Lo Stato italiano deve recuperare l'Ici non pagata dalla Chiesa e dal no profit: è quanto hanno stabilito i giudici della Corte di giustizia dell'Unione europea, annullando la decisione della Commissione del 2012 e la sentenza del Tribunale Ue del 2016 che avevano sancito "l'impossibilità di recupero dell'aiuto a causa di difficoltà organizzative" nei confronti degli enti non commerciali, come scuole, cliniche e alberghi. I giudici hanno ritenuto che tali circostanze costituiscano mere «difficoltà interne all'Italia». Respinto invece ricorso sull'Imu. Il ricorso accolto dalla Corte di giustizia, si legge sull'Ansa, è stato promosso dalla scuola elementare Montessori di Roma contro la sentenza del Tribunale Ue del 15 settembre 2016 che in primo grado aveva ritenuto legittima la decisione di non recupero della Commissione europea nei confronti di tutti gli enti non commerciali, sia religiosi sia no profit, di una cifra che, secondo stime dell'Anci, si aggira intorno ai 4-5 miliardi. La Commissione, prosegue la nota, aveva infatti riconosciuto all'Italia l'«assoluta impossibilità» di recuperare le tasse non versate nel periodo 2006-2011 dato che sarebbe stato «oggettivamente» impossibile sulla base dei dati catastali e delle banche fiscali, calcolare retroattivamente il tipo d'attività (economica o non economica) svolta negli immobili di proprietà degli enti non commerciali, e calcolare l'importo da recuperare. Il primo ricorso contro l'esenzione Ici fu presentato nel 2006 da Maurizio Turco, ex deputato europeo e oggi coordinatore della presidenza del Partito Radicale insieme al fiscalista Carlo Pontesilli. «Non abbiamo nulla contro la Chiesa e questa non è una battaglia ideologica» spiega Pontesilli. «Il nostro interesse è quello della collettività, della parità di trattamento per tutti: tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, anche quella tributaria». Considerando che la sentenza Corte Ue ha implicitamente cancellato la prescrizione relativa agli anni del ricorso (2006-2011), in ballo secondo il fiscalista ci sono circa 14 miliardi di euro. Cioè le somme dovute dal 1992 in poi, anno dell'istituzione dell'Ici. La Montessori, sostenuta dai Radicali, nell'aprile 2013 fece ricorso contro la Commissione, ma nel 2016 il Tribunale Ue confermò appunto l'impossibilità di recuperare quanto dovuto. La Corte di giustizia, pronunciatasi in Grande Chambre, ha invece annullato sia la decisione della Commissione europea che la sentenza del Tribunale Ue, spiegando che tali circostanze costituiscono mere «difficoltà interne» all'Italia, «esclusivamente ad essa imputabili», non idonee a giustificare l'emanazione di una decisione di non recupero. La Commissione europea, si legge nella sentenza, «avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio l'esistenza di modalità alternative volte a consentire il recupero, anche soltanto parziale, delle somme». Inoltre, ha ricordato che i ricorrenti erano situati «in prossimità immediata di enti ecclesiastici o religiosi che esercitavano attività analoghe» e dunque l'esenzione Ici li poneva «in una situazione concorrenziale sfavorevole (..) e falsata». La Corte di giustizia ha ritenuto invece legittime le esenzioni dall'Imu, l'imposta succeduta all'Ici, introdotte dal governo Monti, anch'esse oggetto di contestazione da parte dei ricorrenti.

Lo Stato italiano deve recuperare l’Ici non pagata dalla Chiesa e dal no profit: è quanto hanno stabilito i giudici della Corte di giustizia dell’Unione europea, annullando la decisione della Commissione del 2012 e la sentenza del Tribunale Ue del 2016 che avevano sancito “l’impossibilità di recupero dell’aiuto a causa di difficoltà organizzative” nei confronti degli enti non commerciali, come scuole, cliniche e alberghi. I giudici hanno ritenuto che tali circostanze costituiscano mere «difficoltà interne all’Italia». Respinto invece ricorso sull’Imu.

Il ricorso accolto dalla Corte di giustizia, si legge sull’Ansa, è stato promosso dalla scuola elementare Montessori di Roma contro la sentenza del Tribunale Ue del 15 settembre 2016 che in primo grado aveva ritenuto legittima la decisione di non recupero della Commissione europea nei confronti di tutti gli enti non commerciali, sia religiosi sia no profit, di una cifra che, secondo stime dell’Anci, si aggira intorno ai 4-5 miliardi. La Commissione, prosegue la nota, aveva infatti riconosciuto all’Italia l’«assoluta impossibilità» di recuperare le tasse non versate nel periodo 2006-2011 dato che sarebbe stato «oggettivamente» impossibile sulla base dei dati catastali e delle banche fiscali, calcolare retroattivamente il tipo d’attività (economica o non economica) svolta negli immobili di proprietà degli enti non commerciali, e calcolare l’importo da recuperare.

Il primo ricorso contro l’esenzione Ici fu presentato nel 2006 da Maurizio Turco, ex deputato europeo e oggi coordinatore della presidenza del Partito Radicale insieme al fiscalista Carlo Pontesilli. «Non abbiamo nulla contro la Chiesa e questa non è una battaglia ideologica» spiega Pontesilli. «Il nostro interesse è quello della collettività, della parità di trattamento per tutti: tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, anche quella tributaria». Considerando che la sentenza Corte Ue ha implicitamente cancellato la prescrizione relativa agli anni del ricorso (2006-2011), in ballo secondo il fiscalista ci sono circa 14 miliardi di euro. Cioè le somme dovute dal 1992 in poi, anno dell’istituzione dell’Ici.

La Montessori, sostenuta dai Radicali, nell’aprile 2013 fece ricorso contro la Commissione, ma nel 2016 il Tribunale Ue confermò appunto l’impossibilità di recuperare quanto dovuto. La Corte di giustizia, pronunciatasi in Grande Chambre, ha invece annullato sia la decisione della Commissione europea che la sentenza del Tribunale Ue, spiegando che tali circostanze costituiscono mere «difficoltà interne» all’Italia, «esclusivamente ad essa imputabili», non idonee a giustificare l’emanazione di una decisione di non recupero. La Commissione europea, si legge nella sentenza, «avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio l’esistenza di modalità alternative volte a consentire il recupero, anche soltanto parziale, delle somme». Inoltre, ha ricordato che i ricorrenti erano situati «in prossimità immediata di enti ecclesiastici o religiosi che esercitavano attività analoghe» e dunque l’esenzione Ici li poneva «in una situazione concorrenziale sfavorevole (..) e falsata». La Corte di giustizia ha ritenuto invece legittime le esenzioni dall’Imu, l’imposta succeduta all’Ici, introdotte dal governo Monti, anch’esse oggetto di contestazione da parte dei ricorrenti.