Per Genova sarà «un anno da costruttori». Quella che per alcuni è una promessa - ma per molti altri suona come una minaccia - è annunciata da Giovanni Toti, governatore della Liguria per conto del centrodestra, in occasione della firma per il quinto lotto del Terzo Valico, la Tav tra Milano e la Superba, e dell'aggiudicazione dell'appalto per la ricostruzione del Ponte Morandi. Chi ricostruirà il ponte L'appalto di tutte le opere di costruzione del viadotto Polcevera è stato aggiudicato a Salini-Impregilo Spa, Fincantieri Spa e Italferr Spa «per un corrispettivo a corpo tutto compreso e nulla escluso, fisso e immutabile, pari ad euro 202 milioni di euro al netto dell'Iva». «Abbiamo chiesto all'architetto Renzo Piano di sovraintendere al progetto, per garantire l'aderenza all'idea originale e la qualità di realizzazione della stessa. L'architetto Piano ha accettato l'incarico in forma di donazione alla città di Genova», annuncia il sindaco e commissario straordinario a Genova dopo il crollo del Ponte Morandi. «Un'altra ottima notizia», secondo Bucci è la lettera dall'azienda Cimolai e dall'architetto Calatrava «che si sono messi a disposizione della struttura commissariale per aiutare nel caso ce ne fosse bisogno e hanno detto a noi che considerano un onore partecipare al progetto». In altre parole Cimolai, uno dei competitor in corsa per l'appalto, non avrebbe intenzione di opporsi al progetto che è stato scelto senza gara in base a un'interpretazione della direttiva Ue sugli appalti. Si conclude così l'iter avviato a metà di novembre con la conversione in legge del controverso Decreto Genova (L. 130/2018): è stato affidato l'appalto dei lavori per la ricostruzione del viadotto Polcevera sulla base delle specifiche tecniche approvate dal Commissario Marco Bucci il 15 novembre 2018 (Decreto numero 5). Le aziende si sono impegnate a rispettare un crono-programma, che prevede il completamento strutturale dell'opera entro la fine del 2019. «Non abbiamo fatto nessuna gara e nessun confronto, perché si sceglie senza far confronti - ha spiegato Bucci - nel decreto sono previste alcune valutazioni che abbiamo fatto: qualità, manutenzione, estetica, costi, tempi di realizzazione e facilità di realizzazione e rischi». A chi chiedeva se esista una differenza tra l'idea iniziale di ricostruzione dell'architetto Renzo Piano e quella contenuta nel progetto selezionato e ufficializzato oggi, Bucci ha risposto: «L'idea progettuale è la stessa, i dettagli del progetto saranno esaminati dalla parte tecnica e l'architetto Piano guiderà anche questo tipo di valutazioni». Rischio amianto nella demolizione Il decreto commissariale n.19 arriva all'indomani del via libera alla demolizione dei monconi della parte ovest del viadotto Morandi, il ponte crollato lo scorso 14 agosto inghiottendo la vita di 43 persone. Sarà una demolizione «controllata», con i periti della procura che valuteranno quali reperti custodire e quali invece smaltire. «Dieci giorni, due settimane per veder calare le prime parti - ha annunciato il sindaco e commissario straordinario Bucci - molto dipenderà dalla situazione meteo, saranno i direttori dei lavori a gestire tutto. Tutti stiamo collaborando per dare un ponte alla città e darglielo in fretta». La decisione è arrivata dopo l'udienza del 17 dicembre dell'incidente probatorio davanti al giudice per le indagini preliminari, a cui hanno partecipato i periti della procura e i consulenti dei 21 indagati e delle persone offese. Ma per Legambiente e Ona, Osservatorio nazionale amianto, «quindicimila tonnellate di puro veleno. Una montagna di asbesto nascosto nelle case da abbattere», potrebbero riversarsi sulla città ferita dal crollo. Si tratta di amianto friabile nelle coibentazioni delle tubazioni delle cantine, camini e serbatoi d’acqua