Izquierda Unida e Podemos verso le urne di aprile coalizzati e con un nuovo nome. E nella settimana dell'8 marzo, nella Spagna segnata dall'avanzata della destra, si moltiplicano le manifestazioni in difesa dei diritti delle donne

Unidos Podemos, la coalizione “viola” tra la sinistra degli indignados spagnoli e quella storica del partito comunista e di Izquierda Unida, ha deciso di declinare al femminile il proprio nome, si chiamerà Unidas Podemos enfatizzando la sua radice femminista e inviando un chiaro messaggio a tutti coloro che contrastano la parità di genere e l’autodeterminazione delle donne.

ScriveVíctor Mopez sul sito Los replicantes che, «secondo il dizionario della Reale accademia spagnola, il femminismo è definito come il “principio di uguali diritti di donne e uomini”. Nel suo secondo significato, aggiunge che è un “movimento che lotta per la realizzazione effettiva a tutti i livelli del femminismo”. Solo con questo, sarebbe sufficiente per il mondo intero dichiararsi femminista poiché l’uguaglianza tra uomini e donne dovrebbe essere uno dei pilastri principali di tutta la democrazia. Tuttavia, non è così».

C’è una certa riluttanza al femminismo nella società. La mancanza di informazione e il machismo in base al quale siamo stati educati provocano, addirittura, il rifiuto di quelle istanze. I settori più conservatori hanno trasformato questo in un’arma politica che demonizza tutto ciò che dà potere alle donne, mettendo in discussione persino le leggi di protezione per le vittime della violenza di genere.

Dall’altra parte, la spinta del movimento femminista sta diventando più forte, le donne hanno perso la paura di andare in piazza per protestare contro qualsiasi attacco ai loro diritti e si sono unite per gridare che se ne toccano una, toccano tutte, perché non è no. Non Una Di Meno, anche nello Stato spagnolo, è – assieme a quello per il diritto all’abitare – il movimento sociale che non risente «dell’esaurimento del ciclo di lotte del 15M», spiega Lorena Cabrerizo di Anticapitalistas, la corrente di minoranza di Podemos. Il 25 novembre scorso, in parallelo con centinaia di altre piazze di tutto il mondo, anche nello stato spagnolo si sono svolte manifestazioni e assemblee in 120 città. L’8 marzo anche lì le donne incroceranno le braccia con la copertura dei sindacati alternativi e, proprio questo venerdì, il movimento femminista sta ha iniziato una settimana di azioni attorno alle richieste dello sciopero femminista a partire da una manifestazione contro il Cie di Aluche. Il 3 marzo c’è stata la I Carrera Femminista, 5 km con lo slogan “Correre senza paura e non per paura”, in omaggio a Laura Luelmo, la donna assassinata a Huelva mentre era uscita per fare jogging. Sempre domenica è scattata l’operazione Spider, che consiste nel riferire sullo sciopero dell’8M in tutta la rete metropolitana di Madrid con gruppi di donne che sono partiti da tutti i quartieri per raggiungere coi mezzi la Puerta del Sol. Nella Plaza de Tirso de Molina hanno protestato le lavoratrici domestiche e i movimenti per il diritto alla casa. Seguono performance a sorpresa e, il 4 marzo, tutte le donne sono invitate a scrivere su postit le loro motivazioni per lo sciopero dell’8M ed esporle nei luoghi in cui lavorano tutti i giorni oltre che sui social network, oppure appendere i grembiuli a finestre e balconi. Il 5 marzo tutte davanti ai tribunali per denunciare la violenza patriarcale.

In Spagna, tuttavia, l’ascesa dell’estrema destra mette in pericolo le conquiste femministe e le vertenze, come quella del primo sindacato di sex workers, Otras, il cui riconoscimento, per ora è bloccato dal ministero del lavoro. Vox, il partito franchista protagonistra dell’exploit in Andalusia, che sta preparando il suo assalto al Congresso, ha reso l’avversità al femminismo una questione di stato arruolando le femministe tra i nemici della patria. Pertanto, chiede l’abrogazione della legge contro la violenza di genere e il divieto di aborto.

Di fronte a questi attacchi, i principali partiti di sinistra hanno annunciato che si opporranno a qualsiasi riduzione dei diritti delle donne. UP è la formazione che ha mostrato una maggior coscienza su questo tema, così ha deciso di cambiare nome in Unidas Podemos in vista delle elezioni generali anticipate del 28 aprile. Una dichiarazione che è tutto un programma.

Non è un grande cambiamento ma è un’importante modifica simbolica. Anche il logo cambierà, sebbene non sia ancora stato rivelato.

«Unidas Podemos rappresenta l’anima femminista di entrambe le organizzazioni con cui ci sentiamo più a nostro agio, sfida più persone e organizzazioni», hanno spiegato dalla coalizione a Público. La verità è che da diversi mesi diversi parlamentari si sono riferiti al gruppo confederale come Unidas Podemos, e questa decisione è stata presa a giugno. Inoltre, hanno anche incluso un linguaggio inclusivo nei loro discorsi riferendosi a se stessi come “noialtre”, nosotras.

