Riceviamo e pubblichiamo la petizione contro la legge Sicurezza e per un piano di investimenti straordinario sulla scuola, rivolta alle istituzioni da un gruppo di lavoratori dei Centri provinciali per l’istruzione degli adulti di Torino.
Come docenti e lavoratori dei Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (Cpia) non possiamo fare a meno di denunciare le conseguenze tragiche delle politiche sull’immigrazione degli ultimi decenni. Politiche portate avanti da governi di diverso orientamento e colore, che nel decreto Sicurezza e immigrazione (Dl. 113/18) hanno raggiunto livelli di disumanità, oltre che di incostituzionalità, fino a pochi anni fa difficilmente immaginabili.
In nome della “sicurezza” si chiudono i porti, facendo del Mediterraneo un cimitero, e si tratta l’accoglienza come spreco, alimentando – per miopi fini di consenso elettorale – l’ignoranza e il pregiudizio xenofobo in un Paese spaventato dai cambiamenti di questi ultimi vent’anni. Tutto questo è per noi inaccettabile.
In questi anni con il nostro lavoro siamo stati uno degli elementi cardine dei processi di inclusione e di autonomia delle persone che dagli anni Novanta in poi sono giunti nel nostro Paese per migliorare le proprie condizioni di vita. Vogliamo continuare ad esserlo, anche prendendo posizione rispetto a politiche che rendono l’inclusione l’ultimo degli obiettivi.
Dalla Legge Turco-Napolitano in poi abbiamo assistito a una sovrapposizione tra politiche migratorie e politiche securitarie che hanno di fatto allontanato il nostro ruolo dai dettami costituzionali che affidano agli insegnanti il compito di portare al pieno sviluppo della persona e «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (come recita l’articolo 3 della Costituzione). L’assegnazione di compiti “impropri” quali la somministrazione del test A2 per conto del ministero degli Interni, insieme a un mancato piano nazionale di investimenti sull’Educazione degli adulti ha snaturato il nostro lavoro e ci ha impedito di sviluppare un’azione didattica e pedagogica efficace. I Ctp, Centri territoriali permanenti, e poi i Cpia, sono nati come luoghi di autonomia e emancipazione delle persone, ma sono stati costretti loro malgrado a gestire l’emergenza di alfabetizzare in lingua italiana in un crescendo di vessazioni burocratiche su tutti i servizi: sanitari, anagrafici, scolastici ecc. Una scuola costretta a gestire l’emergenza con risorse inadeguate non è in grado di innescare virtuosi processi di emancipazione che consentano alle persone di essere cittadini attivi e consapevoli dei propri diritti. Nonostante ciò, abbiamo resistito ogni giorno dentro le nostre aule, cercando di dare a ogni nostro studente l’opportunità e il diritto di “essere di più”.
Vogliamo affermare con forza che i nostri riferimenti restano:
• l’articolo 10 della Costituzione, che riconosce ai cittadini di ogni provenienza, ai quali sia impedito nel loro Paese l’esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, il diritto a chiedere asilo nel territorio della Repubblica;
• l’articolo 34 della Costituzione, che afferma il diritto allo studio e che «la scuola è aperta a tutti»;
• la Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, in particolare quando afferma il diritto alla libera circolazione e all’istruzione.
Inoltre l’uso strumentale del fenomeno migratorio è facilmente confutabile se si considerano i dati reali. Non c’è nessuna invasione in corso. Il numero dei residenti stranieri in Italia è di poco più di cinque milioni, stabile da 5 anni: l’8,5% della popolazione, nella media Ue (contro l’11,2% della Germania e il 9,2% della Gran Bretagna, e alcuni piccoli Paesi come l’Austria che superano il 15%).
Il numero dei richiedenti asilo non è un problema. I richiedenti asilo e rifugiati presenti in Italia a fine 2017 erano circa 350.000: lo 0,6% della popolazione (Unhrc), una percentuale in linea con la media comunitaria, molto inferiore a quella di Svezia (2,9%) ma anche di Austria (1,9%) e Germania (1,7%). La spesa per l’accoglienza nel 2017 è stata di 4,4 miliardi di euro, una cifra non enorme in relazione alle dimensioni dell’economia italiana: si tratta dello 0,26% del PIL, e dello 0,5% della spesa pubblica.
Come docenti e lavoratori dei Cpia, assistiamo con sgomento ai primi effetti della legge Salvini sulla vita dei nostri studenti. Le persone hanno ancora più paura, interrompono i percorsi di formazione e di inserimento sociale. Il timore di divenire “clandestini” rende ancora più vulnerabili queste persone, che portano sul corpo i segni delle torture subite in Libia (nei campi-lager sulla cui utilità questo governo gareggia con quello precedente!). L’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari e l’impossibilità di avere una posizione regolare nel nostro Paese rende i nostri studenti invisibili, senza prospettive e senza diritti.
Come cittadini, osserviamo che questa Legge, invece di favorire la sicurezza nel Paese, produce effetti esattamente contrari: una società che costringe alla clandestinità è una società che crea disordine e spazi per lo sfruttamento a tutti i livelli. La sicurezza per noi è altro: è garanzia, per tutti, del rispetto dei diritti umani fondamentali. Lo smantellamento degli Sprar gestiti dai Comuni è funzionale all’affidamento ai privati, con il rischio di alimentare situazioni poco efficaci come già accade in altri Paesi europei o addirittura di possibili infiltrazioni di interessi delle mafie. Inoltre, come già denunciato dal Consiglio superiore della magistratura, l’aumento esponenziale dei ricorsi, con il conseguente allungamento dei tempi giudiziari, avrà dei costi pesanti sulla collettività.
Come lavoratori dei Cpia e come cittadini, chiediamo un piano di investimenti straordinario sull’Istruzione che dia ossigeno alle nostre scuole e università, affinché possano adempiere pienamente ai compiti loro assegnati dalla Costituzione. Chiediamo il superamento della legge “Insicurezza” e l’introduzione di un impianto legislativo che permetta di governare i fenomeni migratori nella direzione dell’inviolabilità dei diritti fondamentali dell’uomo, primo fra tutti il diritto alla vita. Una Legge capace di reinterpretare il ruolo delle famiglie migranti e non, come cardine per un nuovo progetto di sviluppo economico, che valorizzi i talenti e le competenze delle persone che giungono in Italia. I dati statistici dimostrano infatti che l’immigrazione è una necessità ineludibile per la società italiana (ed europea) che invecchia, e che la ricchezza prodotta dal lavoro dei migranti è nettamente superiore ai costi spesi per il loro inserimento. Chiediamo, infine, che il Consiglio europeo affronti con urgenza la modifica del Trattato di Dublino già votata da due terzi del Parlamento europeo, perché l’Unione europea dimostri coerenza e coesione sui valori di libertà e dignità delle persone.
Con Paulo Freire condividiamo che «tutta l’educazione è politica», se si considera l’educazione una pratica sociale impegnata in una trasformazione di sistemi oppressivi in cerca di emancipazione e liberazione. Continueremo a impegnarci per condurre la società a livelli crescenti in termini di umanità e conoscenza.
Ci dichiariamo parte integrante e attiva di tutti quei movimenti e quelle istituzioni che in questi mesi hanno denunciato e continuano a denunciare l’iniquità della legge Salvini. Siamo solidali con tutte le persone che con i loro atti hanno salvato e continuano a salvare vite umane.
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Alla petizione “Scuole e porti aperti per una società prospera, civile e sicura” si può aderire online