«Sessanta centesimi al litro è un insulto, non ci fermeremo», dicono i pastori che minacciano di disertare le elezioni regionali. Con loro anche i commercianti, gli studenti, i sindaci.

Sessanta centesimi al litro contro gli 85 dell’anno scorso, i pastori più capaci non riescono a far scendere il costo sotto gli 80 centesimi. Così un’azienda media perde 20mila euro secchi. In Sardegna, da alcuni giorni, il latte imbianca le strade, cola dai cavalcavia, i pastori sono sul piede di guerra, la trattativa si trascinava da tre mesi senza risultati. E i pastori sono così arrabbiati da minacciare di disertare le urne delle imminenti regionali. Anche ieri, 12 febbraio, c’è stata la serrata dei negozi a Nuoro e migliaia di persone in piazza con centinaia di studenti in testa al corteo. Un altro gruppo di allevatori dal quartiere della Solitudine è arrivato davanti al Municipio dove i pastori hanno sversato centinaia di litri di latte. «Sono figlio di pastore di Orune. Non pagano agnelli, latte, lana. Cosa facciamo?», era scritto sul cartello appeso al collo di un bimbo di 11 anni. La Carlo Felice, la statale 131, l’unica arteria a tagliare l’isola da Nord a Sud è bloccata.
Spiega Marcello Floris, del Movimento pastori sardi, Mps: «La nostra è una protesta che viene da lontano, dall’abuso di potere di chi acquista il nostro latte, gli industriali della trasformazione, dal loro abuso di potere che scarica tutti i costi sul pastore». L’epicentro di questa vicenda è in Sardegna dove insiste il 50% del patrimonio ovino nazionale e si produce il 60% del latte, «nel Mediterraneo siamo la regione più produttiva di latte ovino quanto la Francia o la Spagna – continua Floris – una produzione importante perché distribuita in un territorio disagiato al 50%, utilizzabile solo per la pascolare il bestiame. Diciottomila le aziende sarde, “costrette” a esportare, e 100mila occupati diretti o indiretti, «una vera industria verde che non può essere lasciata in solitudine. La gente che c’è in piazza non risponde alle sigle ma a sé stessa e alle sue necessità di sopravvivenza non faremo nulla per fermarla ma la organizzeremo».
Circa un milione di litri di latte è stato lavorato per essere dato in beneficienza, dato in pasto agli animali o gettato per colpa dell’atteggiamento irresponsabile degli industriali, dati Coldiretti. E il 13 febbraio saranno i sindaci, protagonisti con i pastori, a scendere in piazza con gli allevatori sardi contro il crollo del prezzo del latte. Tra le manifestazioni previste si annuncia imponente quella della provincia di Nuoro, organizzata nella zone industriale di Sologo (Lula) in un’area baricentrica. I sindaci dell’Unione dei Comuni, più altri del territorio si ritroveranno insieme ai pastori allo svincolo con la statale, a metà strada tra Nuoro e Siniscola. I commercianti che aderiranno alla protesta chiuderanno la propria attività commerciale o artigianale dalle 10 alle 12. Una manifestazione s’è svolta anche alla periferia est di Grosseto con la partecipazione di allevatori anche da Viterbo, Umbria, Arezzo, Siena, Pisa. Parte di loro ha origini sarde. La volatilità del prezzo espone i pastori a una grande debolezza e le norme Ue hanno stravolto il settore rendendo impossibile forme di economie di sussistenza, per i piccoli allevatori, in un contesto in cui aumentano i costi e le esigenze di ammodernamento delle aziende.
Intanto una delegazione degli allevatori di Coldiretti è stata ricevuta al Viminale (perché il problema è di ordine pubblico) dove Salvini ha promesso interventi di sostegno ai pastori per le perdite economiche, legate alla mancata produzione e ai bassi prezzi, e la sospensione delle attività del Consorzio di tutela del pecorino romano Dop, finalizzata all’approvazione di un nuovo piano di produzione. Cruciale il rapporto con il Consorzio del pecorino romano che assorbe buona parte dei 300 milioni di litri di latte prodotti in Sardegna. Ma quel consorzio ha prodotto 340mila invece dei 280mila quintali di formaggio previsti per il 2018 dal piano di programmazione del 2018, fissando una sanzione di soli 16 cent al chilo per chi “splafonava”. Ma così si scarica tutto il peso della sovrapproduzione sui pastori proprio come gli industriali si rifanno sui salari delle turbolenze dei mercati. Il prezzo del pecorino è sceso da 7,50 euro al chilo a 5,40 euro al chilo e gli industriali hanno abbattuto il prezzo del latte da 85 a 55-60 centesimi al litro.
Lamenta il movimento pastori che chi trasforma non può svendere l’esubero di latte “tal quale”, altrimenti i pastori non hanno alcun potere di contrattazione. «Sessanta centesimi al litro per il latte di pecora sardo sono un insulto, non è un prezzo minimo. Non ci fermiamo», dice a Left il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini dopo la manifestazione davanti a Montecitorio. La proposta del ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio di sospendere la protesta sino al 21 febbraio, quando verrà convocato un tavolo di filiera a Roma, non sarà presa in considerazione. «Non c’è una giusta remunerazione del prezzo latte pagato alla stalla. Noi chiediamo un prezzo di riconoscimento non inferiore a 1 euro più Iva. Andremo avanti con la mobilitazione finchè non otterremo un giusto prezzo e contestualmente anche il commissariamento del Consorzio del Pecorino romano».