rivestiti di eternit, come riscontrato dai tecnici ai quali è stata assegnata la procedura del piano di demolizione del ponte Morandi a Genova. Oppure nelle tubazioni dell’impianto di riscaldamento e delle guarnizioni centrali termiche, tutte coibentate con amianto friabile. Si tratta di edifici costruiti negli anni ’60 quando i materiali cementizi erano quasi sempre di eternit. «E' assolutamente necessario confinare gli abbattimenti, per evitare che la nube tossica invada la città. Le fibre di amianto causerebbero mesoteliomi e cancro al polmone ed altre patologie dell’amianto. Le macerie, confinate, vanno poi irrorare con liquidi aggregati per diminuire il rischio di aerodispersione delle fibre di amianto», spiega il presidente di Ona, Ezio Bonanni, un avvocato che dalla fine degli anni ’90 si occupa di tutela degli interessi delle vittime amianto. Il solito voltafaccia a cinque stelle «Il rischio amianto c'è soprattutto se verranno fatte saltare le case - spiega a Left Andrea Agostini, presidente del circolo Nuova Ecologia di Legambiente - non ne sappiamo granché perché non esiste trasparenza. E' necessario che le aree che saranno cantierate siano messe in opera in tutela delle abitazioni circostanti e senza le abituali deroghe a danno della salute e dei residenti come nel caso della strada a mare e degli attuali cantieri presenti in valle». Agostini era, domenica scorsa nella piccola folla che ha dato vita a un presidio No Tav proprio nel quartiere di Certosa, a poche decine di metri dalla zona rossa a contestare per l'ennesimo voltafaccia dei cinque stelle di governo su una questione ambientale cruciale come l'alta velocità e che ha registrato finora lo scontento esplicito dei grillini di Novi Ligure e il silenzio assordante di quelli genovesi. «Peccato che in campagna elettorale il Movimento 5 Stelle definisse l'opera inutile e dannosa per la salute dei cittadini - ricorda il comitato No Tav III Valico - oggi tutto questo non vale più. Poco importa la presenza di amianto, poco importa la corruzione e gli arresti dei vertici del Cociv, poco importano le infiltrazioni della criminalità organizzata, nessuna importanza viene data alla distruzione delle sorgenti e delle falde acquifere. Tutto questo oggi scompare nel nome dei posti di potere e di un Governo insieme alla Lega. La verità è che dopo Ilva, Tap e Muos, il Movimento 5 Stelle ha deciso di tradire un altro territorio. Ha deciso di pugnalare alla schiena migliaia di persone che avevano riposto in loro fiducia affinché questa grande opera inutile venisse fermata. Il Movimento 5 Stelle è uguale agli altri. E' parte del sistema che dicevano di voler combattere, è succube degli interessi di Salini Impregilo esattamente come lo era il Partito democratico». Intanto, la situazione in Val Polcevera è ancora assolutamente disastrosa sul piano della vivibilità della salute, della mobilità. I movimenti e i comitati continuano a chiedere che una parte significativa dei finanziamenti in arrivo a Genova siano utilizzati in Val Polcevera e per sostenere gli affittuari di via Porro ad oggi esclusi dai risarcimenti. Serve tutto: dai marcipiedi sicuri a un pronto soccorso di cui la valle è attualmente priva, dal monitoraggio delle polveri sottili e dello smog alle aree verdi. «Chiediamo la metropolitanizzazione della linea ferroviaria anche in ore notturne, il completamento del nodo ferroviario fermo da anni mentre la grancassa suona solo per il terzo valico e che invece potrebbe restituire centralità al trasporto pubblico che negli ultimi anni ha perso efficienza e alcuni milioni di passeggeri ora chiusi negli ingorghi o come sardine nel bus rimasti», conclude Agostini. Da parte sua Toti insiste: «Le grandi opere e le infrastrutture sono urgenti e necessarie per lo sviluppo non solo della Liguria. A