Accade in Kuwait, un tempo oasi di libertà intellettuale. Al Festival internazionale della letteratura, 948 tra saggi e romanzi sono stati messi all’indice dallo Stato. In totale sono 4.390 i libri banditi. E i lettori si trasformano in attivisti con iniziative nelle piazze e sui social

In Kuwait non vogliono far sapere che il colonnello Aureliano Buendia ordì trentadue sollevazioni armate e le perse tutte. Né che di fronte al plotone di esecuzione la mente gli tornò al pomeriggio in cui il padre lo portò a conoscere il ghiaccio. Non vogliono nemmeno che si sappia quanti figli, con quasi altrettante donne, mise al mondo il dissoluto proprietario terriero Fedor Pavlovic e la fine che gli fece fare uno di loro. O del giorno in cui un campanaro gobbo fu eletto papa dei folli, proprio di fronte alla cattedrale di Notre Dame.
L’ultimo rogo virtuale di libri nel paese del Golfo non poteva avvenire in un contesto peggiore: le autorità kuwaitiane hanno bandito – attività affatto rara da qualche anno a questa parte – 948 libri dal Festival internazionale della letteratura, che si tiene dal 14 al 24 novembre. A renderlo noto è Saad al-Anzi, direttore del Festival, alla sua 43esima edizione: il ministero dell’Informazione ha messo al bando quasi mille libri, tra saggi e romanzi. Tra questi I fratelli Karamazov di Fedor Dostoevskij che va a far compagnia ai tanti scrittori, romanzieri e autori inseriti in questi anni nella speciale lista nera kuwaitiana: Gabriel Garcia Marquez, Victor Hugo, il primo premio Nobel arabo Naguib Mahfouz, George Orwell, l’egiziana Radwa Ashour. Ma anche testi medici sull’imene, La Sirenetta di Hans Christian Andersen, la Divina Commedia e Zorba il greco.
Per un totale, al momento, di 4.390 libri censurati dalla mannaia di Stato, tanto rude nei metodi quanto sistematica nell’obiettivo: non sia mai che la morale pubblica – è opinione del meticoloso censore – sia destabilizzata da pensieri non ortodossi. Non sia mai che i cittadini si pongano domande sull’esistenza di Dio o la struttura patriarcale della società (vedi, per l’appunto, il romanzo tra i più rappresentativi dell’opera di Dostoevskij) o sul controllo sociale totale paventato da 1984. O sul mondo utopico/distopico incarnato dalla pagana Macondo.
Ad operare sono…

L’articolo di Chiara Cruciati prosegue su Left in edicola dal 23 novembre 2018


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