare sintesi impossibili fra posizioni che l’esperienza degli ultimi mesi ha evidenziato come troppo divergenti».
La prima frase è uno stralcio del documento approvato dal Cpn di Rifondazione comunista, quella successiva è stata prelevata dal documento licenziato dall’assemblea nazionale di Sinistra Italiana.
Lo scorso fine settimana, dunque, ha registrato ufficialmente la fine delle due coalizioni con cui la sinistra radicale era andata alle politiche di marzo. PaP e LeU non ci sono più o, comunque, non sono più la stessa cosa. Che succederà? Ci sono due opzioni. La prima: la querelle fra gli ex partner di PaP potrebbe essere destinata a proseguire. La seconda: non più in competizione per la direzione di quello che è diventato PaP, ormai uno dei diversi soggetti in campo – per le varie anime della sinistra alternativa potrebbe aprirsi, invece, una nuova fase con margini di manovra non solo nella costruzione del conflitto contro il governo ma anche nei territori che per primi sperimentano l’inconsistenza dell’interlocuzione con il M5S sulle grandi opere: dalla Puglia del Tap, al Piemonte del Tav, dalla Sicilia del Muos alla Liguria straziata dal crollo di Ponte Morandi, frutto avvelenato della stagione delle privatizzazioni. Un primo importante passaggio quello del 10 novembre quando scenderà in piazza a Roma l’ampio settore sociale che da mesi dà segnali di irrequietezza e di attivismo di fronte alle politiche autoritarie, razziste e socialmente inique del governo giallo-verde, dove verde sta per il colore della Lega non certo quello dell’ambientalismo politico del tutto marginale nella parte sud dell’Europa. I segnali sono nelle mobilitazioni antirazziste di queste settimane contro il decreto Salvini su sicurezza e immigrazione, contro la circolare sugli sgomberi dello stesso vicepremier e anche in processi spontanei come quello in solidarietà con la famiglia Cucchi e contro gli abusi in divisa.
«Le condizioni ci sono», spiega a Left Maurizio Acerbo, segretario del Prc, pensando soprattutto a quel coinvolgimento diretto di Luigi De Magistris nella costruzione di una lista popolare e antiliberista con tutte le forze alternative sia al governo italiano sia alla Commissione europea. D’altra parte l’esperienza napoletana è stata capace di governare senza il Pd ed è un riferimento che anche l’assemblea nazionale di PaP, a fine maggio proprio a Napoli, aveva raccolto. Da parte sua, il sindaco partenopeo sta proseguendo gli incontri con i suoi interlocutori e potrebbe sciogliere la riserva già i primi giorni della prossima settimana dopo un passaggio nell’assemblea degli iscritti di DemA.
Sia il Prc quanto Sinistra Italiana, erede a sua volta della scissione del 2008 da Rifondazione, si ritrovano dunque su una posizione comune – né con il governo, né col partito dello spread, di fronte allo scontro fra Palazzo Chigi e Commissione Europea – anche sulla necessità, «in Italia e in Europa di costruire un terzo spazio, alternativo alla coppia dell’austerità PPE-PSE e alle destre nazionaliste, in cui possano confluire tutte le forze di sinistra, civiche, ambientaliste che vogliano battersi per un mondo più giusto e solidale – si legge nel documento approvato dal “parlamentino” di Sinistra Italiana – crediamo che questo processo possa trovare un primo momento di confronto politico nelle prossime elezioni europee e che si debba quindi da subito lavorare per renderlo possibile, aprendo un’interlocuzione con chi, come il sindaco De Magistris, ha avanzato pubblicamente una proposta simile». «Pensiamo che la collocazione naturale di questa coalizione – si legge ancora – sia quella delle sinistre europee e del Gue (mentre Mdp resterebbe ancorato alla casa madre del Pse), ovvero il gruppo che, pur fra mille contraddizioni, si è battuto in questi anni con coerenza contro l’austerità e il neoliberismo».
«Non vi sono solo occasioni di conflitto diffuse – dice anche il documento votato dal Cpn di Rifondazione – esiste l’emergere di movimenti anche nuovi con cui dialogare (si pensi alle iniziative e mobilitazioni messe in atto dagli studenti e dalle donne). Esistono non solo organizzazioni politiche ma anche e soprattutto reti, associazioni, movimenti, organizzazioni di massa come l’Anpi, l’Arci e la Cgil, la pluralità dei sindacati di base. Vi sono una pluralità di luoghi e di soggettività con cui bisogna sviluppare interlocuzione, rapporto, confronto, e verificare possibilità di mobilitazioni e iniziative».
Da parte sua, Sinistra italiana punta a coagulare altri pezzi di LeU recalcitranti all’idea di un ennesima riedizione del centrosinistra, l’area del presidente Grasso, alcune assemblee locali e nomi come quello di Francesco Laforgia. Rifondazione, con un’assemblea nazionale all’indomani del corteo del 10 novembre, proverà a materializzare alcune energie politiche sulla linea del progetto originario di PaP «per rilanciare un percorso di confronto e attivazione di chi non ha condiviso la deriva di Potere al Popolo».
L’orizzonte è quello «di costruire uno schieramento della sinistra popolare, civica, di classe, antiliberista, anticapitalista, ambientalista, femminista, civica, autonomo e alternativo rispetto al Pd responsabile, con le sue politiche, dell’avanzamento delle destre nel nostro paese. In questo schieramento e in questa lista unitaria pensiamo che possano e debbano ritrovarsi formazioni politiche come Potere al popolo, DemA, Diem, L’Altra Europa, le “Città in comune”, Pci, Sinistra Anticapitalista, e tutte le soggettività politiche, sociali, culturali e sindacali che sentono l’urgenza di costruire un’alternativa al governo Lega-M5S e agli altri poli esistenti e ad una prospettiva comune sul piano europeo ed anche nazionale», si legge nelle carte approvate dal Cpn che giudicano «positive le posizioni assunte da Sinistra Italiana sulla collocazione nel Gue e nella Sinistra Europea».