questo punto è strategico che venga finanziato anche il sesto e ultimo lotto, sbloccato il progetto per il nodo ferroviario di Genova e che si proceda con la Gronda, in modo da dirigersi verso la definitiva rottura dell'isolamento della Liguria». La guerra delle perizie I problemi restano per i monconi della parte est, dove incombono le pile 10 e 11, rimaste in piedi da questa estate. Il piano della struttura commissariale prevede una demolizione con due tecniche: da un lato lo smontaggio dell'impalcato, dall'altro l'uso dell'esplosivo per gli stralli (i tiranti). Ma proprio quest'ultima tecnica ha visto l'opposizione dei consulenti di Autostrade che puntano a sostenere la tesi per cui il cedimento degli stralli non sarebbe stata «la causa primaria» del crollo. Le analisi effettuate dal laboratorio Empa di Zurigo sui reperti del ponte (su un totale di 3.248 fili sono stati osservati e classificati per classi di resistenza solo 2.383 fili) farebbero dire al coordinatore dei periti di Autostrade per l'Italia e ordinario al Politecnico di Torino, Giuseppe Mancini, che «gli esiti di Zurigo, ancorché provvisori e ad uno stadio intermedio evidenziano la piena tenuta statica del ponte: infatti, interpretando quanto riportato nella nota del laboratorio di Zurigo, con una corrosione media del 50% della totalità della sezione resistente dei fili ci sarebbe ancora un ampio margine di capacità resistente, tale da non poterne causare la rottura». Inoltre, prosegue, «sarebbero stati presenti fenomeni deformativi progressivi, visibili nel tempo da qualsiasi utente autostradale». Il capo dei periti di Aspi sottolinea anche la presenza delle guaine sui cavi. «Un rapporto di monitoraggio di Spea del 2016», la società controllata che si occupa di manutenzione e monitoraggio, «effettuato mediante carotaggi sugli stralli delle Pile 9 e 10, ha evidenziato la presenza delle guaine in tutte le prove diagnostiche effettuate. I reperti di Pila 9 sezionati dopo il crollo hanno dimostrato che la guaina era presente anche nei cavi primari (tranne che, come da progetto di costruzione, nella zona in corrispondenza dell'antenna). È comprovato dunque che le guaine ci fossero e svolgessero regolarmente la funzione di contenimento della matrice cementizia di avvolgimento dei singoli trefoli». La guerra delle perizie fa slittare così il deposito della super perizia dei tre esperti nominati dal giudice per le indagini preliminari Angela Nutini. Il documento doveva essere presentato il 5 dicembre ma i docenti universitari hanno chiesto una proroga. La prossima udienza è stata fissata per l'8 febbraio, data in cui forse verrà stabilito quando arriverà la perizia. I tempi lunghi hanno sollevato polemiche di alcuni parenti delle vittime, presenti in aula. «Ci sono le feste di Natale e i tempi quindi rallentano», ha detto l'avvocato Mario Fico, legale dei familiari di Gennaro Sarnataro, il camionista di 48 anni originario di Napoli morto per il crollo del viadotto Morandi. «Vergogna, fanno le vacanze di Natale mentre mio marito non c'è più. E poi lo sapevano che quella strada era pericolosa: infatti già la sera la chiudevano, dove erano i controlli?», ha detto Filomena Fico, moglie di Sarnataro. «Ora si deve analizzare tutto e si rinvia di nuovo. Cosa dobbiamo fare - ha detto - arrivare al prossimo 14 agosto?». Polemiche anche sui risarcimenti arrivati da Aspi a quasi la metà di parenti. «Quelli di Autostrade davanti ai media e al popolo italiano cercano di mostrarsi come persone che si assumono le loro responsabilità, ma quelle responsabilità dovevano prendersele prima del 14 agosto», ha detto Manuel Diaz, fratello di Henry Diaz, morto a 30 anni dopo essere precipitato dal ponte Morandi: «Hanno giocato con le vite delle persone, quello che è accaduto è stato un attentato» ha aggiunto.