Così, Unidas Podemos sarà il marchio registrato al ministero degli Interni e il comune denominatore di tutte le coalizioni ai diversi livelli, con eventuali modifiche secondo gli accordi finali nel caso di elezioni delle autonomie e municipali. Nel caso delle europee, il nome sarà “Unidas Podemos cambiar Europa”. Alle politiche del 26 giugno la coalizione ha raccolto un po’ più di 5 milioni di voti, 21.15%, pari a 71 su 350 seggi al Congresso e 23 su 208 al Senato. All’appuntamento del 28 aprile il partito di Iglesias, tuttavia, arriva scosso dai pessimi risultati dell’allenza di governo con il Psoe di Sanchez e dallo strappo di Inigo Errejon, l’ex delfino di Iglesias, che a Madrid ha lasciato Podemos per correre alle municipali in tandem con l’alcaldessa Carmena sotto le insegne della Piattaforma Mas Madrid a cui le sinistre (Anticapitalistas, Bancada Municipalista, Izquierda unida, La Izquierda) opporranno Madrid en Pie, Madrid in piedi, che proprio il 2 marzo terrà una convention nella capitale. «Sanchez – prosegue Lorena Cabrerizo ricordando l’atteggiamento ospitale del premier ai tempi della deriva della nave Aquarius – sembrava capace di ricomporre un nuovo blocco progressista nell’azione di migliorare le condizioni materiali della sua base sociale». Poi c’è stato lo schiaffo andaluso col Psoe che ha perduto il suo feudo storico e, per la prima volta, il franchismo è emerso dalle urne senza la copertura del Pp, con il blocco delle destre che sembra intercettare il sentimento di insicurezza che grava le classi medie facendo leva sullo “spagnolismo”, sull’antifemminismo e sulla paura degli immigrati per unificare settori sociali che, altrimenti, non avrebbero nulla da condividere».

Sarà interessante capire se il nuovo nome e il rinnovo dell’alleanza con Iu sarà utile a Podemos per superare la sua crisi politica, la sua “ossessione” governista e di modello organizzativo cesarista (tutto ruota intorno al leader Iglesias).

«Sembra già evidente che Podemos, per come l’abbiamo conosciuto nei suoi cinque anni di vita è finito – hanno scritto sulla rivista Viento Sur, Manolo Garì e Jaime Pastor – sarà un altro Podemos che impareremo a conoscere da ora, probabilmente condannato a rappresentare solo una corrente politica strettamente associata con il pablismo (quello di Iglesias, ndr), mentre allo stesso tempo emerge un neopopulismo di centro, forse vicino a quello che i verdi tedeschi o gli italiani del movimento 5Stelle rappresentano che, inoltre, non cesserà di rivendicare il brevetto originale di Podemos». La disponibilità a governare con il Psoe ha soppiantato, infatti, il progetto rupturista su cui era nato Podemos, che s’era voluto rappresentare come portatore nelle istituzioni dello spirito di quel 15M e poi, dopo le europee del 2014, ha messo in piedi una macchina da guerra elettorale pronta per una guerra lampo, che però è fallita. Dalla frustrazione di quelle aspettative di “assalto al cielo”, con un progetto populista basato su un modello di partito basato su una leadership carismatica e una democrazia plebiscitaria, Podemos è passato all’adattamento crescente all’asse convenzionale sinistra-destra, considerando il Psoe come l’alleato principale da “sedurre”.

Intanto il Psoe governa e, in questo scorcio di legislatura, sta per formulare una proposta di riforma della legge sugli affiti che, però, non conterrebbe norme per regolare i prezzi e, stando a quanto dice Jaime Palomera del Sindicato de Inquilinos di Barcellona, non servirà a bloccare la bolla immobiliare e garantire il diritto alla casa. Anche secondo la Plataforma de Afectados por la Hipoteca (Pah), che riunisce le famiglie colpite dalle ipoteche, la bozza cristallizza la bolla speculativa e non garantisce il passaggio da casa a casa come chiedono le Nazioni unite. C’è solo un piccolo passo avanti, frutto della pressione dei movimenti, il blocco degli sfratti al buio, senza preavviso di ora e data. Più avanzata la recente ley de emergencia social catalana che costringe, invece, i grandi detentori, le banche, i fondi avvoltoio a dare un’alternativa abitativa o prevenire lo sfratto in caso di assenza di alternative ma il governo di Madrid non ha voluto includere la clausola nel testo statale ed è, «un altro regalo a Blackstone, ai fondi avvoltoio che monopolizzano migliaia e migliaia di case», dicono al Pah. Tutto ciò per dire che la riforma di Sanchez lascia fuori quelle misure strutturali che consentirebbero di cambiare il modello abitativo orientato alla speculazione e che lo renderebbero omologabile al sistema sanitario o di istruzione per garantire che il diritto alla casa è un diritto universale e fondamentale. Poi dice che uno si butta a destra, direbbe Antonio de Curtis, in arte Totò.