Parla la regista tedesca, a Roma per una proiezione straordinaria della sua pellicola "Rosa L." «Nel film - racconta - ho voluto restituire il suo vero linguaggio: bello, forte, poetico, stringente e sensibile»

Mentre la barbarie annega vite umane, mentre si spegne la luce nei cuori e sulle coscienze, il socialismo di Rosa Luxemburg ancora, prepotente, illumina la strada da seguire. In memoria del centenario del suo assassinio, insieme quello di Karl Liebknecht, la regista tedesca Margarethe Von Trotta racconta a Left la “sua” Rosa, paziente ed impaziente. Quella narrata nella sua pellicola, Rosa L., premiata a Cannes nel 1986 per la migliore interpretazione della protagonista femminile Barbara Sukowa.

«La mia Rosa ha una vita privata, è umana, emozionale, determinata, amante della natura, in cui trova calma e conforto, innamorata di Leo Jogiches tanto da desiderare accanto a lui una vita quasi borghese, paziente nella sua malattia ed impaziente nella lotta», spiega la regista.

In perfetto orario, elegante, sorridente. Nella nostra chiacchierata – a margine della proiezione del film organizzata il 21 gennaio a Roma dall’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico (Aamod) – si rivela tutta l’anima di una regista che ha deciso di raccontare la donna Rosa Luxemburg accanto alla rivoluzionaria, la socialdemocratica, la fondatrice della Lega Spartaco, la prigioniera politica. La voce vera della socialista polacca che la Von Trotta ha ricostruito, dopo aver ereditato il progetto di Fassbinder alla sua morte, è frutto dello studio accurato di oltre 2.500 lettere custodite all’istituto di marxismo-leninismo di Berlino est.

«Ogni giorno dovevo oltrepassare la frontiera per andare a Berlino est – racconta Von Trotta – e non era affatto piacevole ma io avevo esigenza che Rosa comunicasse con me. Il progetto di Fassbinder era un melodramma, c’era addirittura una scena di un abbraccio al tramonto e neppure una, una, delle parole e dei pensieri reali della Luxemburg». Nel realizzare questo film la Von Trotta ha guardato tanto dentro se stessa per capire come rapportarsi con un personaggio tanto “ingombrante” come Rosa.

«La prima volta che essere donna è stato per me un vantaggio nel mondo del cinema – ricorda la regista – è quando mi dissero che dovevo essere io a dirigere il film, dopo la morte di Fassbinder. Me lo chiesero proprio in quanto donna. Allora mi sono guardata dentro e ci ho messo quello che volevo io, quello che volevano le donne di quel periodo storico, gli anni 80 del secolo scorso, quello che voleva Rosa, così determinata pur essendo così piccola, neppure un metro e cinquanta, e con grandi problemi di salute. Sono stata una studentessa, ho letto nella sua anima grazie alle lettere, oltre che alle opere politiche, e ho voluto restituire il suo vero linguaggio: bello, forte, poetico, stringente e sensibile. Le lettere che mandava dal carcere finivano sempre con l’invito ai compagni e ai suoi cari ad essere sereni e ad essere pazienti e questo è un grandissimo messaggio».

Dopo la proiezione, partecipata da oltre 500 persone, Von Trotta ha tenuto una “lezione di cinema” moderata da Pietro Montani. «Quella del pubblico è stata una risposta inaspettata ed emozionante – spiega Aurora Palandrani di Aamod, con gli occhi che brillano di orgoglio -, un calore che ci fa capire che abbiamo fatto la scelta giusta, portando in Italia la grande regista tedesca Margarethe Von Trotta per una serie di incontri propedeutica ad un progetto didattico per le scuole, avviato insieme agli istituti Goethe e Gramsci, su Rosa Luxemburg e la Repubblica di Weimar», Mentre Palandrani ci parla, nella sede dell’archivio si organizzano in fretta altre due proiezione del film, per riuscire ad accontentare i tanti non riusciti ad entrare alla Casa del cinema.

Con Von Trotta, torniamo a parlare del successo dell’iniziativa, del calore dei romani, delle persone che la abbracciano, la applaudono, le stringono la mano, la ringraziano. Le chiedo secondo lei perché tanta partecipazione – all’iniziativa organizzata da Aamod col Centro sperimentale di cinematografia e l’Istituto Goethe alla Casa del cinema di Roma -, perché tanta vicinanza, tanti sorrisi sui volti della gente in sala, nei corridoi, fuori sotto la pioggia di una Roma insolitamente fredda.

«La sinistra in questo momento in Italia si sente persa – risponde Von Trotta – ha bisogno di consolazione e con Rosa si può, per un momento, essere tutti insieme, sconfiggere la barbarie». Con Rosa, con Margarethe, si può.