Per Genova sarà «un anno da costruttori». Quella che per alcuni è una promessa – ma per molti altri suona come una minaccia – è annunciata da Giovanni Toti, governatore della Liguria per conto del centrodestra, in occasione della firma per il quinto lotto del Terzo Valico, la Tav tra Milano e la Superba, e dell’aggiudicazione dell’appalto per la ricostruzione del Ponte Morandi.

Chi ricostruirà il ponte L’appalto di tutte le opere di costruzione del viadotto Polcevera è stato aggiudicato a Salini-Impregilo Spa, Fincantieri Spa e Italferr Spa «per un corrispettivo a corpo tutto compreso e nulla escluso, fisso e immutabile, pari ad euro 202 milioni di euro al netto dell’Iva». «Abbiamo chiesto all’architetto Renzo Piano di sovraintendere al progetto, per garantire l’aderenza all’idea originale e la qualità di realizzazione della stessa. L’architetto Piano ha accettato l’incarico in forma di donazione alla città di Genova», annuncia il sindaco e commissario straordinario a Genova dopo il crollo del Ponte Morandi. «Un’altra ottima notizia», secondo Bucci è la lettera dall’azienda Cimolai e dall’architetto Calatrava «che si sono messi a disposizione della struttura commissariale per aiutare nel caso ce ne fosse bisogno e hanno detto a noi che considerano un onore partecipare al progetto». In altre parole Cimolai, uno dei competitor in corsa per l’appalto, non avrebbe intenzione di opporsi al progetto che è stato scelto senza gara in base a un’interpretazione della direttiva Ue sugli appalti. Si conclude così l’iter avviato a metà di novembre con la conversione in legge del controverso Decreto Genova (L. 130/2018): è stato affidato l’appalto dei lavori per la ricostruzione del viadotto Polcevera sulla base delle specifiche tecniche approvate dal Commissario Marco Bucci il 15 novembre 2018 (Decreto numero 5). Le aziende si sono impegnate a rispettare un crono-programma, che prevede il completamento strutturale dell’opera entro la fine del 2019. «Non abbiamo fatto nessuna gara e nessun confronto, perché si sceglie senza far confronti – ha spiegato Bucci – nel decreto sono previste alcune valutazioni che abbiamo fatto: qualità, manutenzione, estetica, costi, tempi di realizzazione e facilità di realizzazione e rischi». A chi chiedeva se esista una differenza tra l’idea iniziale di ricostruzione dell’architetto Renzo Piano e quella contenuta nel progetto selezionato e ufficializzato oggi, Bucci ha risposto: «L’idea progettuale è la stessa, i dettagli del progetto saranno esaminati dalla parte tecnica e l’architetto Piano guiderà anche questo tipo di valutazioni».

Rischio amianto nella demolizione Il decreto commissariale n.19 arriva all’indomani del via libera alla demolizione dei monconi della parte ovest del viadotto Morandi, il ponte crollato lo scorso 14 agosto inghiottendo la vita di 43 persone. Sarà una demolizione «controllata», con i periti della procura che valuteranno quali reperti custodire e quali invece smaltire. «Dieci giorni, due settimane per veder calare le prime parti – ha annunciato il sindaco e commissario straordinario Bucci – molto dipenderà dalla situazione meteo, saranno i direttori dei lavori a gestire tutto. Tutti stiamo collaborando per dare un ponte alla città e darglielo in fretta». La decisione è arrivata dopo l’udienza del 17 dicembre dell’incidente probatorio davanti al giudice per le indagini preliminari, a cui hanno partecipato i periti della procura e i consulenti dei 21 indagati e delle persone offese. Ma per Legambiente e Ona, Osservatorio nazionale amianto, «quindicimila tonnellate di puro veleno. Una montagna di asbesto nascosto nelle case da abbattere», potrebbero riversarsi sulla città ferita dal crollo. Si tratta di amianto friabile nelle coibentazioni delle tubazioni delle cantine, camini e serbatoi d’acqua rivestiti di eternit, come riscontrato dai tecnici ai quali è stata assegnata la procedura del piano di demolizione del ponte Morandi a Genova. Oppure nelle tubazioni dell’impianto di riscaldamento e delle guarnizioni centrali termiche, tutte coibentate con amianto friabile. Si tratta di edifici costruiti negli anni ’60 quando i materiali cementizi erano quasi sempre di eternit. «E’ assolutamente necessario confinare gli abbattimenti, per evitare che la nube tossica invada la città. Le fibre di amianto causerebbero mesoteliomi e cancro al polmone ed altre patologie dell’amianto. Le macerie, confinate, vanno poi irrorare con liquidi aggregati per diminuire il rischio di aerodispersione delle fibre di amianto», spiega il presidente di Ona, Ezio Bonanni, un avvocato che dalla fine degli anni ’90 si occupa di tutela degli interessi delle vittime amianto.

