Il countdown verso lo sciopero femminista dell’8 marzo è partito. E le attiviste del movimento internazionale contro la violenza di genere rilanciano l’opposizione alle politiche pentaleghiste. A partire dal ddl Pillon, fino al decreto sicurezza e al Reddito di cittadinanza. Una lotta concreta, che parte dai luoghi di lavoro

Da Bologna a Pisa, fino a Catania. In tutta Italia, con manifestazioni e iniziative simboliche, è partito il countdown verso lo sciopero femminista dell’8 marzo indetto dal movimento internazionale Non una di meno. A due anni dalla prima volta in cui le donne incrociarono le braccia in tutto il mondo, bisogna riconoscere loro il merito di aver liberato dalla polvere una celebrazione fatta, in precedenza, solo di mimose e di buoni propositi. Di fronte a femminicidi (uno ogni tre giorni, lo scorso anno), violenze, molestie, una differenza salariale ancora pesante e un montante clericofascismo maschilista che si propaga dalle istituzioni del nostro Paese, questo sciopero è una sfida che vuole riportare al centro del dibattito pubblico l’urgenza – non più rimandabile – del riconoscimento dell’identità femminile.

Esplicitamente negata dal ddl Pillon, che rappresenta non a caso il bersaglio critico privilegiato del movimento, tacciato di «attaccare le donne, strumentalizzando i figli». Un provvedimento contrario alle norme internazionali sulla tutela dei minori (Convenzione di New York, 1989) e sul contrasto alla violenza sulle donne (Convenzione di Istanbul, 2011), come è arrivata a segnalare persino l’Onu.

Tra i punti più contestati, la bigenitorialità perfetta, che divide in modo ottusamente paritetico i tempi di permanenza del figlio presso entrambi i genitori. Trattando i bambini – di fatto – alla stregua di una “valigia”. E poi l’abolizione del mantenimento, l’obbligo del ricorso alla mediazione familiare che impone di incontrarsi e trattare anche col coniuge violento, gli ostacoli che vengono posti alla fuoriuscita da situazioni di violenza domestica, a partire dalle sanzioni e ritorsioni sull’affidamento previste nel caso in cui la denuncia del partner non porti ad una condanna.

Contro questo attacco, il movimento internazionale ha avuto la capacità – e questo è forse il suo pregio più grande – di proporre una visione radicalmente diversa della società. Per questo, anche la legge “immigrazione e sicurezza” voluta da Salvini è nel mirino delle attiviste. La norma che ha tolto tutele ai migranti è l’altra faccia di una stessa ideologia, che punta a ridurre alcuni esseri umani a pura forza lavoro – che…

L’inchiesta di Leonardo Filippi prosegue su Left in edicola dal 15 febbraio 2019


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