Chi oggi evoca una “purezza italica” non conosce la storia né le dinamiche dello scambio culturale tra genti e continenti. Basti considerare le origini cosmopolite di personaggi che hanno contribuito alla cultura e alla scienza dell’Italia. E gli emigranti in America, protagonisti di nuove culture. Una riflessione della scrittrice e storica dell’arte

Coloro che oggi parlano come se gli Italiani fossero da illo tempore di un’unica natura, stirpe e origine, forse non conoscono in che modo l’Italia si è formata. Come i genetisti Luca Cavalli-Sforza e Alberto Piazza hanno documentato, il popolo italiano possiede una «eterogeneità genetica di fondo» costituitasi nei secoli a partire dagli «apporti genetici di Piceni, Liguri, Veneti, Etruschi, Celti, Sardi, Greci, e Albanesi, Arabi, Normanni…», ma non solo. La “biodiversità”, essi ci ricordano, è proficua, salutare e necessaria, ed ha alimentato tutte le civiltà. Quanti evocano oggi i “veri Italiani” sembrano ignorare il continuo sedimentarsi di apporti confluiti nel costituirsi della “italianità”.

A seguire il loro ragionamento, dovremmo omettere dalla nostra storia figure patriottiche quali Francesco Crispi, di antica famiglia arbëreshë, come lo erano Gramsci, il tenore Tito Schipa e altre e altri ancora. Dovremmo altresì ignorare la reggia di Caserta e il suo architetto, Luigi Vanvitelli, il cui vero cognome olandese era Van Wittel, artisti come Massimo Campigli (pseudonimo di Max Ihlenfeld), scrittori come Italo Svevo (pseudonimo di Aron Hector Schmitz), o, ancora, Pietro Vieusseux, Ulrico Hoepli, Elsa Merlini (nata Tschellesnig), Giorgio Strehler, Alida Valli (nata Altenburger), Leone Ginzburg, Anna Kuliscioff, Dino Buzzati, Hugo Pratt, Vittorio Gassman, Alexian Santino Spinelli, Moni Ovadia, Margherita Hack e tante altre figure dall’intreccio genealogico cosmopolita (incluso Alberto Moravia) che hanno contribuito al mondo della cultura, arti, scienze, politica, e così via. Nonché a quello dello sport e dell’atletica, del giornalismo, dell’impresa, dell’artigianato e del lavoro. E perfino, con un consistente numero di stranieri (alcuni sono raffigurati tra i garibaldini nelle Erme del Gianicolo a Roma), uomini e donne che parteciparono ai fervori risorgimentali per l’indipendenza d’Italia.

Secondo quanti parlano di “Italiani veraci” dovremmo forse non considerare coloro che avevano, o hanno, un genitore straniero? Sono innumerevoli; da…

L’articolo di Toni Maraini prosegue su Left in edicola dall’11 gennaio 2019


SOMMARIO ACQUISTA