Il solito voltafaccia a cinque stelle «Il rischio amianto c’è soprattutto se verranno fatte saltare le case – spiega a Left Andrea Agostini, presidente del circolo Nuova Ecologia di Legambiente – non ne sappiamo granché perché non esiste trasparenza. E’ necessario che le aree che saranno cantierate siano messe in opera in tutela delle abitazioni circostanti e senza le abituali deroghe a danno della salute e dei residenti come nel caso della strada a mare e degli attuali cantieri presenti in valle». Agostini era, domenica scorsa nella piccola folla che ha dato vita a un presidio No Tav proprio nel quartiere di Certosa, a poche decine di metri dalla zona rossa a contestare per l’ennesimo voltafaccia dei cinque stelle di governo su una questione ambientale cruciale come l’alta velocità e che ha registrato finora lo scontento esplicito dei grillini di Novi Ligure e il silenzio assordante di quelli genovesi. «Peccato che in campagna elettorale il Movimento 5 Stelle definisse l’opera inutile e dannosa per la salute dei cittadini – ricorda il comitato No Tav III Valico – oggi tutto questo non vale più. Poco importa la presenza di amianto, poco importa la corruzione e gli arresti dei vertici del Cociv, poco importano le infiltrazioni della criminalità organizzata, nessuna importanza viene data alla distruzione delle sorgenti e delle falde acquifere. Tutto questo oggi scompare nel nome dei posti di potere e di un Governo insieme alla Lega. La verità è che dopo Ilva, Tap e Muos, il Movimento 5 Stelle ha deciso di tradire un altro territorio. Ha deciso di pugnalare alla schiena migliaia di persone che avevano riposto in loro fiducia affinché questa grande opera inutile venisse fermata. Il Movimento 5 Stelle è uguale agli altri. E’ parte del sistema che dicevano di voler combattere, è succube degli interessi di Salini Impregilo esattamente come lo era il Partito democratico».

Intanto, la situazione in Val Polcevera è ancora assolutamente disastrosa sul piano della vivibilità della salute, della mobilità. I movimenti e i comitati continuano a chiedere che una parte significativa dei finanziamenti in arrivo a Genova siano utilizzati in Val Polcevera e per sostenere gli affittuari di via Porro ad oggi esclusi dai risarcimenti. Serve tutto: dai marcipiedi sicuri a un pronto soccorso di cui la valle è attualmente priva, dal monitoraggio delle polveri sottili e dello smog alle aree verdi. «Chiediamo la metropolitanizzazione della linea ferroviaria anche in ore notturne, il completamento del nodo ferroviario fermo da anni mentre la grancassa suona solo per il terzo valico e che invece potrebbe restituire centralità al trasporto pubblico che negli ultimi anni ha perso efficienza e alcuni milioni di passeggeri ora chiusi negli ingorghi o come sardine nel bus rimasti», conclude Agostini.

Da parte sua Toti insiste: «Le grandi opere e le infrastrutture sono urgenti e necessarie per lo sviluppo non solo della Liguria. A questo punto è strategico che venga finanziato anche il sesto e ultimo lotto, sbloccato il progetto per il nodo ferroviario di Genova e che si proceda con la Gronda, in modo da dirigersi verso la definitiva rottura dell’isolamento della Liguria».

