Il voto decisivo sulla Brexit che dovrebbe tenersi il 14 gennaio a Westminster potrebbe provocare uno scossone tale da spingere la May a portare il Paese alle urne anticipate

La confusione regna sovrana in Gran Bretagna: siamo infatti a pochi giorni dal voto decisivo sulla Brexit che dovrebbe tenersi il 14 gennaio a Westminster (il condizionale ormai è d’obbligo visto che la May ha spostato già una volta la votazione), e a poche settimane dalla data prevista per l’uscita del Regno Unito dall’Unione (il 29 marzo, ndr). In mezzo a questo caos non si può certo escludere che il Primo ministro britannico proponga nuovamente delle elezioni anticipate, che sarebbero le seconde all’interno della teorica legislatura completa che era iniziata nel 2015 con la vittoria di David Cameron.

Il Partito Laburista si sta dunque preparando all’evenienza delle elezioni scegliendo i candidati dei cosiddetti seggi marginali e cioè di quei seggi in cui alle scorse elezioni il Labour perse per meno di diecimila voti. In questo modo, con candidati già scelti e che comincino a fare campagna sul territorio e a farsi conoscere nella propria costituency, il Partito guidato da Corbyn spera di portarsi avanti con il lavoro in vista della possibilità di strappare ai conservatori la maggioranza nella Camera dei Comuni, dove il Labour non è in testa dalle ormai lontane elezioni del 2005. Sono ben novantasei i collegi che, alle elezioni del 2017, sono risultati marginali, inclusi quelli di importanti membri (attuali o passati) del governo come Boris Johnson e Amber Rudd.

Il processo di selezione di questi quasi cento candidati ha confermato ancora una volta la salda egemonia conquistata dalla sinistra del Partito laburista. La quasi totalità dei candidati è stata infatti sostenuta da Momentum, l’organizzazione nata attorno alla campagna congressuale di Corbyn e ora di fatto la sua corrente, o dallo Unite, il più grande sindacato Britannico guidato da Len McClusckey, uno dei principali alleati di Jeremy Corbyn. In alcuni casi le due realtà hanno sostenuto lo stesso candidato, in altri si sono “scontrati” sostenendo candidati diversi. Ad ogni modo il peso di queste due organizzazioni ha garantito la selezione di una stragrande maggioranza di candidati molto vicini all’attuale leader laburista che, se dovesse vincere le elezioni, potrebbe dunque contare su un gruppo parlamentare sempre più omogeneo all’attuale leadership.

Questi risultati ci permettono anche di fare la tara a sondaggi e commentatori che, in queste settimane, paventano una perdita di consensi all’interno del proprio partito per Jeremy Corbyn, a causa delle sue ambiguità sulla Brexit. Una perdita di consensi che, almeno per il momento, non sembra sostenere la prova dei fatti.