«La questura non dà i numeri», mi spiegano gentilmente all’ufficio stampa della questura di Roma. I numeri delle manifestazioni. Poi viene precisato: «Non c’è una regola precisa. Decide il questore». La “cifra della questura” è solo la stima che gli organizzatori devono fornire quando richiedono la piazza e, di solito, viene resa nota dalla polizia a ridosso dell’evento. La scientifica filma tutto e calcola le presenze ma l’analisi è quasi sempre a uso interno. Con poche eccezioni. Ad esempio nel 2010, quando Berlusconi pretendeva di aver portato un milione di persone a piazza S. Giovanni, o tre anni dopo, che Grillo diceva di avercene stipate 800mila, via Genova comunicò che c’erano, rispettivamente, 150mila persone e 100mila.
Il metodo più utilizzato è quello di stimare quattro persone per metro quadro che si dimezzano in inverno quando l’abbigliamento è più ingombrante, e S.Giovanni è ampia “solo” 42mila mq e può contenere – strizzate – tra le 120 e le 150mila persone, più altre 50mila nelle strade adiacenti in caso di adunate davvero oceaniche. La guerra dei numeri, tuttavia, riguarda tutti: anche Pd e Cgil – come si dice a Roma – ci hanno “giobbato”, spacciando milioni immaginari di manifestanti al Circo Massimo, e continueranno a farlo. I numeri li dà chi la racconta e certe volte è un messaggio cifrato. Proprio come la cosiddetta marcia dei 40mila di Torino, nel 1980 come trentotto anni dopo. Non erano 40mila né allora (12mila) né sabato scorso, quando in parallelo con la marcia antirazzista a Roma, in Piazza Castello, sono arrivate bandiere olimpiche, dell’Ue ma anche britanniche (allusione alla Brexit) per la chiamata del comitato “Sì Torino va avanti”, sostenuto da costruttori, bottegai, sindacati confederali, industriali.
Secondo la questura (che stavolta si è espressa) la manifestazione…