La guerra delle perizie I problemi restano per i monconi della parte est, dove incombono le pile 10 e 11, rimaste in piedi da questa estate. Il piano della struttura commissariale prevede una demolizione con due tecniche: da un lato lo smontaggio dell’impalcato, dall’altro l’uso dell’esplosivo per gli stralli (i tiranti). Ma proprio quest’ultima tecnica ha visto l’opposizione dei consulenti di Autostrade che puntano a sostenere la tesi per cui il cedimento degli stralli non sarebbe stata «la causa primaria» del crollo. Le analisi effettuate dal laboratorio Empa di Zurigo sui reperti del ponte (su un totale di 3.248 fili sono stati osservati e classificati per classi di resistenza solo 2.383 fili) farebbero dire al coordinatore dei periti di Autostrade per l’Italia e ordinario al Politecnico di Torino, Giuseppe Mancini, che «gli esiti di Zurigo, ancorché provvisori e ad uno stadio intermedio evidenziano la piena tenuta statica del ponte: infatti, interpretando quanto riportato nella nota del laboratorio di Zurigo, con una corrosione media del 50% della totalità della sezione resistente dei fili ci sarebbe ancora un ampio margine di capacità resistente, tale da non poterne causare la rottura». Inoltre, prosegue, «sarebbero stati presenti fenomeni deformativi progressivi, visibili nel tempo da qualsiasi utente autostradale». Il capo dei periti di Aspi sottolinea anche la presenza delle guaine sui cavi. «Un rapporto di monitoraggio di Spea del 2016», la società controllata che si occupa di manutenzione e monitoraggio, «effettuato mediante carotaggi sugli stralli delle Pile 9 e 10, ha evidenziato la presenza delle guaine in tutte le prove diagnostiche effettuate. I reperti di Pila 9 sezionati dopo il crollo hanno dimostrato che la guaina era presente anche nei cavi primari (tranne che, come da progetto di costruzione, nella zona in corrispondenza dell’antenna). È comprovato dunque che le guaine ci fossero e svolgessero regolarmente la funzione di contenimento della matrice cementizia di avvolgimento dei singoli trefoli».

La guerra delle perizie fa slittare così il deposito della super perizia dei tre esperti nominati dal giudice per le indagini preliminari Angela Nutini. Il documento doveva essere presentato il 5 dicembre ma i docenti universitari hanno chiesto una proroga. La prossima udienza è stata fissata per l’8 febbraio, data in cui forse verrà stabilito quando arriverà la perizia. I tempi lunghi hanno sollevato polemiche di alcuni parenti delle vittime, presenti in aula. «Ci sono le feste di Natale e i tempi quindi rallentano», ha detto l’avvocato Mario Fico, legale dei familiari di Gennaro Sarnataro, il camionista di 48 anni originario di Napoli morto per il crollo del viadotto Morandi. «Vergogna, fanno le vacanze di Natale mentre mio marito non c’è più. E poi lo sapevano che quella strada era pericolosa: infatti già la sera la chiudevano, dove erano i controlli?», ha detto Filomena Fico, moglie di Sarnataro. «Ora si deve analizzare tutto e si rinvia di nuovo. Cosa dobbiamo fare – ha detto – arrivare al prossimo 14 agosto?». Polemiche anche sui risarcimenti arrivati da Aspi a quasi la metà di parenti. «Quelli di Autostrade davanti ai media e al popolo italiano cercano di mostrarsi come persone che si assumono le loro responsabilità, ma quelle responsabilità dovevano prendersele prima del 14 agosto», ha detto Manuel Diaz, fratello di Henry Diaz, morto a 30 anni dopo essere precipitato dal ponte Morandi: «Hanno giocato con le vite delle persone, quello che è accaduto è stato un attentato» ha aggiunto.