Nell'anno delle europee, la ricostruzione di un tessuto politico e sociale antinazionalista adeguato alla sfida è un compito estremamente arduo. Ma improcrastinabile

Nei prossimi giorni, anche con tempi resi urgenti dalle tante emergenze, riprenderanno le mobilitazioni per affrontare le tematiche connesse ad immigrazione, accoglienza, sbarchi e rimpatri. In Italia si gioca un ruolo importante. Mentre da una parte inizia la piena applicazione della ormai “legge Salvini”, dall’altra si vanno modificando, in peggio, gli scenari internazionali. Bisogna partire da queste ultimi per capire come potrebbero evolvere le mobilitazioni. La tensione in Sudan che sta sfociando in rivolta aperta contro il regime di Al Bashir, il disimpegno Usa in Siria e Afghanistan, le offensive turche in Siria, la disastrosa situazione in Libia e Niger, vanno evidenziando un fronte di crisi che inevitabilmente produrrà per molte e molti la necessità di rimettersi in fuga. All’Europa dei muri si va però sempre più contrapponendo quella di una resistenza attiva, fatta di azioni, mobilitazioni, iniziative di sensibilizzazione, spesso ancora prive di unità, coordinamento e rappresentanza politica ma intenzionate a farsi sentire. In Italia, oltre alla proposta di cui Left si è fatto promotore insieme a diverse associazioni e movimenti, vale a dire l’assegnazione del premio Nobel per la Pace 2019 al Comune di Riace, prosegue il percorso di #Indivisibili che nel corso di una affollata assemblea che si è tenuta il 16 dicembre, ha elaborato una propria strategia operativa. Partendo dalle differenze dei soggetti presenti, dagli approcci, alcuni prettamente “umanisti” altri forse troppo economicisti, altri ancora impegnati sul terreno della ricostruzione di uno spazio politico, ci si propone di lavorare sull’idea di forme di coordinamento in grado di rispettare differenze e autonomie, di non costringere nessuno ad omologarsi, ma di creare anche spazi comuni di discussione e di elaborazione. Si sono individuati alcuni temi comuni su cui l’attenzione sarà più elevata: ad esempio il 19 gennaio in molte/i parteciperanno ad una assemblea a Milano indetta per contrastare l’apertura del Cpr di Via Corelli. Dopo il successo della manifestazione del 1 dicembre, sembra questo un terreno fertile. Ovviamente ci saranno altre iniziative nei vari territori in materia di accoglienza, contro le forme di repressione e l’applicazione delle nuove normative come delle vecchie, ma tutto dovrebbe concretizzarsi in una settimana generalizzata di mobilitazioni (dal 3 al 9 febbraio) nei vari territori, in base alle criticità specifiche. La settimana si concluderà con una assemblea generale da tenersi a Macerata, il 10 febbraio, nell’anniversario della grande manifestazione antirazzista che si è tenuta nel capoluogo marchigiano dopo il tentativo di strage messo in atto da Luca Traini. Nelle intenzioni del tessuto che si va componendo, ancora con estrema fragilità, questo incontro dovrebbe costituire il punto di partenza per la realizzazione di un Social forum antirazzista, con un meeting di almeno 2 giorni da tenersi in primavera per delineare strategie, fare formazione e autoformazione, avere momenti di confronto meno episodici. Fra le tante istanze emerse il 16 dicembre, significativa è quella di difendere le occupazioni “abusive” in cui vivono soprattutto rifugiati e richiedenti asilo ma anche nativi, di attuare pratiche di disobbedienza alle leggi emanate in materia di immigrazione e sicurezza, cercando di individuarne i punti deboli con l’ausilio di legali ed esperti in materia. Ci sarà da lavorare e, per evitare di ritrovarsi anche in tentativi di strumentalizzazione, l’assemblea sembra voler rifiutare di confrontarsi con le scadenze elettorali europee di maggio. Altro approccio invece è quello relativo alle elezioni amministrative che da qui a novembre interesseranno regioni e comuni anche importanti. Si voterà in quasi la metà dei comuni (ad oggi 3860) e in regioni importanti come Abruzzo, Sardegna, Emilia Romagna, Piemonte e Basilicata. Si è manifestata in assemblea di incidere su queste elezioni chiedendo espressamente ai candidati sindaci di prendersi la responsabilità di non obbedire alle norme anticostituzionali contenute nella legge Salvini. Un percorso simile lo stanno tentando alcune associazioni e Ong con una Carta di impegni, rivolta ai candidati alle elezioni europee, ma gli scenari che si presenteranno in Italia dove, con lo sbarramento ai porti assume sempre più valore il ruolo dell’operazione Mediterranea con la nave Mar Jonio e i suoi naviganti rimasti unici testimoni delle violazioni commesse nel Mediterraneo Centrale. Si vanno però intensificando i tentativi di rendere stabili i collegamenti con alcune realtà che già si sono mobilitate in passato contro l’Europa Fortezza. Dopo le manifestazioni in Belgio si pensa ad interventi che potrebbero coinvolgere organizzazioni e associazioni di attivisti spagnole, francesi e tedesche durante la campagna elettorale. Da più realtà emerge la volontà di dare vita a una giornata europea per la libertà di movimento, con iniziative da tenere ad esempio nelle zone di frontiera interna, ma è presto per capire se si riuscirà a interconnettere situazioni da troppo tempo frammentate sia nei singoli paesi che nelle relazioni continentali. Dal 28 febbraio al 1 marzo si terrà a Barcellona un incontro internazionale in cui, partendo dall’incontro della Carta di Palermo, dello scorso anno, decine di associazioni e movimenti cercheranno di definire una strategia di azione e di elaborare proposte. Si avverte insomma la necessità di far capire ai popoli europei, soprattutto alle persone che vivono in condizioni di maggior disagio, che le soluzioni non potranno arrivare con la chiusura, peraltro impossibile delle frontiere, che tale problema perennemente agitato è unicamente uno strumento di distrazione per non mobilitarsi contro le cause reali di sofferenza diffusa, è un obbiettivo condiviso. Ma la ricostruzione di un tessuto antisovranista adeguato alla sfida è un compito estremamente arduo. Vale la pena provarci. Buon 2019 di lotta.